Per circa diecimila persone (probabilmente anche di più) si è svolta ieri una battaglia tristemente importante, quella per accaparrarsi uno dei 1400 voucher da 500 euro mensili, per sei mesi, finanziate dalla Regione Sardegna. Tristemente importante perché, in una regione con un’economia sana e un mercato del lavoro almeno minimamente dinamico, tali provvedimenti non sarebbero così necessari e, di conseguenza, acclamati.
Tuttavia lo sono stati: il fervore attorno alla possibilità di svolgere uno stage in un’azienda di propria elezione, a spese della Regione, avere l’opportunità di imparare finalmente un mestiere vero in una regione che soffre sempre più della disoccupazione (causata anche dall’assenza di proposte lavorative serie per i giovani) fa gola a molti.
Ma all’Agenzia Regionale per il Lavoro non sembrano essere particolarmente disposti a scartabellare plichi e posta raccomandata, valutare progetti e via discorrendo. Decidono di assegnare i posti, come spesso accade, a sportello. Già il bando Impresa Donna (come spiega Francesca sul suo blog), svoltosi con questa modalità, incontrò dei problemi, ma questo non ha alcuna importanza evidentemente. Tutta la procedura viene informatizzata: il sito di Sardegna Tirocini è l’unico mezzo preposto all’invio dei progetti.
Un sito che sfortunatamente non ha la capacità di reggere tutti quei contatti. Così salta fuori la storia degli hacker (che ancora deve essere provata dalla polizia postale) che tutti ben conosciamo, culminata con i voucher 2013 esauriti in due ore. Due ore nette, durante le quali la stragrande maggioranza degli utenti – chi scrive è compreso in questi – non hanno avuto la possibilità neanche di collegarsi al sito, evidentemente in overload.
Ma la cosa che fa impallidire sono le tipologie di tirocini proposti: camerieri, braccianti, segretari. Progetti accompagnati da massimo una riga di descrizione, stringatissima, con tutta l’aria di essere più un tentativo di scroccare paghe alla Regione per non pagare i propri dipendenti che essere, invece, uno strumento di formazione autentico.
In breve si scatena una bagarre sui social network. I progetti inconsistenti e la scarsa trasparenza del procedimento di attribuzione dei voucher (il sito doveva essere sotto attacco di hacker, ma invece i voucher sono stati terminati tutti) infiammano centinaia di ragazzi. Si chiede l’abolizione del bando, ma quelli che ce l’hanno fatta non ci stanno e vogliono, giustamente, vedersi riconoscere la propria fortuna. Cappellacci prima conferma l’abolizione del bando, poi fa un passo indietro. I giornali lanciano un pezzo dopo l’altro, si infiamma il dibattito e i gruppi su Facebook che chiedono la validazione o l’invalidazione crescono a vista d’occhio.
Ecco il senso di questo approfondimento. La guerra tra i poveri che è nata porta a osservare con occhio amareggiato la situazione lavorativa degli invisibili, dei choosy, di quelli che magari scelgono di stare in Sardegna per fare sei mesi nell’azienda dove altrimenti non sarebbero mai entrati per imparare e guadagnare qualcosa. Diplomati, laureati, “masterizzati”, non fa differenza. Ce ne sono migliaia e sono tutti inferociti e pronti a difendere i propri diritti e i propri interessi.
Ho dubbi che si scateni una vera e propria battaglia all’ultimo sangue tra chi “ce l’ha fatta” (come se si trattasse del biglietto di un concerto) e chi no. Liori ha commentato che, vista la mole di richieste, attribuiranno risorse triple a un prossimo bando, ma è tutto da vedere, ammesso e non concesso che questi fondi menzionati così a cuor leggero esistano e, soprattutto, sperando non si tratti di una bolla che scoppierà dopo le elezioni ormai prossime.
La realtà che è emersa dal 15 gennaio è la tristezza della situazione di molti giovani. Che si lamentano perché il bar di paese ha potuto piazzare, per pura fortuna, il proprio progetto dove cerca un banconiere gratis o l’ufficio di turno può reclutare una segretaria in più “tutto pagato”, mentre i propri progetti, studiati da settimane, sono rimasti nell’archivio del sito Sardegna Tirocini.
La compagine è numerosa, un esempio chiaro di quante siano le persone che hanno desiderio di lavoro e desiderio di lavorare bene, di metterci passione e dedizione. Forse non è più solo questione di soldi destinati ai TFO o meno (che naturalmente vengono attesi con ansia), ma il problema si sposta sull’offrire politiche di lavoro serie che diano ai ragazzi la dignità del fare un lavoro che gli piaccia. Sì, che gli piaccia, o che perlomeno non li prenda in giro.