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La sorpresa © Gli occhi scuri e profondi di Gabriella, si aprivano stanchi sul suo viso sfiorito. Due gocce di petrolio in contrasto ad una pelle bianchissima, quasi diafana. I capelli neri, avevano iniziato a striarsi di ciocche argentate, ed i suoi ricci non compivano più delle perfette piroette. La donna fece scorrere due dita sulle rughe intorno alla bocca ed agli occhi, promemoria di ogni sorriso ed ogni lacrima caduta. Si fissò alla specchio e provò a richiamare alla memoria l’immagine di sé, nel fiore degli anni, quando camminava per la strada percependo ogni sguardo che le si posava addosso, quando si crogiolava nel calore della sua ingenua vanità. Il suo aspetto era stato croce e delizia della propria esistenza.
Cresciuta in un paesino troppo stretto per contenere lei ed i suoi sogni, era scappata seguendo una zia chiamata a lavorare lontano. Da subito aveva notato la differenza tra la vita sempre uguale del paese e quella frenetica della città. Tutto era più grande, più veloce, più intenso. Si abituò presto ai nuovi ritmi e non ci mise molto a conquistare le attenzioni dei ragazzi e per tutti divenne “la bella Gaby”. Ogni giorno della sua nuova vita ringraziava il treno che l’aveva portata via dalle invidie e dalle malelingue delle persone che non la capivano, che non potevano accettare le sue ambizioni. Visse allegramente e spensieratamente la sua nuova condizione finché non gli capitò di inciampare nell’amore. In molti l’avevano corteggiata, ma solo uno riuscì a conquistarla.
Il fantasma della ragazza che era stata si sovrappose all’immagine accartocciata nello specchio e per un istante riuscì ad illudersi di poter tornare indietro nel tempo, poi il campanello suonò, la bella Gaby si dissolse nel nulla, lasciando nello specchio una donna sola ed increspata. Scosse la testa, sospirò ed andò ad aprire la porta. «Ciao mamma!» esclamò Carlotta, la sua primogenita.
Carlotta aveva da poco compiuto 40 anni ed il tempo non era stato clemente con lei. Sembrava quasi più vecchia di Gabriella ed era indubbiamente più stanca. Madre di due bambine meravigliose, moglie devota e lavoratrice instancabile, aveva passato la sua vita a fare tutto per gli altri, dedicando poco tempo a se stessa. Il risultato erano capelli arruffati, vestiti sciatti e occhiaie perenni. Nonostante questo, però, sorrideva sempre, felice e soddisfatta della propria vita.
«Carlotta… che ci fai qui?» le chiese Gabriella, facendosi di lato per farla entrare. «Devo prendere Alice alla scuola di danza, ma sono in anticipo…» rispose «Ho pensato di farti un saluto… disturbo?» «Non essere ridicola! Non ho niente da fare oramai…» «Oh, mamma… non ricominciare! Hai lavorato abbastanza, goditi la pensione!» la riprese la figlia, slacciandosi il cappotto. Gabriella sollevò gli occhi al cielo e sospirò. «Va bene, sto zitta… ti faccio un caffè?» Carlotta annuì e si sedette sul divano. «Papà?» domandò. «Al circolo… o dal nonno… non lo so. Ultimamente non mi dice più niente sui suoi spostamenti…» rispose distrattamente la madre, aprendo la credenza per prendere la caffettiera. «Tutto bene?» si preoccupò la figlia. Gabriella non rispose, fece un piccolo cenno con il capo e cambiò discorso: «Alice non dovrebbe essere in vacanza? Che ci fa a scuola di danza?» «Stanno preparando il saggio…» rispose la figlia. «Non lo hanno appena fatto?» «Quello di natale, sì… questo è per la befana!» «Santo cielo! Non avranno intenzione di farla ballare per ogni minima festività, vero?» si scandalizzò Gabriella. «A lei piace…» sdrammatizzò Carlotta «Finché non si lamenta lei…» «È una bambina! Di cosa dovrebbe lamentarsi?» «Appunto! Se è contenta lei, sono contenta io…» La madre scrollò le spalle ed andò in cucina a preparare il caffè. Al suo ritorno trovò la figlia intenta a rigirarsi un foglio tra le mani. «Cos’è quello?» domandò Gabriella, posando il vassoio con le tazzine di caffè, sul tavolino. «Oh… un tema…» «Un tema?» si incuriosì, sedendosi accanto alla figlia. «Sì, è di Serena… me lo hanno dato le maestre prima che finisse la scuola… non sapevo se fartelo leggere…» «A me?» Carlotta annuì. «Le hanno chiesto di descrivere una persona importante della sua vita...» spiegò alla madre. «E lei ha descritto me?» si stupì Gabriella. «Non proprio…» Gli occhi di Carlotta vibrarono di una strana luce, le porse titubante il foglio, ed attese che la madre lo leggesse. La donna recuperò gli occhiali da vista, prese il tema della nipotina e lesse.
“Descrivi fisicamente e caratterialmente la persona più importante della tua vita.
La persona più importante della mia vita ovviamente è la mia mamma. Lei è una donna bellissima e buonissima. È talmente buona che per non far sentire tutte le altre brutte, non si mette i vestiti belli, si mette quelli normali. Non si trucca e non si pettina bene, così quando la mamma di Lorena arriva in pigiama a scuola perché ha fatto tardi, non si mette vergogna, anzi, sorride alla mia mamma, che secondo me vuol dire che la ringrazia. La mia mamma ha sempre tempo per me e mia sorella, e quando non ne ha, lo trova. Non ci dice mai di no e ci insegna cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il mio papà dice sempre che senza di lei si sarebbe perso. Non lo so di preciso cosa vuole dire, lui è un papà, non dovrebbe perdersi come i bambini, ma quando lo dice, mamma diventa rossa e le luccicano gli occhi, quindi credo che sia una di quelle cose che non posso capire ancora. La mia mamma è l’unica mamma al mondo che sa cucinare la verdura. Quando la cucina lei, infatti, mi piace tanto. Quella della scuola, invece, non si può proprio mangiare. Forse dovrebbero farla cucinare a lei, allora sì che tutti la mangerebbero. La mia mamma mi racconta sempre un sacco di storie ed ogni tanto canta le canzoni della radio. Mi fa sempre ridere e non si scorda mai quello che le dico. Certe volte le chiedo come ha fatto a diventare una mamma così brava, e lei mi risponde che glielo ha insegnato nonna Gabriella. Io penso che mi dica una bugia, però. Nonna Gabriella non somiglia per niente alla mia mamma. È bellissima pure lei, ma è sempre triste. Non ride mai, non canta mai e non ha mai tempo per noi… o per la mia mamma. Per esempio: ogni anno, a Natale, la mia mamma prepara i biscotti di pan di zenzero e li fa che ci somigliano. Fa quello uguale al nonno, quello uguale a papà, quello uguale ad Alice, quello uguale a nonna e così via. Li prepara per tutta la notte e per tutta la famiglia, poi li regala. Tutti sono felici quando li ricevono, nonna Gabriella, invece, guarda i suoi e le dice sempre “tuo fratello è uscito diverso” e la mia mamma risponde “Sarà perché non lo vedo da tanto” e poi iniziano a litigare, ed io penso che non è giusto. Anche se la mamma non ha fatto bene lo zio, la nonna non dovrebbe dire niente, perché la mamma è stata sveglia tutta la notte per farli. E poi, io lo zio non l’ho mai visto, quindi non posso dire se la nonna ha ragione, ma anche se avesse ragione, sbaglia a rendere triste la mia mamma. Insomma, non capisco come può essere che la mia mamma ha imparato dalla sua ad essere come è, anzi, io penso che dovrebbe essere la nonna ad imparare dalla mia mamma come fare la mamma! Secondo me, sarebbe una mamma ed una nonna migliore!”
Gabriella sollevò lentamente gli occhi, velati di lacrime, dal foglio. «Lo ha scritto Serena?» Carlotta annuì. «E tu lo sapevi che tua figlia pensava queste cose di me?» continuò a chiedere. «Non ne avevo la minima idea… ogni tanto mi chiedeva perché fossi sempre triste, ma da qui a credere ti considerasse…» «Cattiva?» «Ingiusta» ribatté Carlotta. «Cattiva, ingiusta… che cambia? Tua figlia mi odia!» «Oh, mamma! Ti prego! Serena ha solo 9 anni, non ti odia! Non ti capisce… tutto qui…» Gabriella si guardò le mani con un’espressione vuota. «Non mi capisce… però capisce che sono una pessima madre…» una lacrima cadde pesante sul palmo della mano aperta «Anche una bambina di 9 anni lo ha capito…» «Adesso basta! Non te l’ho fatto leggere per incentivare la tua autocommiserazione…» proruppe la figlia. «E perché me l’hai fatto leggere?» «Perché voglio che tu reagisca! Quando dico alle mie bambine che mi hai insegnato tutto tu su come fare la mamma, dico la verità! Se loro mi reputano tanto speciale è perché ho imparato da te a cantare, a raccontare le storie… ad avere tempo per loro, sempre!» «Carlotta…» «No, mamma!» la interruppe «Dico sul serio! Devi reagire! Sono passati 10 anni!» «E cosa dovrei fare?» inveì Gabriella, alzandosi dal suo posto sul divano «Dimenticare di avere un figlio? Accettare l’idea che non lo rivedrò più per il resto che mi manca da vivere?» «No!» rispose con calma Carlotta «Ma devi smetterla di sentirti responsabile! Non è colpa tua se è andato via…» «E di chi è la colpa?» «Di nessuno, mamma… non è colpa di nessuno… non di papà, non tua… non mia» Carlotta si avvicinò alla madre e le prese le mani tra le proprie «Smettila di pensare di aver sbagliato qualcosa… smettila di credere di essere stata tu a soffocarlo… ma soprattutto… fai vedere alle mie bambine chi sei davvero! Non farle crescere nell’idea sbagliata che questa tua versione triste e sfiorita sia la mia mamma! La mia bella Gaby!» Gli occhi di Gabriella si spalancarono udendo quelle parole e si sentì il cuore andare in frantumi. «Carlotta… io…» Prima che potesse finire la frase, però, il campanello suonò nuovamente. Le due donne si guardarono. «Aspetti qualcuno?» domandò Carlotta. «Forse è tuo padre…» rispose la madre. Andò ad aprire la porta e quasi le si fermò il cuore vedendo chi c’era dietro. «Babbo Natale s’è scordato un regalo quest’anno!» esclamò sorridente un ragazzo alto e bello. Gabriella si portò le mani sulla bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime, Carlotta, in piedi alle spalle della madre, sussurrò con un filo di fiato:
«Lorenzo…»
Vera ©
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