Una delle cose che la narrativa tutta [e qui comprende non solo il cinema, ma anche la letteratura, la musica, il fumetto e tutte le forme artistiche esistenti] ha cercato di narrare è l'amore. Il rapporto che lega tutti gli uomini in qualche maniera, anche in disparate forme. Anche perché, come cantava CapaRezza, l'amore è un concetto che vuol dire tutto e niente, perché c'è l'amore scontato dell'uomo innamorato all'amore in senso lato per la gente. E infatti ci sono modi e mode di intendere l'amore, così come c'è quello che fa rivalutare la pena di morte di Federico Moccia o quello più intimista di un Wes Anderson, cose così diverse fra loro ma che, alla fine, trattano sempre il medesimo argomento. Che proprio perché è così abusato finisce per essere anche il più difficile da trattare, perché distinguersi dalla massa di mediocrità e luoghi comuni risulta difficile. Io stesso ci ho provato ma, vuoi per la giovane età o per l'incapacità di trattare argomenti particolarmente profondi, credo che il risultato sia lontano dal potersi definire particolarmente riuscito. Ecco perché spasimo quando trattano cose simili autori particolari come il buon Kim, perché è possibile riuscire ad avere qualcosa di diverso e originale su un qualcosa di universale, magari in grado di scuotere il comune dire su qualcosa.
Seh-hee e Ji-woo stanno insieme da molti anni, ma lei a lungo andare comincia a diventare insistente e isterica. E' piena di ansie, si lamenta del fatto che il suo aspetto non cambi mai e possa portare a noia il suo ragazzo. Un giorno così Seh-hee sparisce, perché è scappata da un chirurgo plastico che...
Quando questo film era uscito al cinema avevo sedici anni, quindi ero in quello che era l'apice del mio snobismo. Una brutta fase che più o meno tutti hanno attraversato e che mi aveva portato a interessarmi solo ai film usciti dai grandi festival. Di questo ne avevano parlato in tanti, trattandolo come un capolavoro o una cagata pazzesca, mettendomi addosso parecchia scimmia. Dovettero passare però diversi annetti prima che riuscissi a vederlo [un po' perché rinsavendo ero andato dimenticandomene, un po' perché al contrario di molti, internet è entrato molto tardi nella mia vita] lasciandomi addosso una sensazioni di disagio piuttosto alta. La storia riportata su celluloide dall'atipico regista coreano è strana, come si confà al suo genere, ma a lungo andare sembra che non porti da nessuna parte, pur lasciando delle sequenze semplici ma ugualmente molto belle e degli spunti di riflessione notevoli. E grazie al cazzo, diranno alcuni, non è mica un film di Topo Gigio. Ma nonostante tutto, ai miei occhi di misero spettatore abbastanza ignorante il film si è rivelato un mezzo fiasco proprio per il suo osare troppo, cosa che in quasi tutti i frangenti ritengo vincente, ma che qui alza la posta in gioco in maniera abbastanza gratuita rendendo alcune situazioni piuttosto imbarazzanti. Perché per quanto la cosa voglia essere poetica o forte, alla fine i due protagonisti mi sono sembrati dei malati di mente, né più né meno. E non lo dico come un'accusa, perché non è una colpa avere dei disturbi mentali (sulla malattia mentale e il disagio di vivere ci ho pure scritto un libro), ma a lungo andare non ho capito il perché usare dei personaggi simili per parlare di una storia che ho trovato ridicola, assurda e, a tratti, addirittura improponibile per alcune scelte narrative. Resta però il modo di Kim Ki.duk di parlare delle cose, cosa che spesso può risollevare un progetto, che qui ci regala delle scelte visive davvero belle e garbate, in contrapposizione a una storia che sembrerebbe andare in tutt'altra direzione. Alla fine sembra che non sia l'amore a cambiare, ma le persone. Un po' come il constatare che la palla con cui giocavamo da piccoli diventa sempre più piccola... alla fine la palla è rimasta sempre la stessa, siamo stati noi a crescere. Lo stesso quindi accade con l'amore, resta al suo posto, immobile, ma cambiamo noi e il nostro modo di provarlo. Nessuno è immutabile e tutti devono affrontare una metamorfosi personale, forse poco visibile alla vista, perché si svolge all'interno. E' questo che la giovane protagonista non capisce ed è questo che da inizio al suo calvario sotto il bisturi, mettendo una correlazione metaforica non da poco e che avrebbe potuto regalarci il terzo capolavoro assoluto. Ma se posso aspettarmi una cosa simile da una persona disturbata [anzi, la figura della donna che ne viene fuori è abbastanza affascinante nella sua schizofrenia] che il suo partner verso la fine decida di seguirla in quella che è una caduta nell'inferno psichico... no, comincia a diventare troppo per essere credibile - e non solo a livello realistico, ma anche su un piano meramente narrativo. E forse, come magari suggerisce il titolo, fra un po' di tempo lo rivedrò e verrà a piacermi molto, chi lo sa, ma per ora il mio giudizio è questo.
Non un disastro totale, ma una storia che poteva dare molti spunti viene trattata in maniera fin troppo esagerata, divenendo a tratti addirittura impossibile da prendere sul serio.Voto: ★★ ½