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Nel breve spazio tra un'estate e l'altra, la tenerissima Elspeth così si descrive a sua figlia. Frances, vedova da poco, non l'attendeva e stenta e riconoscersi in quella donna capricciosa e un po' effimera, viva e insicura, sfacciata e accoccolata nella sua bellissima e calda pelliccia.
Elspeth è, a tutti gli effetti, L'ospite d'inverno, la vita messa tra parentesi tra la felicità di un'alba e i sospiri del tramonto. Alan Rickman ha tratteggiato con le due donne una sceneggiatura dura e fredda, ben oltre le temperature polari inconsuete perfino nelle stagioni più gelide della Scozia.
Forse un po' manierato nella sua insistenza oligocromatica, spezzata da rare ma efficaci inquadrature policrome, L'ospite d'inverno è un film che commuove ben oltre le intenzioni e le tecniche predisposte per colpire lo spettatore.
Certe musiche, certe inquadrature "a effetto" sono forse meno incisive di quanto Rickman volesse e le brevissime scene intercalari suonano qua e là insipide nell'insieme - segno di una debolezza narrativa intrinseca nella sceneggiatura del dolore. Eppure, molti dialoghi e diverse inquadrature mi hanno suscitato, non posso negarlo, un brivido di commozione.
Mi riferisco, per esempio, alla scena in cui Frances (la sempre meravigliosa Emma Thompson) prende finalmente la macchina fotografica per riprendere la madre Elsperth (Phyllida Law) seduta a chiacchierare nel freddo con un ragazzino. In un momento in cui tutte le storie si intrecciano nell'inseguimento posato e sicuro della felicità, Alan Rickman e l'intero cast sembrano godere di un tocco di grazia unico nel film.
Tutta la pellicola ruota attorno a quest'idea della vita bramata: dagli irrequieti Tom e Sam (Sean Biggerstaff e Douglas Murphy), preadolescenti ansiosi di una giovinezza più libera, alle vecchie Lily e Chloe (Sheila Red e Sandra Voe), golose e infallibili frequentatrici di funerali. Il tutto drammaturgicamente stilizzato, già nei nomi, in quadretti di sapore beckettiano: dialoghi taglienti e dolorosi, autentici e assurdi.
E, tra questi dittici di caratteri in competizione per la felicità, non poteva mancare la coppia che si incontra: Nita e Alex (Arlene Cockburn e Gary Hollywood) hanno, della giovinezza, la rapidità, l'energia, l'inconfondibile bellezza nordica e una straordinaria cautela nei confronti della vita e del piacere stesso. Mai un sorriso, il loro giorno d'inverno passa in una studiata caccia reciproca, affamati senza frenesia. A Nita e ad Alex spetta l'unico confronto tra un uomo e una donna, in questo divagare invernale sul freddo che certe volte fa, nella vita, senza amore.
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