Una cosa molto interessante che uno scopre quando ha a che fare con i giapponesi da un po’ di tempo sono i dettagli nei racconti dell’infanzia. Nelle occasioni del ricordo emerge il Giappone della grande bolla economica, quando l’economia cresceva a due cifre e il paese sembrava poter conquistare il mondo, un po’ come la Cina di oggi (la quale speriamo tutti faccia la stessa fine as soon as possible)..
Partirei con un esempio. Chiedo ai lettori nati negli anni ’70 come me: voi ve la ricordate la TV in bianco e nero, vero? Io sono del ’76 e me la ricordo molto bene. Ero piccolo ma neanche tanto quando abbiamo cambiato la TV in salotto dal bianco e nero (senza telecomando, quelle coi bottoni da schiacciare) con una a colori, con telecomando. Quella in cucina invece e’ rimasta in bianco e nero per qualche altro anno ancora. Ricordo che guardavo Lamu’ in bianco e nero in cucina, per cui dev’essere stato fino addirittura all’’84 o giu’ di li’.
Beh, provate a parlare con i giapponesi di TV in bianco e nero: se ne ricordano quelli che hanno dai 40 anni in su, mentre quelli degli anni ’70 come me ti guardano con una faccia che di bocca dice “no, mai avuta in casa” mentre di occhi dice “italiani, terzo mondo. Tsk.”
Ma era il tempo della bolla, no? Andando a spulciare in rete viene fuori che nel marzo del 1966 il segnale TV a colori era disponibile nel 93% del territorio giapponese, mentre la NHK (la loro TV pubblica) ha iniziato a trasmettere tutto a colori nell’ottobre del ’71, abbandonando di fatto il bianco e nero che ormai era obsoleto (per loro). Nel marzo del 1966, per dire, i miei avevano 15 anni e credo andassero ancora a vedere la TV al bar del paese. Nel ’66 l’uomo non era ancora andato sulla luna, e i giappi gia’ trasmettevano a colori al 93% del territorio (che, lo ricordiamo, non significa che il 93% avesse la TV a colori, ma intanto chi voleva se la poteva comprare).
Abbiamo citato solo un esempio, ma il Giappone della bolla e’ molto altro. Quando ne parlano da queste parti lo fanno sempre con un velo di malinconia, forse anche un po’ ingigantito, mitizzato, chi lo sa. Parlano dell’epoca in cui tutti prendevano il taxi, una cosa che deve essergli stata particolarmente a cuore visto che i taxi giapponesi mantengono ancora oggi la forma dell’epoca, che poi e’ praticamente quella della FIAT 131. E’ l’epoca del boom del karaoke, l’epoca dei bar e delle hostess, l’epoca in cui il salaryman spendeva per andare a mangiare a pranzo quanto un impiegato italiano guadagnava in un mese (fonte: calcoli di albino con l’aggiunta di una piccola dose di “per sentito dire”. Insomma, fidatevi), quindi fatevi due conti e pensate quanto poteva arrivare a sputtanarsi a giappine! (le quali tra parentesi ancora oggi ci sfoggiano questi triangoloni di pelo, memoria nostalgica di un tempo che non c’e’ piu’?)
Il ricordo della bolla e’ una cosa strana. E’ qualcosa che aleggia nell’aria, qualcosa di impalpabile che si materializza a volte nei vecchi casermoni di cemento di Tokyo. E’ uno stile architettonico che si ripete nel moderno, che crea questo effetto strano per cui a volte vedi dei palazzi nuovi, ma sembrano ancora degli anni ’60, un po’ come i taxi che conservano il design della Prinz anche se magari sono nuovi di zecca e dentro hanno i GPS da ottocentocinquantaquattro pollici.
Un’altra cosa che succede quando si parla di quegli anni coi giapponesi e’ che ci si sente vecchi. Piu’ vecchi di loro. Noi degli anni ’70 ci ricordiamo Mazinga e Goldrake, ma se parliamo con un nostro coetaneo giapponese veniamo liquidati sempre da “non lo so, li guardava mio padre quelli”. Gia’, perche’ loro negli anni ’70 guardavano gia’ quelli degli anni ’80, come nella barzelletta di Berlusconi che dice al figlio di quattro anni “alla tua eta’ io ne avevo gia’ cinque”. Ed e’ stato cosi’ per tutto, in quell’epoca. A sentir loro erano ricchi, felici, senza nessun problema che li potesse preoccupare. Fino al giorno in cui qualcosa si e’ rotto.
E’ un passato che sembrano voler superare ma che non riescono a dimenticare, un po’ come un innamorato ferito che trascina il suo cuore infranto per anni (e sovente spacca il cazzo agli amici). Ma per noi italiani e’ diverso: sara’ che il nostro boom economico e’ stato molto piu’ modesto, sara’ che abbiamo ben altri passati da ricordare (e da dimenticare, anche) e ben altri problemi per lasciarci andare a nostalgie, ma noi la nostra Dolce Vita l’abbiamo dimenticata da tempo ormai. Loro, sembra, non ancora. E allora allo straniero viene un po’ la curiosita’ di sapere. Sapere com’erano questi meravigliosi anni del boom, dal dopoguerra fino ai ’70.
Io non so se capiti a tutti o solo a me, ma a girare per la Metropoli Tentacolare ho spesso l’impressione di essere nel momento sbagliato, di vedere qualcosa di grande che in un’epoca passata e’ stato Colossale, qualcosa che ho vissuto solo di striscio come quando ti affanni verso il treno ma sei un minuto in ritardo, arrivi in binario e non c’e’ piu’ nessuno, solo silenzio e la coda di qualcosa che vedi scomparire in lontananza.
E forse, un po’, ho l’impressione di vivere in un’epoca che cerca di copiare qualcosa che non c’e’ piu’. Ancora, e ancora, e ancora.