Di tutte le pellicole Marvel uscite finora, Thor: The Dark World è la prima vera porcata che mi sento di dover definire tale. Qualcosa non ha funzionato nel film, e gli sbadigli cominciano a ripetersi di mezz’ora in mezz’ora a braccetto con la noia che avanza. La versione in 3D è un grosso gigantesco pacco; la solita fregatura spesso inutile che ha il controproducente risultato di rendere il film buio e monocromatico in cui i colori e le luminescenze Asgardiane vengono annullate del tutto, regalando la sensazione di vedere un film con gli occhiali da sole. Effetto che non sempre si verifica se si usano gli strumenti adatti e il 3D è un 3D nativo (Gravity docet).
Il confronto con il precedente capitolo della saga diretto da Kenneth Branagh non esiste nemmeno sforzandosi. La natura Shakespearina del suo cinema aveva prodotto un film epico, meno fracassone e più concentrato sui rapporti umani. C’era una buona dose di azione, ma sempre ben bilanciata all’interno della storia. Il ruolo dei Giganti di ghiaccio e del leader Lafi, la scoperta da parte di Loki della sua discendenza non Asgardiana, la contesa per il trono con Thor restituivano al pubblico un prodotto cinematografico di qualità, studiato al dettaglio e con sfumature drammatiche molto incisive. Patrick Doyle confezionò il tutto con una soundtrack originale da pelle d’oca tanto era intensa nel suo main theme.
Purtroppo Alan Tylor alla regia e Brian Tyler alle musiche fanno disastri con The Dark World, disegnando un film molto confuso e senza ne capo ne coda. Difficile stare al passo coi polpettoni di Odino nello spiegare le origini dell’universo e della stirpe degli Elfi Oscuri, per inciso per nulla spaventosi nè minacciosi nonchè caratterizzati francamente a cazzo. Tutto è concentrato sul loro capo Malekith (Christopher Eccleston) e sul rancore provato verso gli Asgardiani per avergli impedito di ottenere un importante arma per la loro disfatta (e ci mancherebbe). Un’arma liquida che a differenza del Tesseracht sembra viva, capace di parassitare il corpo umano per nascondersi dalle minacce. Un aggancio narrativo ghiotto per gli sceneggiatori, bravi ad inserire Jane Foster nella trama ma altrettanto incapaci di darle spessore, relegandola ad un ruolo da scemotta. Un po fastidioso il ruolo di EricK Selvig, dipinto come uno svitato che gira in mutande dopo la sua connessione mentale con Loki in The Avengers.
Il personaggio cruciale della storia, manco a dirlo resta però Loki, che meriterebbe una saga tutta sua tanto è forte la sua presenza scenica. Imprigionato nelle segrete Asgardiane da Odino, passerà metà film con le braccia incrociate a non far nulla, per poi venire liberato da Thor dopo un patto di tregua, necessario per contrastare il comune nemico. Loki a differenza di Thor ha una personalità magnetica, e quando compare sullo schermo il film ne beneficia. Le poche risate strappate al pubblico in sala sono merito suo, come quando si trasforma in Captain America sfottendo Thor sulle sue nuove compagnie. Il film tenta il colpaccio col suo personaggio, ma chi conosce i suoi polli sa che c’è il trucco.
[Spoiler] Dopo i titoli di coda è immancabile la scena di connessione con la storyline generale della Fase 2 Marvel e con I Guardiani della Galassia. Finalmente conosciamo le sembianze de Il Collezionista interpretato da Benicio Del Toro.
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