di Terrence Malick (USA, 2012)
con Ben Affleck, Olga Kurylenko, Rachel McAdams, Javier Bardem, Romina Mondello
VOTO: **/5
Parlando del suo film precedente, The Tree of Life (vedi qui) ci eravamo lasciati con un dubbio amletico: capolavoro incommentabile, indecifrabile, o 'solo' un clamoroso esercizio di stile, pur se visivamente affascinante? A un anno e mezzo di distanza (praticamente ieri, per un regista che ha diretto sei film in quarant'anni) torniamo a porci la stessa domanda su Terrence Malick, ovvero: c'è o ci fa? Tradotto: abbiamo sempre sostenuto che Malick non è un regista 'per tutti' (nel senso meno snob possibile, intendendo semplicemente che non tutti - giustamente! - sono in grado di apprezzare il suo stile contemplativo, faticoso, dilatato, che richiede una capacità di 'resistenza' da parte dello spettatore che non sempre si è disposti a concedere). Però con questo To the wonder... per così dire, il regista texano torna diabolicamente sul luogo del delitto, e allora i dubbi che già si insinuavano in The Tree of Lifequi acquistano decisamente forza: ovvero, capolavoro che trascende ogni tipo di sintassi filmica, oppure beffarda presa in giro di un cineasta che ha ormai poco da dire e si approfitta impunemente dell'aura di 'misticità' che si è guadagnato in questi anni?
La risposta probabilmente non l'avremo mai, o forse è dentro ognuno di noi, in base alla propria sensibilità e formazione cinematografica. Certo è che questo To the wonder appare ancora più 'estremo' di The Tree of Lifeper capacità di fruizione: due ore di autentico delirio visivo, dove Malick rovescia sul (malcapitato?) spettatore una quantità industriale di immagini surreali e ripetitive, apparentemente (?) scollegate l'una dall'altra, e lo stordisce con dialoghi minimi e ai limiti del paradosso: è già 'cult' l'unica battuta pronunciata (in italiano!) nei suoi unici 4 minuti di scena da Romina Mondello, una delle tante attrici 'sfigurate' dal montaggio definitivo: "Io sono l'esperimento di me stessa". Ma va detto che anche agli attori protagonisti non va molto meglio: tra Ben Affleck, Olga Kurylenko, Rachel McAdams e Javier Bardem, alla fine nessuno di loro pronuncia più di cinquanta parole in tutto il film! La penna 'avvelenata' di qualche critico ha anche scritto che se, per errore, un proiezionista montasse le 'pizze' al contrario, ovvero prima il secondo tempo e poi il primo, non se ne accorgerebbe nessuno...
Sia chiaro: Malick è ancora un genio dell'inquadratura e delle riprese, ed è impossibile non restare affascinati da certi tagli di scena. Però dopo venti minuti di questa sbornia visiva è difficile concentrarsi ancora su quello che si vede sullo schermo. E se in The Tree of Life si intravedeva almeno una morale di fondo (la capacità dell'uomo di gestirsi e sopravvivere, l'ipotesi di vita dopo la morte, la Natura come unica governante del mondo), questo To the wonder appare abbastanza banale anche come 'trama', ammesso che si possa chiamarla così: è, in fin dei conti, semplicemente la storia di un triangolo amoroso e della solitudine di un uomo (il prete interpretato da Javier Bardem), probabilmente autobiografica. Ma si fa davvero tanta, tanta fatica a vederci qualcosa di cinematograficamente sorprendente, aldilà della 'confezione'.
Olga Kurylenko e Romina Mondello, a Venezia
La verità è che Malick sembra aver perso completamente ogni interesse verso la comunicazione con lo spettatore. Forse lo fa in buona fede, forse è il suo modo attuale di fare cinema e non sa farlo in altro modo. O forse disprezza proprio lo spettatore-medio, non ritenendolo all'altezza dei suoi lavori e fregandosene di ogni logica produttiva e commerciale. Forse.Però una cosa è certa: il cinema è arte diversa dalla musica, dalla letteratura, dalla poesia e dalla pittura, e Malick non sembra più rendersene conto. Il cinema, a differenza di un libro o di un quadro, 'vive' se c'è un contatto con il pubblico, 'esiste' se ci sono gli spettatori in sala. Perchè un film proiettato in una sala vuota è un film che non esiste. E se Malick intende infischiarsene del pubblico, proseguendo per la sua strada, non sarà più un regista. I suoi lavori saranno sempre arte, ma il cinema è un'altra cosa.