La poesia è roba poco, pochissimo commerciale. La poesia non si legge un granché, almeno in Italia. La poesia è spesso molto soggettiva, difficile da capire. Non è mica facile scrivere la recensione di un libro di poesie. Questo è quello che ho sempre pensato. Ma poi mi sono ritrovato a un reading di Guido Catalano. Mi ricordava Bukowski, per la sua scrittura sciolta e dal sapore dissacrante. Credo che glielo avranno già detto, per giunta lui in una poesia all'interno della raccolta lo cita, racconta di un sogno in cui lo incontra e ci fa a cazzotti. Ma non è solo per questo che ho pensato valesse la pena recensire Ti amo ma posso spiegarti. Quando apri un libro e già nella bandella ti trovi scritto “Qui dentro ci sono 47 cose andate molto a capo. Con tutta probabilità è poesia. Secondo me spacca” allora non è che hai molte chance: o pensi di essere di fronte a una semplice frase ad effetto, oppure ti fidi. Io mi sono fidato. La poesia di Catalano spacca davvero. Riguardo al fatto di andare molto a capo, lui ci scherza su, dice che anche Montale andava un sacco a capo. Anzi, intitola una poesia proprio Vado a capo a cazzo. E sul numero, sulle 47 “cose”, dice “47 è numero fittizio, avremmo dovuto contarle, ma nessuno ne aveva voglia” (per la cronaca, io le ho contate, sono davvero 47). Diversi testi sono giocati sulla ripetizione, su un motivo principale che viene reiterato, e molti altri, per il loro umorismo nonsense, si presterebbero bene per delle canzoni di Elio e le storie tese. Catalano fa a meno di punti e maiuscole, spesso anche delle virgole. E dimenticatevi le regole, la metrica, uno stile preciso. Le sue poesie sono divertenti proprio perché non sembrano affatto poesie: monologhi, semmai, e parecchi dialoghi (per esempio i “dialoghi auspicabili” con le varie ragazze, in carta nera e carattere bianco, nei quali si disquisisce di tutto, dai Peanuts alla matematica). Abbraccia di frequente il surreale, scherza sulla morte come Woody Allen, paragona il suo cuore a un cesso otturato (basta poesie d'amore adesso e diamoci dentro) e la poesia stessa a un action movie (sesso, violenza, inseguimenti d'auto), cita Elton John, Elvis, gli AC/DC, gruppi metal come i Cannibal Corpse, Jim Morrison (dice che vuole essere seppellito accanto a lui perché c'è più passaggio) e i Lynyrd Skynyrd almeno un paio di volte (con particolare riferimento a Free bird), infila dentro pure Moccia e il suo L'uomo che non voleva amare, gatti randagi a più riprese, nomina i film Love story, Il mago di Oz e Il signore degli anelli, e in più di un’occasione finisce a parlare di Dio. Ma c'è spazio anche per dei neologismi (fra tutti: anarconeuroni, riaddormirmi, senienicamente), licenze poetiche (lo essèvo) e, non ultimo, l'utilizzo di termini come “inauditezza” e “disannoverato”, ma soprattutto “perplimere”, verbo coniato da Corrado Guzzanti. E quando uno poi ti tira fuori massime del tipo “quando s'inizia ad annoiar se stessi son cazzi atomici” allora, tanto di cappello. Ci fai una risata ma ne cogli anche il senso. Amaro. Detto poi da uno che di sé rivela “ho sempre desiderato fare il lottatore di catch” (di poesia, di metal, d'amore), fa un certo effetto.
Se ancora non vi ho convinto, ecco un assaggio della sua poesia, con qualche verso tratto da le carte in tavola:
ho avuto più volte la certezza
che le borse delle donne
siano portali dimensionali
verso la sfera dell'entropia
E se vi capita di essere dalle parti di un reading di Guido Catalano, non perdetelo. Ma attenti. Come lui stesso avverte:
dopo una lettura di poesie
non venirmi a dire frasi del tipo “mi son piaciute molto le tue poesie”
se non hai intenzione di comprarmi un libro
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