Morita Yoshimitsu (1950-2011)
Davvero inaspettata la triste notizia giunta ieri della morte del regista Morita Yoshimitsu per grave insufficienza epatica all’età di 61 anni. Con una carriera trentennale e 28 titoli all’attivo, Yoshimitsu verrà ricordato, ed è già entrato di diritto nella storia del cinema giapponese, per quella che è senza dubbio la migliore commedia nipponica degli anni 80 (senza dimenticare, però, quelle di Itami Juzo dellos tesso periodo) che fa a pezzi il concetto di famiglia modello facendone emergere tutte le sue – spassose – disfunzioni andando ad indagarne la quotidianità tramite la figura, quasi “alla Teorema” di pasoliniana memoria, di un outsider, un’altra figura tipica della società giapponese: quella del katei kyoshi, un insegnate privato estremamente sui generis che farà saltare i rapporti famigliari. Kazoku geemu (titolo internazionale Family Game) è, anche per chi scrive, un capolavoro acuto e divertentissimo, pieno di trovate azzeccate e leggere pennellate di critica sociale, con un finale geniale che rimane impresso nella memoria. Tra le scene migliori sicuramente ci sono quelle che si svolgono - non attorno ma – “dietro” la tavola da pranzo, tanto che il titolo di questo articolo vuole essere proprio un affettuoso omaggio all’originale uso e funzione che ne fa il regista in questo suo capolavoro.
Ma non di sole commedie è fatta la carriera di Morita. Dopo aver esordito nel 1978 con lo sperimentale Drive in Chigasaki si è distinto per il particolare gusto nell’adattamento di romanzi classici e contemporanei grazie ai quali ha raggiunto la fama e il successo commerciale, partendo dal Sorekara (1985) di Natsume Soseki per arrivare a Kitchen (1989) tratto da Banana Yoshimoto. Altri titoli da citare sono sicuramente il comedy-drama Ashura no gotoku (2003) e il simpatico omaggio a Kurosawa con il remake di Tsubaki Sanjuro (2007). La sua ultima fatica uscirà purtroppo postuma nel marzo 2012; si tratta di Bokukyu: A ressha de iko (Take the “A” Train) con protagonisti le star Matsuyama Ken’ichi e Eita. Qualunque siano i meriti del film, andrà comunque accolto e rispettato come l’ultimo capitolo della carriera di un regista che ricorderò sempre con stima ed affetto.Saraba da, Morita kantoku!
EDA