Anna Lombroso per il Simplicissimus
Dieci migranti, 6 somali e 4 eritrei, sarebbero morti in mare durante la traversata tra la Libia e le coste italiane. Lo hanno riferito i 48 profughi soccorsi lunedì su un gommone, a circa 60 miglia a sud di Lampedusa, dalla nave Orione della Marina militare e da una motovedetta della Guardia costiera. (Ansa)
Scorrendo i giornali non si sa molto più di questo: 10 uomini in cerca di lavoro e cibo sono morti. E cosa vuoi aggiungere? I bollettini di guerra sono così, firmati Diaz o Monti. Per un po’ ancora ci turberanno i suicidi di anziani, o di gente nel fiore degli anni, ma il suicidio ancora per un po’ resta un tabù, a differenza dell’articolo 18. Ma presto tutti e due saranno superati. Stiamo come in un di quei bei film in costume, la fanteria marcia lungo il prato, in file orizzontali e parallele e i battaglioni nemici sono anch’essi in file, le prime inginocchiate, le seconde in piedi, le terze pronte a ricaricare i fucili. La fanteria avanza a passi cadenzati, le truppe nemiche prendono la mira e, Fuoco! Le prime file della fanteria cadono decimate. Le seconde file, prendono il posto dei caduti. La marcia continua. Quelli ricaricano i fucili, Fuoco e il bel prato si riempie di cadaveri mentre le terze file si fanno avanti di nuovo.
Anche da la marcia prosegue, meno lenta del previsto, Fuoco! I fucili hanno iniziato a sparare, le prime file sono state abbattute, quelle “segnate”, gli sfigati direbbe qualche ministro, gli immigrati, i vecchi, le donne, i giovani. Sotto i colpi sono rimaste sul campo le pensioni, i barconi dei migranti, poi gli operai con gli empi accordi, le scuole e le università, i beni comuni e ancora i barconi dei disperati, le donne a casa, gli esodati che stavolta non sono clandestini ma stanno per diventarlo.
Ormai mirano ad altezza d’uomo, non si limitano ai marginali, è la paradossale equità delle disuguaglianze, e’ sotto attacco la piccola e media borghesia, che ha perso posizioni di rendita che pensava immutabili e inattaccabili sia dal punto di vista economico che della considerazione sociale. Un tempo più sensibile alla distanza che la separava dalle posizioni superiori e ai vantaggi connaturati con la posizione occupata, che ad una qualche forma di solidarietà con chi sostava nei gradini inferiori della scala sociale, e oggi appiattita verso il basso, sempre più giù. Ma ancora più risentita, diffidente, spaesata, che guarda agli operai, agli esondati, ai precari per non dire di quei migranti, come a un pericolo, una minaccia. Ed è quello che volevano i bramini di questa religione del mercato, lacerare vincoli e incrementare fratture, rompere patti e allargare le discriminazioni.
La marginalizzazione economica e sociale, l’espropriazione forzosa della democratizza e della sovranità da parte di organismi come il FMI o la BCE rimbalzano in eco rapidissime tra la Grecia e il West Africa, tra l’Italia e il sud-est Asiatico, tra l’Irlanda e le Ande. La differenza, questa volta, non è tanto la posizione geografica del nuovo terzo mondo, estesosi più a settentrione, quanto la sua dislocazione sociale. Come accade nelle metropoli del Sud America, il paesaggio europeo va sempre più configurandosi come un deserto chiazzato di oasi, in cui la miseria crescente delle popolazioni preme sugli atolli di ricchezza esuberante in cui si accumula il capitale.
Siamo ormai un intero mondo ‘in via di sviluppo’, bloccati in un procedere senza progresso, lanciati in un tunnel in fondo al quale , come ha detto qualcuno, si vede una luce, ma è probabilmente quella di un altro treno lanciato a tutta velocità verso di noi.
Sarà meglio non fare come suggeriscono alcuni pensatori apocalittici e attendere la fine dei tempi, nell’auspicio che arrivi un immenso potere calato dal cielo che punisca i malvagi e premi i buoni. . Il desiderio di un potere sovrumano che arrivi a mondarci dalla lordura del presente alberga ancora nel cuore di molti, a destra come a sinistra dello spettro politico. Ma l’ultima volta che si è stati ad aspettare in una attesa messianica, nella Germania caricata di debiti del primo dopoguerra, quel potere ordinato e inesorabile è calato dal cielo alzando le svastiche.
E allora bisogna rinsaldare quei vincoli, spogliarci delle vesti di vittime e riprenderci la salvezza.