In un mercato ideale, la presenza degli emittenti di obbligazioni dovrebbe essere divisa quasi a metà tra privati e pubblici. In realtà, nel nostro Paese esiste un emittente che ha quasi il ruolo di monopolista. Stiamo parlando del Ministero del Tesoro che, per finanziare un’attività pubblica sprecona e spendacciona, ha contratto con gli investitori un debito complessivo enorme, rappresentato da un numero molto elevato di obbligazioni: i titoli di Stato.
I BOT (Buoni Ordinari del Tesoro) sono senza dubbio i titoli di Stato per eccellenza, certamente i più conosciuti dal grande pubblico e presenti massicciamente nei portafogli degli investitori. Storicamente i Bot sono stati la prima alternativa al libretto di risparmio, il punto di partenza e di incontro tra Stato e investitore. Abbiamo parlato diffusamente dei Bot, vogliamo solo ricordare che il loro successo deriva dalla semplicità, dalla durata breve (massimo 12 mesi), dalla facile e immediata
liquidabilità. I Bot-people, oltre a queste caratteristiche, sottoscrivono questi titoli non per il loro rendimento (che non copre neanche l’inflazione) ma esclusivamente per la loro sicurezza.
La necessità di finanziarsi ha spinto lo Stato ad inventarsi prodotti finanziari che, nel tempo, hanno integrato la presenza dei Bot e, soprattutto, hanno reso il mercato dei titoli di Stato un pò più appetibili ai palati degli investitori. Per cui, oltre che i Bot lo Stato emette Ctz, Btp, Btpei, Cct. Parliamo dei Ctz:
I CTZ (Certificati del Tesoro a Zero Coupon) hanno fatto il loro esordio sul mercato finanziario italiano il 23 febbraio 1995. Si tratta di un titolo identico ai Bot ma con durata di 24 mesi, per questo definito anche “bottone”.
I Ctz non prevedono cedole. Infatti, gli interessi sono percepiti dall’investitore tutti insieme alla scadenza e sono dati dalla differenza tra prezzo di rimborso (alla pari) e prezzo di sottoscrizione (sotto la pari).
E’ un titolo molto liquido. Viene quotato di diritto in Borsa già dal giorno successivo alla data di collocamento. Con la quotazione ufficiale, gli investitori possono controllare ogni giorno quanto vale sul mercato e, se lo ritengono opportuno, venderlo prima della scadenza ad un prezzo certo. In questo caso non ci sono rischi di perdita di capitale. Non distribuendo cedole, a parità di condizioni sul mercato, lo zero coupon aumenta progressivamente il valore fino ad avvicinarsi al valore di rimborso. Per vendere il Ctz prima della scadenza ad un prezzo inferiore a quello di acquisto si dovrebbe quindi verificare un aumento dei tassi di mercato di entità notevole.
Come tutti i titoli a tasso fisso, è consigliabile sottoscriverlo in previsione di un calo dei tassi e sconsigliabile logicamente nel caso opposto.
Ai fini della tassazione, gli interessi e gli altri proventi dei Ctz, sono soggetti ad un’imposta sostitutiva del 12,5%. Ciò ovviamente comporta che al termine della vita del titolo l’importo rimborsato non sia pari al valore nominale ma inferiore (valore nominale al netto della tassazione). Sono inoltre sottoposte alla stessa tassazione le plusvalenze realizzate con l’eventuale vendita dei Ctz.
Attualmente il rendimento annuo dell’ultima emissione Ctz con scadenza 30 aprile 2012 è del 1,643% (1,438% netto). I Bot a 12 mesi 15 agosto 2011 rendono l’1,374% (1,202% netto).
I titoli di Stato sono esenti dall’imposta di successione, reintrodotta con la legge finanziaria 2007, mentre sono soggetti all’imposta sulle donazioni.