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Film e regista (la brava Céline Sciamma al suo secondo lungometraggio) sono francesi ma il titolo è un termine inglese. I "Tomboy" sono quelli che da noi chiamiamo "maschiacci", termine dal tono già di per sé sprezzante, ma ho sentito anche di peggio, tipo "maschi mancati" o "femmine sbagliate". Teniamo presente che parliamo di una storia di bambini, o dovremmo dire ragazzi che approcciano l'adolescenza, e allora il discorso è complesso nella sua delicatezza.
La vedete bene in locandina. Lei è la talentuosa Zoé Héran, attrice protagonista con le stesse sembianze e vesti in 2 ruoli: Laure da femmina, quale nella realtà è, e Michael da maschio qual millanterà di essere. Laure quando è in famiglia, Michael quando è con gli amici a giocare.
Siamo nel periodo estivo. Laure ha circa 11 anni e si è trasferita da poco in un paese della provincia francese con la famiglia, composta da madre incinta, papà e una sorellina. Da dove viene era nota per giocare più coi maschi che con le femmine, cosa a cui mai i genitori avevan dato gran peso. Qua, con l'occasione che tutti gli amici sono nuovi, andrà oltre e si farà passare appunto per un maschio a tutti gli effetti, inventandosi nuovo nome e identità. Lineamenti aggraziati e un look molto androgino, unito al costante abbigliamento "unisex" come maglietta e pantaloncini, l'aiuteranno nell'intento. Non è frutto di un piano ma una specie di bugia inevitabile, che nascerà spontanea dal desiderio irrefrenabile di voler davvero essere come un maschio, di misurarsi con loro. Arriverà anche ai primi amoreggiamenti con una coetanea.
Le bugie, è noto, han le gambe corte. Una serie di situazioni riuscirà a gestirle, come fare la pipì all'aperto o la "prova costume" a fare il bagno. Inventiva e intelligenza non le mancheranno anche se dovrà incessantemente esser tesa a mascherare la sua vera natura fisica. Se la caverà egregiamente anche in lotte per difendere la sorellina o giocando a calcio, ma prima o poi arriverà l'inizio della scuola, in quel paesino non si sfugge, c'è una sola scuola e una sola classe per la sua età, e non ci sono Michael iscritti. In realtà sarà smascherata ben prima dell'inizio della scuola... gli ultimi 20 min di questo breve film valgono moltissimo.
Film autoriale che più quasi non è possibile, sembra d'assistere a un documentario. Ogni tanto inquadra in campo aperto, per lo più effettua inquadrature ravvicinate alla ricerca di dettagli, che non mancano e vanno cercati senza distrarsi. Suoni in presa diretta, macchina da presa al seguito dei protagonisti quasi volesse intervistarli, mai una musica in sottofondo, siamo al limite del "Dogma 95".
Apro una piccola parentesi:
Questo film mi dà occasione di parlare di questo:
Io AMO il Dogma quanto amo Lars Von Trier che è tra gli ideatori. Non che voglia vedere solo film come quelli, ma sono importanti, hanno un ruolo. E' la finzione che cerca di riprodurre la vita quotidiana. Del Dogma la cosa più evidente è l'assenza delle musiche in accompagnamento. Perché, quando v'innamorate, o litigate col collega in ufficio, o abbracciate un amico che non vedete da tempo, o v'incazzate mentre leggete qualche notizia sul giornale, ci sono delle musiche ad accompagnarvi? Forse nella fantasia, ma non nel preciso istante. Allora le musiche meglio cercarle dentro di sé se si vuol vedere qualcosa di REALE, mentre per le cose FINTE va bene tutto.
Al supermercato ci mettono le musichette in sottofondo quasi subliminale, mentre scegliamo se sono meglio i petti di pollo a fette o interi, impanati/conditi e pronti da cucinare o quelli da preparare a casa con un po' di lavoro e fantasia, e quella musica, inutile, bisogna chiedersi perché la mettono... forse è una specie di vaselina? Non distorce il nostro pensiero attivando falsi umori che ci mandano Oltre il bisogno di acquistare quel che ci serve? Ci rende degli OGM, Organismi Gentilmente Minchionati.
Sono bellissimi tutti, i film bellissimi, indipendentemente dalla presenza di musiche o meno. Quando ci sono chi si occupa di cinema criticamente deve, a mio parere, sempre prestare attenzione alla loro opportunità, adeguatezza, eventuale invadenza furbesca di chi usa la musica per coprire assenza di sceneggiatura o, per fare esempio positivo opposto, a quando è talmente bella da dare valore aggiunto.
Chiusa parentesi.
Quelli illustrati sono gli anni della vita in cui non è corretto dire "si definisce", bensì occorrerebbe dire "si identifica" la natura del proprio essere, sessualmente parlando. E' qualcosa di intimo nel singolo individuo, un fattore interno. Chi scrive è convinto che non si diventa omo o etero o bisex o quello che si vuole e piace essere sessualmente, lo si nasce.
La famiglia di Laure non ha nulla che non va, anzi è dignitosa nella sue condizioni economiche e i due genitori sono splendide e normalissime persone, hanno una relazione soddisfacente e dialogano molto con le loro figlie. Ma perché poi? E' importante descrivere la famiglia? Solo per coloro i quali cercano sempre risposte esterne a comportamenti di questo tipo, che resteranno delusi, ed è giusto che sia così. Allora è giusto dire come il film le rappresenta.
Forse non particolarmente vivace nell'esposizione filmica, ma bellissimo a mio parere per il gusto, il modo in cui viene illustrato l'argomento principe e cioè la "autoidentificazione sessuale" di ognuno di loro alla ricerca del proprio ruolo, che si avverte in ogni singolo, piccolo evento nei giochi dei bambini/ragazzi di quell'età. Le prove di forza dei maschi, il loro far la pipì liberamente all'aperto, i primi pudori delle femmine, ovviamente i primi filarini e qua Laure darà una "prova di coerenza": sempre più assorbita dal ruolo scelto e "corteggiato" da un'altra bambina scambierà anche dei baci. Questi baci le piaceranno e allora cosa significa, che Laure è omosessuale? E l'altra bambina, che non si negherà completamente nemmeno dopo aver scoperto che Michael è invece Laurie? Presto per dirlo, le 2 bambine non lo sanno, il film nemmeno può saperlo e giustamente il finale rimane aperto.
Da genitore ho trovato anche molto interessante, per non dire edificante, il comportamento dei genitori di Laure. Ma mi sono già molto dilungato, lascio da scoprire. Al cinema in questi giorni, merita decisamente la visione, senza temere pesantezze, alla fine risulta un film interessante e godibile senza affanni. In verità questo mio giudizio è legato anche al mio modo di pensare sugli argomenti in questione. Se invece si è un po' "rigidi" a riguardo, se sono argomenti che si vuol far finta di non conoscere né vedere, da nascondere sotto il tappeto, forse potrebbe fin innervosire.
A brevissimo arriverà nel blog la rece del primo lungometraggio di Céline Sciamma (regista alla quale presterò sicuramente attenzione anche in futuro): "Naissance des pieuvres" (2007), con temi affini. Entrambi i film la regista se li è anche scritti, dettaglio di non poco conto.
Robydick
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