“La ragazza che non era lei” e “Sulla strada”: fuga dall’ordinario
Nella Ragazza che non era lei di Tommaso Pincio vibrano le suggestioni della grande letteratura americana. In particolare nella sezione centrale, la più estesa, è immediato pensare alla Pastorale americana di Philip Roth, sulla quale mi sono già soffermato in Binari (2), e allora è con un altro riferimento lampante che avremo a che fare: Sulla strada di Jack Kerouac. Non è solo l’iniziale viaggio di Laika e del suo compagno, apparentemente senza meta, a ricondurci al capolavoro della beat generation, quanto l’impianto ideologico sotteso alle due opere: il tentativo di sottrarsi al sistema, senza tuttavia approdare a un diverso equilibrio. Tra i due romanzi, del resto, passa quasi mezzo secolo di storia, quindi l’intuizione di Kerouac diviene amara consapevolezza in Pincio: “erano diretti verso un mondo migliore, vagarono senza fine”.
Kerouac (1922-1969) in On the Road racconta la vita sregolata di Sal e Dean da una costa all’altra degli Stati Uniti, in fuga da ogni responsabilità, alla ricerca di un senso (che rinneghi i feticci dell’American Dream) e di una incondizionata libertà, “illuminati” da alcool e anfetamine che generano universi paralleli di cui si possono ancora ignorare i rischi. Ma il senso finisce per esaurirsi nel semplice “andare”, la libertà che scardina il conformismo borghese è anche causa di smarrimento, lo stordimento degli stupefacenti è solo temporaneo sollievo: “qualcosa, qualcuno, qualche spirito ci perseguitava tutti attraverso il deserto della vita ed era scritto che ci afferrasse prima che raggiungessimo il cielo” (Jack Kerouac, Sulla strada, RCS Editori). Siamo nell’America degli anni ’50, però; permane dunque lo spazio del sogno, la dimensione epica dell’inesplorato, il gusto nuovo della sovversione: che siano ideali velleitari è solo un presentimento, destinato a trovare conferma storica.
La ragazza che non era lei è invece espressione di quel fallimento, come anche dell'oltranzismo irriducibile delle illusioni. Il romano Tommaso Pincio (pseudonimo derivato dallo scrittore statunitense Thomas Pynchon), in questo romanzo edito da Einaudi Stile libero nel 2005, traccia tre parabole di fuga: la prima è quella di un uomo, dal bizzarro nome Zxyz, e di una ragazza in una dimensione visionaria; la seconda conduce all’universo hippy (dalla sua alba all’epilogo) e a segnarla è la madre del misterioso fuggitivo; la terza è tutta interiore, e finalmente a prendere la parola è proprio Zxyz. Sono tre tentativi di rifiutare l’ordine precostituito, di non sentirsi definitivamente soli, sono tre inani ribellioni destinate a essere fagocitate dal rimpianto: “ebbe la sensazione netta e inequivocabile che non ci fosse alcun posto dove potere andare davvero e nessuna vera ragione per fare o non fare qualcosa, per dire o non dire, andare o non andare” (Tommaso Pincio, La ragazza che non era lei, Einaudi Stile libero).
Sia quella di Kerouac sia quella di Pincio sono opere piuttosto complesse, perché la correttezza formale e la fluidità narrativa vengono sacrificate all’impellenza di contornare un tempo vago e confuso, di generare nel lettore quel disorientamento che esibiscono. Sulla strada è una pietra miliare della narrativa statunitense, quindi è sottovoce che si può riscontrare una certa monotonia tematica e ambientale. Nella Ragazza che non era lei, invece, dopo gli apici stilistico-immaginifici delle prime due sezioni, l’ultima (e in particolare l’epilogo) non soddisfa pienamente; resta in ogni caso un romanzo formidabile, tanto più che in questo caso il confronto immediato è con la produzione italiana del nuovo millennio…