Eve Hewson, figlia di Bono Vox
Lo erano, infatti, sia l'Antonio Pisapia de L'Uomo in più che il Titta de Girolamo de Le conseguenze dell'amore, per non parlare del... mefistofelico Giulio Andreotti ne Il divo. E certamente ci ricorderemo a lungo anche dello stralunato Cheyenne, goffa rockstar in disarmo, che fa la spesa al supermercato vestito come fosse ancora sul palco, e che vive fuori dal tempo e dagli schemi nella sua lussuosa villa dublinese, accudito e sopportato da trent'anni da una moglie capace di amarlo ancora,e che di mestiere fa la vigile del fuoco (!) Merito anche, ovviamente, di uno straordinario Sean Penn, attore immenso, capace di rendere 'vero' perfino un personaggio che più caricaturale non si può, mostrando una fisicità impressionante e, nel contempo, una grande umanità.Il regista Paolo Sorrentino
Ci voleva coraggio, insisto, nel provare a raccontare in maniera credibile una storia così strampalata: quella che vede un artista in declino e sull'orlo della depressione mettersi alla ricerca di un criminale nazista che ha umiliato in guerra il padre morente... Sorrentino cerca di farlo affidandosi alla struttura sempre fascinosa (ma anche insidiosa) del road-movie, abbandonandosi ad immagini contemplative di rara bellezza e alla dimensione sognatrice di un'America da cartolina, fatta di grandi spazi, paesaggi mozzafiato, percorsi rurali e lunghe distanze, il tutto accompagnato dalle musiche nostalgiche e psichedeliche dei Talking Heads (il cui leader David Byrne compare svariate volte nel film, impersonando se stesso e suonando fino allo sfinimento la canzone che dà il titolo alla pellicola). E' impossibile vedendo queste scene non rievocare altre pellicole 'sacre' del genere come Paris, Texas di Wenders e, soprattutto, il lynciano Una storia vera. Stesso sguardo, quello di Sorrentino, ovvero lo sguardo incantato e sognatore, quasi 'ingenuo' e tipicamente europeo, di chi va alla scoperta del 'nuovomondo'.Frances McDormand
Però i meriti del film finiscono qui. Perchè bisogna ammettere che This must be the place, una volta 'depurato' dell'aspetto scenografico ed emotivo, si presenta abbastanza 'nudo alla meta', pieno di difetti evidenti: la storia è piuttosto banale, già vista, molte situazioni non sono del tutto chiare e certi personaggi sono poco funzionali alla trama, finendo per creare più confusione che intrigo. Le due parti (quella 'irlandese' e quella 'americana') sono piuttosto slegate tra loro, quasi fossero due film diversi: molto 'nevrotica' e sconclusionata la prima, decisamente più fluida (ma assolutamente più convenzionale) la seconda.Alla fine però l'elemento che più 'disturba' in questo film è la sensazione, abbastanza sgradevole direi, che l'Olocausto diventi quasi un 'pretesto' per imbastire un normalissimo road-movie sull'America 'che piace a noi', fatto di luoghi comuni e canzoncine anni '80. Lungi da me essere moralista o 'politicamente corretto', ma sarei disonesto se non ammettessi questo disagio. Ma, aldilà di questo, This must be the place si dimostra comunque, nella migliore delle ipotesi, un film molto 'formale' e di poca sostanza. E quasi mai la 'confezione', pur se deluxe, fa gridare al capolavoro.