Su Parigi sono state scritte poesie, citazioni, libri. Sono stati girati film e pubblicità; qui si é lasciata volare l’immaginazione per catturare con pennelli e colori quella magia che si respira in ogni dove. Parigi è la città eterna, é la culla della storia, della moda, dell’arte… della “belle vie.” Di un mondo che sembra essere immutato, come se Lei fosse rimasta fuori dal vortice della globalizzazione, fuori dalla furia del consumismo, dei palazzoni, fuori dalla definizione di metropoli per rimanere un salotto scoperchiato: tra cielo e Boulevards lei si offre…
Si, perché Parigi è vanitosa, ama farsi guardare e corteggiare, mostra solo quello che vuole e la nebbia diventa come una coperta che lei timidamente si stringe come se volesse nascondersi… Già solo la parola “Paris” evoca un fiume di sensazioni, di immagini e di angoli misteriosi. Che si cammini velocemente per correre a prendere la metro o che ci si permetta di “ballader” (termine intraducibile Francese) è certo che
“PARIS… EST TOUJOURS UNE BONNE IDEE!” E ora prima di entrare nel vivo di questo post, leggendo e scoprendo la Parigi di #Carlinlove questa colonna sonora é quasi d’obbligo! Buon ascolto, buona lettura… buon viaggio!
vol. 1 PARIGI
Sveglia alle 7, anche le ultime cose sono state riposte in valigia –tanto sicuramente mi sarò dimenticata qualcosa-, ho pesato più volte i bagagli e per la prima volta ho addirittura qualche chilo a disposizione, il cane l’ho salutato, manca solo salire in macchina e dirigerci verso l’aeroporto.
Come due pivelli smarriti e assonnati andiamo verso il check-in, stranamente non mi fanno denudare per oltrepassarlo e ci imbarchiamo molto velocemente per il volo diretto a Parigi. Saliti in aereo ci accoglie il capo degli assistenti di volo Pedro, che mi ricorda molto uno dei personaggi del film di Almodovar “Amanti passeggeri”, che ci allieta con espressioni facciali esilaranti accompagnate da un tipico gesticolare spagnoleggiante. Lo adoro già.
Atterriamo e salutiamo con un po’ di tristezza nel cuore Pedro. Nella nostra astuta convinzione che a maggio non può di certo piovere, non ci attrezziamo minimamente per questa eventualità, ma quando scendiamo in territorio francese ci scontriamo con la dura realtà dei fatti: il tempo è una merda. O.K, andiamo a recuperare i bagagli e, come ogni volta, mi assale il panico più totale che abbiano smarrito la mia valigia (n.b una donna che va in vacanza si porta tutti gli abiti più carini e che le stanno meglio, ed io mi ero accessoriata con un set di maglioncini e t-shirt rigati solo per i locali parigini, quindi se mai avessero perso il mio bagaglio sarebbe stata una vera tragedia esistenziale).
Recuperiamo il primo, ma il secondo pare non arrivare… ecco, lo sapevo! …In realtà la mia valigia continuava a fare il giro del nastro trasportatore da circa una buona mezzora –robe che la scambiassero per un pacco bomba!- perché io non l’avevo minimamente riconosciuta. Ma andiamo avanti, arriviamo in albergo –scelto dal mio fidanzato, inorridito dall’idea di andare in case altrui e prendere un alloggio con Airbnb… che antico!- camera graziosa, pulita, letto pare comodo, bagno… vabeh come ben sappiamo non possiamo pretendere che ci sia il bidè, ma che metà dei sanitari siano direttamente nella stanza mi pareva abbastanza strano.
Ci prepariamo per la cena, e nell’uso della doccia constatiamo che il bagno si trasforma in una simpatica piscina e non essendoci sistemi di ventilazione -dai ***** in un bagno chiuso sono determinanti!- ed abbastanza asciugamani per provvedere all’emergenza, non abbiamo la minima speranza che si asciughi.
Ci dimentichiamo dell’alluvione e ci dirigiamo verso sud, pronti per gustare una buona cenetta a lume di candela. Troviamo una piccola taverna gestita da un signore rude ma simpatico che ci serve dell’ottima carne e ci consiglia un Bordeaux di accompagnamento niente male. Un piccolo tavolino di legno traballante, una candela e uno sgabello per mettere il cestino del pane, che altrimenti non avrebbe trovato lo spazio sufficiente. Concludiamo con un crem caramel squisito che tuttora continuo a sognarmi di notte. Era tutto quello che ci voleva, non avrei desiderato di meglio. … Lo posso proprio dire: giorno 1 concluso con successo.
Ci dedichiamo alla cultura e decidiamo di andare al Museo d’Orsay. Facciamo colazione nel peggior bar di Parigi –e sbagliare qui è quasi impossibile, noi ci riusciamo perfettamente però- e sconsolati ci buttiamo velocemente all’interno dell’edificio, felici di essere perlomeno scampati alla nostra amica pioggia. Ci cucchiamo tutti i padiglioni e nel pomeriggio siamo fermamente intenzionati ad andare a Montmartre, per visitare il Sacre Coeur e la zona limitrofa e concludere cenando in un ristorantino che ci aveva consigliato un nostro amico.
Purtroppo siamo travolti in pieno dalla bufera, quindi riusciamo a malapena a scattare qualche foto, ci rompiamo i maroni di girare a vuoto in cerca di sto cavolo di posto così alla fine ci rifugiamo in un bistrot a tracannare birra. Il Bordeaux inizia ad inacidirmi. Ritentiamo l’impresa, per fortuna non piove più, troviamo il locale, ma… non ci sono tavoli liberi. “No problem”, improvvisiamo: passiamo davanti a un posto alquanto strano che mi incuriosisce. Ficchiamo dentro le teste e scorgiamo una stanza affollata e rumorosa, affrescata di disegni in stile Moulin Rouge con rispettive ballerine di cancan e due lunghe file di tavolini tutti attaccati gli uni agli altri, senza possibilità –apparente- di inserirsi.
Noto inoltre dei biberon sui tavoli che sostituiscono i bicchieri, ed anche se le premesse non sono delle migliori, chiedo subito al cameriere se c’era la possibilità di sedersi. Con tono sbrigativo questo annuisce e mi dice quasi scocciato dalla mia presenza nel piccolo locale di aspettare fuori nel frattempo. Dopo una decina di minuti mi fa cenno di entrare e ci accompagna ai nostri posti, gira di scatto la sedia e mi porge la mano. Io lo guardo un po’ stranita e lui allora mi indica il modo per passare dall’altra parte del tavolo e sedermi: scavalcarlo.
Presa dal mood della serata improvvisata ero talmente divertita dalla cosa, che afferro con entusiasmo la mano del garçon e salto con leggiadria andando ad occupare il mio posticino. Di fianco abbiamo un trio di spagnoli e subito dopo doppia coppia di romani che con i loro commenti genuini e sinceri ci fanno ridere tutta la sera. Insomma eravamo capitati nel Rifugio della fonduta, dove la fonduta lascia un po’ a desiderare ma l’atmosfera merita davvero di trascorrerci almeno una serata nella vita.
Giorno 2 iniziato male, finito insolitamente bene.
Ci svegliamo ancora puzzolenti da formaggio e pronti per una nuova mattinata all’insegna dell’arte: missione Musée du Louvre. Grande, gigantesco, maestoso, ricolmo di storia e di cultura. Avevo quasi perso la speranza di riuscire a visitarlo, ma ci siamo fatti coraggio e abbiamo affrontato le varie file per accedere finalmente alle innumerevoli stanze che lo compongono.
Abbiamo iniziato con l’arte egizia, che mi ha subito suscitato una certa voglia di andare a Gardaland, per poi proseguire con ordine cronologico fino ad approdare alla pittura e scultura neoclassica, che personalmente adoro. Siamo riusciti a girarlo quasi interamente, saltando volutamente l’arte fiamminga che avremmo visto sicuramente qualche giorno dopo ad Amsterdam.
Impavidi ed intenzionati a rimediare al fallimento gastronomico della sera prima, ci dirigiamo nuovamente a Montmartre. Questa volta mi attrezzo di coraggio e numero di telefono del locale, pronta a cacciarmi l’ennesima figura di merda linguistica. Chiamo, rispondono, ci capiamo, prenoto!
Esultiamo come se avessimo vinto i mondiali di calcio e per festeggiare andiamo a prenderci un aperitivo e a fare un po’ di shopping, super gasati per la mia performance. Arriviamo al locale brilli e con lo zaino pieno di camembert.
Ci sediamo e ordiniamo!!!
Canniamo in pieno l’entrée, ma ci rifacciamo con due ottimi secondi che ci ammazzano letteralmente. Non abbiamo nemmeno la forza per guardare la lista dei dolci ed ad un certo punto iniziamo a sentire zaffate cicliche di una puzza allucinante. Indignata verso gli altri commensali –credendo che qualcuno di loro l’avesse mollata- usciamo e incappiamo in una dimostrazione canora, proprio nel bar di fronte, di “Bella ciao” in versione parigina. Increduli e divertiti ci fermiamo a guardare la scena, al coro si aggiunge anche un ragazzo vicentino che orgoglioso e patriottico insegna l’intonazione giusta al resto del gruppo.
Giorno 3 concluso con la felicità di constatare che una canzone può tutto…
Il Lovetrip di Carlinlove é continuato ad Amsterdam! Lo sò, lo sò non vedete l’ora di leggerlo…ma lei ci sta lavorando e presto da questo lavoro nasceranno delle parole, parole che come queste ci faranno vivere una città.
Come dice lei: “see you soon, Carlinlove.”