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To kill a mockingbird di Harper Lee

Creato il 06 ottobre 2015 da Anncleire @anncleire

To kill a mockingbird di Harper Lee

I said I would like it very much, which was a lie, but one must lie under certain circumstances and at all times when one can’t do anything about them.

“To kill a mockingbird” è il famosissimo romanzo di Harper Lee tradotto in italiano come “Il buio oltre la siepe”. Uscito nel 1960, è una di quelle storie dal valore universale, che supera il suo tempo e parla a tutti, anche e soprattutto oggi. Finalmente sono riuscita a leggerlo in occasione della Banned Books Week. Il libro infatti è nella lista dell’ALA come proibito dalle scuole e di certo non è un libro che passa in osservato e di fatti solo un anno dopo la sua prima pubblicazione, nel 1961 vince il premio Pulitzer. Tra l’altro lo scorso luglio per HarperCollins è uscito un sequel “Go Set a Watchman” ambientato 20 anni dopo i fatti di “To kill a mockingbird”, la cui traduzione italiana uscirà il 19 novembre con il titolo “Va’, metti una sentinella”. Insomma un romanzo da conservare nel cuore.

In una cittadina del profondo Sud degli Stati Uniti l'onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d'ufficio di un negro accusato di violenza carnale. La vicenda, che è solo l'episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo dell'infanzia che è un po’ di tutti noi con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte, in pagine di grande rigore stilistico e condotte con bravura eccezionale.

È un peccato come abbia passato anni e anni senza conoscere questo libro. Ed è un peccato che lo abbia letto in lingua, perché purtroppo il linguaggio un po’ desueto e la parlata del sud degli Stati Uniti mi ha un po’ rallentato la lettura. Ma adoro leggere in lingua perché permette di cogliere sfumature che a volte, inevitabilmente, si perdono con la traduzione. Ma Harper Lee ha descritto una storia talmente universale che è impossibile non innamorarsene, è impossibile non riconoscerne la grandezza. Sono pochi quei libri che sembrano svegliarti dal torpore e aprirti gli occhi e questo è uno di quelli. La scelta di affidare la narrazione alla piccola Jean Louise Finch, soprannominata Scout,  sia stata vincente, perché in qualche modo ci facilita la comprensione degli eventi, anche quando sembrano più grandi di questo scricciolo di bambina, affondata nella cultura dell’Alabama degli anni trenta e cresciuta con la convinzione che si, esiste un’unica categoria di persone, la gente. C’è poco da fare, non c’è pregiudizio che regga ai suoi occhi, ma a quelli della comunità ogni differenza cresce per fagocitare ogni briciolo di verità e di giustizia.

Scout ci racconta la sua vita, quella semplice di un padre solo, avvocato, che si affaccenda per curare gli affari di una comunità rurale che spesso può solo pagare con un pugno di spiccioli o con il ricavato del lavoro della terra. Atticus Finch è il padre che tutti vorremmo avere. Severo quando serve, un vero gentiluomo, con la capacità di imporsi senza alzare la voce, la parlata serafica di chi sa il fatto suo, con valori forti, che superano gli schieramenti e i protagonismi di una città che cerca di mantenere lo status quo. Ma Finch è il prescelto in una situazione difficile, il personaggio a cui affidare la difesa di un uomo che solo perché ha un colore della pelle diverso, viene visto con disgusto. Atticus Finch è un uomo giusto che cerca di guardare oltre le parole facili che il resto dei suoi concittadini sembra gettargli addosso, eppure in un certo qual modo non rinuncia mai a sé stesso e alle sue potenzialità. Lottare per un mondo giusto, per una giustizia che sia universale non è mai tempo sprecato, e si inizia sempre da qualche parte anche se sembra che le porte ti vengano sbattute in faccia. Atticus ci prova, anche quando tutto sembra lottare contro di lui, e cerca di insegnare ai suoi figli ad essere rispettosi, grati, gentili anche con le persone che sembrano diverse e strane e irraggiungibili. Jem e Scout vivono la loro vita assorbendo gli insegnamenti del padre in una comunità ricca e variegata che cerca di stare al passo con i tempi, rispettando le tradizioni e confidando nei principi che hanno guidato i loro padri e i loro nonni e tutte le generazioni precedenti. Ma se anche una tradizione è consolidata non vuol dire che sia giusta. Ed è questo forse il più grande valore che la Lee ci lascia, questo senso di lotta, di rovesciamento delle ingiustizie, in un clima che è tutt’altro che semplice, e in un mondo che sta per affacciarsi sulla seconda guerra mondiale.

L’ambientazione è molto curata, Maycomb la cittadina in cui si svolgono i fatti è la rappresentazione dell’America rurale degli Stati Uniti del Sud, in cui la schiavitù dei neri non è ancora un lontano ricordo. Una cittadinanza che crede nella superiorità dei bianchi, con l’ufficio postale, il liceo e tutti quei piccoli mattoncini che costruiscono le cittadine degli USA affaccendate nei propri affari ma sempre con il naso in quelli altrui. Uno spaccato tanto vero quanto a volte terribile, con i pettegolezzi che si rincorrono e il senso di comunità che si sviluppa. Bello e terribile allo stesso tempo.

Il particolare da non dimenticare? Una camelia…

Un libro che parla dritto al cuore con il cuore di una bambina e una verità universale da proteggere, una storia meravigliosa e terribile, incredibile e sconvolgente, che sfugge a qualsiasi definizione e resta a scongiurare di cadere negli stessi errori, che implora di avere una mente libera da pregiudizi e abbracciare il diverso. Una storia tanto vera quanto attuale. Da leggere, assolutamente.

Buona lettura guys!


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