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Il sole di Berlino mi ha svegliato presto questa mattina, con quei postumi che grandi autori hanno saputo ben narrare.
Allo specchio, tra le occhiaie e le faccia scesa, ho ripercorso gli alcolici della festa di ieri sera: vino bianco, due; whiskey con “e” (era un Jameson), con ghiaccio; senza ghiaccio; rum, o cacchio, tre. Poi ho perso il conto.
Tra il ghiaccio e il senza ghiaccio, mi viene in mente una discussione alimentata da quei liquidi stupefacenti: mi ritrovo su un balcone che affaccia sul canale di Kreuzkölln a parlare con un critico letterario e un esperto di poesia egiziana. Mi presentano a loro come scrittore, cosa che mi mette sempre a disagio, e immediatamente parte la discussione. Il critico letterario, inglese, chiede: “Quale devono essere le grandi qualità di uno scrittore?”.
L’esperto di poesia egiziana, finlandese, mi guarda, aspettando la mia risposta.
Raccolgo la sfida e, senza pensarci troppo, dico: “Empatia e capacità di creare mondi e trasfigurare la realtà”.
Risposta sicura ieri sera, che questa mattina, con la luce del sole e i postumi da sbronza, ha cominciato un po’ a traballare.
Dicono “in vino veritas”.
Chissà se vale ancora quando oltre al vino c’è un bel po’ di Jameson distillato tre volte…
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