Ho letto proprio oggi che l’Enciclopedia Britannica non stamperà altre edizioni cartacee. Inutile dire che accolgo la notizia con sommo dispiacere. Ammetto che non mi è mai capitato di sfogliarne una copia, ma la sua completezza, l’autorevolezza e la precisione quasi commovente fan sì che occupi, negli scaffali della mia mente, un posto nella sezione dedicata ai Libri Sacri.
Immagino, tra le pagine dell’E.B., voci che affiorano dai meandri più reconditi della memoria umana. Califfi decaduti, eroi settecenteschi, giganti mitologici eredi diretti del dio Buri, nazioni scomparse da secoli da ogni carta geografica…
Immagino tutto ciò, ma so bene che la maggioranza delle nozioni del Libro (edizione qualsiasi) mi rimarranno per sempre estranee: la vita di un singolo essere umano è troppo breve per quest’opera, sebbene composta da mani mortali (serva da monito la fine del matto di Spoon River, che morì nel tentativo di mandare a memoria l’Enciclopedia Britannica!).
Non riuscendo a togliermi dalla testa il pensiero di quante infinite voci non verranno mai stampate su una qualche copia dell’E.B.,
stasera sono colto da un moto di nominalismo estremo che mi fa qui affermare che se niente verrà più stampato sull’E.B. allora niente potrà più esistere.
Del resto Tlön inizia ad affiorare nelle vite degli umani dopo che una unica copia dell’Anglo-American Cyclopedia, ristampa letterale, non meno che noiosa, di una vecchia Enciclopedia Britannica, riporta notizie vaghe a proposito di un misterioso Paese mediorientale di nome Uqbar…
Concludo invitando quelli che volessero capire che cazzo ho scritto stasera a prendere in mano Finzioni di Borges, mentre faccio notare agli appassionati che il sito it.wikipedia subisce gli effetti di Tlön a tal punto da essere costretta a riportare alla voce Tlön, Uqbar, Orbis Tertius questa premessa:
Nel riassunto che segue, le citazioni fanno riferimento al mondo del racconto, non a quello reale.