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La storia di Laure che si fa chiamare Mickael, protagonista di "Tomboy", dal 7 ottobre nelle sale distribuito da Teodora Film, per fortuna non finisce così: "Volevo fare un film luminoso". Appena arrivata in un nuovo quartiere di Parigi con la famiglia, madre incinta, padre affettuosamente presente e una sorellina più piccola, Laure sceglie di farsi passare per maschio e ci riesce. Sotto la maglietta non ha ancora nessun accenno di seno, porta i capelli corti, e, quando deve andare a fare il bagno con i nuovi amici, taglia a metà il costumino rosso intero e applica sul pube una piccola protesi fatta di pongo: "Dell'infanzia si parla sempre come l'età dell'innocenza, io credo invece sia una stagione della vita piena di sensualità ed emozioni ambigue". Il fatto, dice Sciamma, è che siamo tutti convinti "di attraversare un'epoca molto più permissiva rispetto al passato", ma non è così, almeno, non è così per quello che riguarda la libertà d'identità sessuale. La storia di "Tomboy", gran successo in Francia, con oltre 260mila spettatori e critiche entusiaste, premiato al Berlino Film Festival con il "Teddy Award" e trionfatore al 26° "Torino GLBT Film Festival", affonda le radici nelle esperienze perso- nali dell'autrice: "Naturalmente nel film c'è qualcosa della mia infanzia, mi sono sempre sentita un maschiaccio, ho avuto con mia sorella un rapporto molto stretto, come quello descritto nel film, e la mia era una famiglia calorosa, esuberante. Mi sono ricordata di tutto questo, e anche del piacere, del senso di libertà, che si prova certe volte durante la prima giovinezza. Dopo, crescendo, delle porte inevitabilmente si chiudono". La reazione della madre di Laure, quando scopre che sua figlia si fa passare per maschio, è dura, punitiva. Le fa indossare con la forza un abitino blu e la trascina nelle case degli amici e delle amiche che la conoscevano come Mickael per chiedere scusa: "I genitori sono i primi a esercitare pressioni, lo fanno spesso in buona fede, convinti che un'eventuale condizione di omosessualità potrebbe esporre i loro figli a grandi sofferenze". Il primo problema da risolvere, dopo aver deciso di raccontare la storia di "Tomboy", era trovare l'interprete adatta: "Abbiamo visto la protagonista Zoé Héran il primo giorno dei provini, ha avuto subito la parte e abbiamo costruito il cast intorno a lei. La cosa più difficile è stata convincerla a tagliarsi i capelli, ma,appena lo ha fatto, è entrata ancora meglio nel ruolo".
Scritto in 3 settimane, girato in 20 giorni, con un budget iniziale di 500 mila euro e una troupe di 15 persone, "Tomboy" non era un film facile da spiegare a un'attrice ragazzina: "Abbiamo lavorato su due spinte contrastanti, da una parte la concentrazione, dall'altra il senso del gioco". Il risultato è privo di qualunque ombra di morbosità: "In Francia "Tomboy" è diventato un film per famiglie, ognuno ci ha trovato qualcosa di interessante. La storia dice che nulla è definitivo, ed è stato meglio dirlo così, in modo ludico, pensando a Truffaut,ma anche ai polizieschi dove c'è un infiltrato che s'insinua tra i criminali". In fondo Laure, sotto le spoglie di Mickael, è una spia che prova a vivere nel mondo dei maschi.
Fulvia Caprara - La Stampa, mercoledì 28 Settembre 2011
Anteprima ore 21.30Cinema Anteo
Via Milazzo, 9 (Sala Quattrocento) Milano.
Evento con biglietto d'ingresso
In collaborazione con Anteo Spazio Cinema, Teodora Cinema, Festival MIX Milano di Cinema Gay Lesbico e Queer Culture, Fuorisalone delle Lesbiche
Ospite in sala la regista Céline Sciamma
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