Ravenna, Bronson.
Nel 2010 i To Kill hanno annunciato la volontà di sciogliersi, una notizia che ha colpito a sorpresa tutti coloro che da dieci anni seguivano le gesta della band e le avevano permesso di imporsi come una delle formazioni più influenti all’interno della scena hardcore (non solo) nazionale. Un obbiettivo raggiunto attraverso dischi usciti per label internazionali quali Catalyst, GSR, Let It Burn (nonché l’italiana Still Life) e interminabili tour, che li hanno visti percorrere in lungo e largo il Vecchio Continente e toccare anche gli USA, spesso in compagnia di nomi di prima grandezza (come i Raised Fist), oppure all’interno di festival come il Fluff. Nel mezzo i To Kill hanno sempre fatto attenzione a non perdere di vista il contatto con i propri principi e il proprio coinvolgimento in prima persona, non solo nella scena ma anche in temi sociali e nell’ambientalismo (si veda l’ep Maelstrom, i cui proventi sono stati donati interamente a Sea Shepherd). Per chiudere in bellezza era mancato solo il saluto ai fan, un breve tour che avrebbe dovuto vedere la band abbracciare ancora una volta il suo pubblico e gli amici di sempre. Sono passati quattro anni, appunto, prima che l’occasione si presentasse e si potesse mantenere la promessa (con due date a Ravenna e a Roma), non semplici concerti ma vere e proprie feste da condividere in primis con chi sul palco insieme ai To Kill c’era già stato e magari aveva anche macinato in furgone qualche migliaio di chilometri in tour.
La serata di Ravenna è stata aperta dall’hardcore old-school dei giovani La Prospettiva, formazione che scalda a dovere le prime file e propone una formula energica e veloce ricca di anthem e stop&go. Manca ancora un pizzico di personalità, ma il piglio è quello giusto e i brani colpiscono nel segno.
Dopo di loro tocca agli Holy, artefici di un hardcore venato pesantemente di crust e power-violence, per un risultato finale in cui velocità e rabbia vengono a tratti stemperate dal groove, senza che ciò faccia mai venire meno una marcata vena iconoclasta nel sound. Un paio di parole spese tra i brani (circa la coincidenza con una data che qualcuno vorrebbe si smettesse di celebrare e sull’importanza di essere presenti in questa occasione speciale) rendono chiaro come anche per gli Holy hardcore voglia dire qualcosa in più che semplici note in fila e voglia di far casino insieme.
La temperatura dentro al locale comincia a scaldarsi e il pubblico riempie la grande sala concerti del Bronson, per l’occasione circondata di banchetti con dischi, maglie e quant’altro possa far la felicità degli accorsi. A far calare definitivamente le tenebre ci pensano gli Hierophant, che presentano il loro lp Great Mother: Holy Monster, una colata di lava che ricopre ogni cosa incontri e che ha dalla sua sia la furia dell’hardcore sia il nichilismo del black, senza scordare una patina di sludge che ne rende ancora più malsani gli umori. Sicuri sul palco e intensi nella loro cavalcata tra riff e bordate di basso, gli Hierophant sembrano aver condotto la serata verso un punto di non ritorno. Con una mossa a sorpresa, invece, arrivano sul palco i compagni di mille avventure dei To Kill, ovverosia i Jet Market, una formazione che al contrario di chi l’ha preceduta appare solare e legata alle varianti più melodiche dell’hardcore e, in parte, più vicine al sentire punk, guidata da un’evidente voglia di condividere emozioni e divertirsi insieme che ne permea l’intero set. Anche loro sono ai saluti finali, anche loro si sono sciolti un po’ di mesi fa e tornano sul palco solo per festeggiare con i To Kill, come già sottolineato amici di una vita.
Quando tocca ai festeggiati, si comprende come la loro mancanza sia ancora sentita da chi li ha sempre seguiti: alcuni sono palesemente emozionati, altri non smettono di cantare i testi a memoria, molti sono amici che hanno colto l’occasione per stare ancora una volta insieme. Sotto il palco si forma il classico pit, con gente che si tuffa, si accalca intorno al microfono – che Josh condivide spesso con i presenti – e che chiama a gran voce i componenti del gruppo, in apparenza notevolmente emozionati ma ancora compatti come non fosse passato un giorno. I brani scorrono come un fiume in piena, ogni tanto si ringrazia chi ha voluto partecipare, si ricorda chi combatte per un mondo più umano e in sintonia con la natura, si ricorda il valore di questa giornata e il suo significato storico, si sottolinea come questo purtroppo sia un addio definitivo e non una reunion, ma anche come sia una festa da vivere con gioia e senza malinconia. Il finale è lasciato tutto al pubblico che canta, sale sul palco e abbraccia nel vero senso della parola i To Kill. È un abbraccio collettivo, una vera celebrazione senza retorica, un gesto di amicizia che prende al cuore in primis chi ha suonato sul palco e sa che manca ormai solo la data di Roma per chiudere per sempre dieci anni di vita insieme, ma non il rapporto forte che hanno creato. Una gran serata che ha riportato indietro le lancette e ha saputo raccontare una storia che va oltre la musica. Inutile aggiungere altro.
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