La bicicletta è sempre stato un mezzo concreto e d’immaginazione. Strano? No, se si pensa che con lei si sono sognati e poi realizzati viaggi di ogni genere. Intorno al mondo, in India per ritrovare sé stessi o nell’immensa America per riprendersi la libertà di scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo. Certe volte, anzi molto spesso, i percorsi non sono solo fatti di chilometri, scavano in profondità e sono un po’ il pretesto per lanciare messaggi in modi nuovi.
Alessandro Vanotti che nelle sue stagioni da professionista di chilometri intorno al mondo ne ha fatti tanti, desiderava andare a Roma in bicicletta per incontrare il Papa da quando era un Under ma non era mai riuscito ad organizzare questa piccola grande impresa.
“Tutto si è concretizzato casualmente” spiega Alessandro, “quando ho conosciuto don Andrea, parroco di Martinengo in provincia di Bergamo. Nel febbraio 2015 abbiamo cominciato a contattare un po’ di gente e chiedere se avessero voglia di accompagnarmi. Don Andrea ha radunato gli Amici del Gruppo Ciclistico Martinengo che sono stati subito contenti di partecipare. Abbiamo quindi organizzato questo progetto e abbiamo voluto dargli un significato speciale, come se fosse un vero e proprio percorso sociale e di crescita.”
“Lo scopo di questo viaggio” spiega Alessandro. “Non era di beneficenza come si può pensare, piuttosto la nostra intenzione era quella di lanciare un messaggio simbolico incontrando realtà delle quali non si occupa mai nessuno: andare a trovare i carcerati, gli anziani, la gente che abita nei quartieri più difficili delle città. Sembra scontato ma certe cose bisogna vederle da vicino, toccarle con mano per comprendere la sofferenza e anche il desiderio di rinascita, di riscatto.”
Che alla fine anche la bicicletta è un messaggio. Cadi e ti rialzi, cento e mille volte. Perché il traguardo è più forte di tutto.
“Durante la prima tappa” racconta Alessandro. “Ci siamo quasi persi. In mezzo al traffico non è semplice stare uniti, anche la logistica è stata complicata da definire. Abbiamo affrontato la Cisa e sono rimasto stupito da quanto sia impegnativa, non avevo mai avuto l’occasione di fare questa salita e non me l’aspettavo così lunga. Il tempo poi non è stato clemente: faceva freddo e pioveva. Siamo arrivati a Pontremoli dove ci aspettavano le ragazze del carcere minorile: hanno preparato un bellissimo murales e offerto la merenda.
Abbiamo scelto di dare senso al percorso in ogni sua tappa proprio perché anche il Papa è molto sensibile verso queste realtà. Molto spesso nemmeno i genitori si recano in carcere a trovare i loro figli e questo crea immensa solitudine tra persone che stanno cercando di ricostruire la propria vita.”
E’ un po’ come la classica pedalata di fine stagione ma assolutamente innovativa. Alessandro pedala con i suoi amici e, allo stesso tempo, sulla strada ne incontra di nuovi. Tifosi sparsi nell’arco di quei chilometri sognati fin da quando era un ragazzino.
“La seconda tappa è stata quella più dura” scherza lui. “Quasi otto ore di bici verso Siena. Ci aspettava un incontro con gli anziani di una casa di riposo. Eravamo talmente in ritardo che continuavano a chiamarci al telefono, preoccupati. In realtà tutto è andato per il meglio, abbiamo solo fatto molta fatica!”
Il terzo giorno, invece, le colline toscane hanno addolcito i chilometri. Alessandro spiega che anche il paesaggio ha reso queste tappe indimenticabili. La grande emozione è stata arrivare fino al centro di Roma in bicicletta, impresa non facile se si pensa al traffico alla quale è sottoposta la Capitale ogni giorno. L’oratorio della Garbatella è l’ultima tappa di questo viaggio intimo e straordinario nella sua semplicità.
“L’incontro con il Papa” spiega Alessandro. “E’ stato un po’ difficile e questo è normale. Eravamo in piazza San Pietro e tutti lo volevano toccare, gli volevano dire una parola. Io gli ho donato la maglia della squadra con dedica e abbiamo consegnato a lui tutti i regali e simbolicamente le nostre esperienze di quei giorni. E’ stato un viaggio unico, che aspettavo da tanto. E adesso vorrei che ogni anno ci possa essere un momento come questo. Una sorta di pedalata di fine anno che chiuda la stagione ma con un significato diverso: un pretesto per lanciare messaggi importanti.”
La bici è di nuovo un simbolo. La strada è di nuovo un filo infinito che non si spezza e collega tutti. Il viaggio è ancora un modo per guardarsi dentro e allo stesso tempo aprirsi agli altri. Scoprire la vita nelle sue sconfitte, nelle sue rinascite.
Pedalare è ancora uno dei modi migliori per parlare di libertà. E di amore.