20 SETTEMBRE - Dieci anni non sono pochi per un Festival, soprattutto in tempi di “vacche magre” per tutto ciò che è cultura e dintorni come quelli stiamo vivendo. Il “Tocatì”, la manifestazione nata da un’idea dell’Associazione Giochi Antichi (AGA) nel 2003, si appresa a festeggiare quest’anno proprio il decimo anniversario di vita e ovviamente non può che essere considerato un piccolo grande evento per la città scaligera, che si appresta così, nelle giornate del 21, 22 e 23 settembre, ad accogliere centinaia di migliaia di persone. No, non sono numeri esagerati: l’anno scorso arrivarono in riva all’Adige per giocare alla lippa o alla morra, al calciobalilla o allo s-cianco oltre trecentomila persone e i numeri, per questa decima edizione, saranno destinati a rimanere tali, favoriti anche dal bel tempo che si preannuncia per tutto il weekend. Beninteso, non sarà, questa, una kermesse autocelebrativa, anche se comunque sarà possibile “gustare” una rassegna che vuole proporre il “meglio” di quanto offerto nelle precedenti nove edizioni. Un “best of”, per dirla all’inglese, che in qualche modo vuole omaggiare tutti coloro che hanno permesso alla manifestazione di crescere nel tempo e raggiungere la dimensione internazionale di oggi. E così i primi anni di attività (2003-2005) saranno ricordati con la presenza al festival dei principali giochi provenienti dalle 20 regioni italiane (oltre a quelli già ricordati non mancheranno il ciclotappo, il tiro alla fune, la corsa dei botti, il barandello, il fiolet e tanti altri), mentre i successivi cinque (2006-2010) dalla presenza delle cinque nazioni che hanno caratterizzato con la loro presenza quelle edizioni: Spagna (presente con il Salto del Pastor, un gioco proveniente dalle Canarie), Croazia (Prevrtanje, altri
pastori in equilibrio precario), Scozia (presente con due giochi, il divertentissimo l’Hand Ba’ – scopo? portare la palla dall’altra parte del villaggio…ma in mancanza di Highlands ci “accontenteremo” di vederlo in lungadige Riva Battello – e il Singlestick, una sorta di scherma), Grecia (con gli oliatissimi lottatori di Kispetia) e, infine, Svizzera (con il Kegeln, gioco di birilli delle valli bernesi). In più, vera e propria ciliegina sulla torta, a rappresentare un ideale ponte con l’edizione d2011 – che per la prima volta ha visto anche varcare i confini europei – un gioco proveniente dal Messico dal tremebondo nome: la “Palla infuocata”, una sorta di spettacolare danza rituale, che si svolgerà nella suggestiva cornice del Teatro Romano.
“La filosofia del festival non cambia rispetto al passato” spiega il vicepresidente dell’AGA Giuseppe Giacon. “Immediatezza nell’approccio, esibizioni di giochi tradizionali nel centro storico, ma soprattutto effettiva partecipazione ai giochi degli spettatori, i quali sono vere e proprie parti attive e indispensabili dell’evento”. In questo senso è indubbio che il Tocatì sia davvero un festival unico nel suo genere, dove lo spettatore non si limita ad un ruolo passivo, ma è in tutto e per tutto un elemento fondamentale della manifestazione. La cui importanza a livello nazionale (e non solo) risiede proprio nella consapevolezza che i giochi rappresentano straordinari narratori di genti e luoghi: è ormai chiaro che, attraverso la conoscenza del gioco tradizionale e alle sue origini, ci si può avvicinare anche (e soprattutto ) alla storia del nostro popolo e dell’uomo in generale. Capire l’origine del gioco delle “slitte con la legna” nato in Trentino o la “corsa della cannata“, corsa per sole donne (con tanto di anfora piena d’acqua di oltre 15 kg sopra la testa) proveniente dal Lazio è capire anche mentalità, ambienti, situazioni geografiche e storiche, oltre che culturali. “Il gioco fa parte della natura umana e non è solo limitato all’infanzia o all’adolescenza, ma è una fase che dura tutta la vita ed è una maniera indispensabile per relazionarsi con gli altri”. Ed è indubbio che a giocare sono si, i bambini, ma soprattutto gli adulti, che utilizzano (come peraltro fatto in natura dagli animali) il gioco a scopo educativo, ma allo stesso tempo come forma di comunicazione all’intero di gruppi sociali o comunità più estese.
Riflessioni, queste, che verranno peraltro affrontate nel Forum di Cultura Ludica organizzato dalla SIMDEA, l’Associazione dei Musei DemoAntropologici Italiani, la cui proposta che si concentra sul gioco, completa quella più ampia del Tocatì, concentrata sul giocante. Un connubio, insomma, che permetterà, a chi lo desidera, di abbracciare il tema sotto tutti i punti di vista. Fra l’altro il programma di incontri, anche quest’anno, risulta particolarmente ricco: fra i tanti eventi in cartellone (che si può scaricare dal sito www.tocati.it) segnaliamo quello di sabato mattina alle 9 in Sala Farinati della Biblioteca Civica dal titolo “War Game? No more!” in cui Nicola Rovetti spiegherà come il gioco può essere utilizzato a scopo riabilitativo per i bambini ex soldato (e quindi con esperienze di vita particolarmente traumatiche e devianti) e quello, a seguire sempre in Sala Farinati, alle 11 dal titolo “Giochiamoci il futuro” con Armando

Fra questi uno senz’altro fondamentale risulta da sempre essere la meravigliosa location: il centro storico di Verona. Un luogo riconosciuto persino Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e che aggiunge ulteriore fascino ad una manifestazione che permetterà – fra l’altro – anche di scoprire (o riscoprire) tanti angoli spesso sconosciuti agli stessi abitanti della città di Romeo e Giulietta.
“Il Tocatì permette di interpretare in un nuovo modo lo spazio pubblico. Ci sono esibizioni, come quella del Parkour (disciplina acrobatica che utilizza l’arredo urbano come parte intrinseca della sua espressione, ndr), che indubbiamente vanno verso questa direzione e Verona risulta a dir poco perfetta per questo tipo di manifestazioni, perché con la sua dimensione intima contribuisce a creare un clima di serenità e spensieratezza che non si disperde, come accadrebbe invece in una grande città. Non a caso per riuscire a trovare un analogo successo di un festival dedicato al gioco tradizionale bisogna andare a Bruges, in Belgio, in una cittadina dalle dimensioni ancora più ridotte rispetto a Verona” spiega ancora Giacon.

Ernesto Kieffer


