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Tonno in scatola: lo mangiamo o lo salviamo?

Creato il 02 dicembre 2011 da Amandacastello2010

Tonno in scatola: lo mangiamo o lo salviamo?

È comodo, pratico, veloce, buono e molto utilizzato. Si tratta del tonno in scatola. È un prodotto molto richiesto ed utilizzato in tutto il mondo.
E nella maggioranza dei casi si pesca con un metodo intensivo e indiscriminato.

Greenpeace ci chiede: quando apriamo una scatoletta di tonno siamo davvero sicuri di ciò che stiamo per mangiare?
La risposta è spesso NO!
È quanto l’associazione ambientalista afferma nel rapporto I segreti del tonno. Cosa si nasconde in una scatoletta.

Il problema che affiora, a parte la scarsa consapevolezza del consumatore, che spesso acquista senza leggere con attenzione l’etichetta, è la poca trasparenza dei marchi che inscatolano il tonno.

Avete mai provato a leggere un’etichetta e sentirvi incapaci non riuscendo a capire che tipo di tonno avete di fronte, dove viene pescato, il metodo di pesca, ecc…? Non siete soli!

Spesso, a parte gli ingredienti (tonno, olio d’oliva e sale) non troviamo altro.

In primo luogo, sulle scatole di tonno dobbiamo aspettarci di trovare, di solito stampata sul fondo o sul coperchio della lattina, la data di scadenza e un codice alfa-numerico che identifica in modo univoco la barca del pescatore.

I dati più significativi, però, e più utili sono quelli che indicano la specie di tonnola zona di pesca.

Ecco le specie di tonno che potete trovare indicate in etichetta:

Thunnus Thynnus tonno rosso: vive nel Mediterraneo, ma è richiestissimo in Giappone poiché è alla base dei piatti di pesce crudo come il sushi;

Thunnus Albacares o Yellowfin Tuna: è il famoso tonno “pinne gialle” è il tipo di tonni più usato per la conservazione in scatola;

Euthynnus PelamisSkip-Jack: specie di tonno più piccola, dalla carne meno rosea

Le indicazioni sulla zona di pesca, introdotte dalla FAO, sono le più difficili da trovare e soprattutto da “leggere”, ma sono le più importanti, perché ci permettono di capire dove è stato pescato il pesce.

Tonno in scatola: lo mangiamo o lo salviamo?

Atalntico Nord-Occidentale: FAO 21;

Atlantico Nord-Orientale: FAO 27;

Mar Baltico: FAO 27.IIId;

Atlantico Centro-Occidentale: FAO 31;

Atlantico Centro-Orientale: FAO 34;

Atlantico Sud-Occidentale: FAO 41;

Atlantico Sud-Orientale: FAO 47;

Mar Mediterraneo: FAO 37.1, 37.2 e 37.3;

Mar Nero: FAO 37.4;

Oceano Indiano: FAO 51 e 57;

Oceano Pacifico: FAO 61, 67, 71, 77, 81 e 87;

Antartico: Zone FAO 48, 58 e 88;

Mare Artico:  FAO 18.

Può essere così complicato leggere un’etichetta?

Greenpeace stima che nella metà dei casi esaminati, non sappiamo assolutamente che specie di tonno abbiamo acquistato e solo il 7% delle scatolette indica la provenienza. Silenzio assoluto sulla tecnica di pesca utilizzata, nel 97% delle scatolette.

Quali sono i marchi meno trasparenti?

MareAperto STAR, Maruzzella, Consorcio e Nostromo. Riomare, inoltre, non specifica mai area e metodo di pesca. Il sospetto degli ambientalisti, in quest’ultimo caso è che l’azienda voglia nascondere il fatto che usa metodi di pesca sostenibili solo nel 45 per cento dei suoi prodotti. Ma non si salva neanche Mareblu, che secondo Greenpeace è impegnata nella pesca sistemi FAD (Fish Aggregating Device – sistemi di aggregazione per pesci) sul mercato inglese.

È difficile essere chiari?

No. Alcune aziende come AsdoMar, hanno iniziato a riportare il nome della specie, l’area di pesca e il metodo utilizzato.

Sappiamo tutti che la pesca del tonno, attualmente, è allo stremo, indiscriminata e molto spesso illegale, al punto da mettere a rischio l’ecosistema marino.
Basta pensare che cinque delle otto specie di
tonno di interesse commerciale sono a rischio, compreso il tonno pinna gialla, il più consumato in Italia.

Senza esserne consapevoli, comprando tonno in scatola, diventiamo complici della distruzione del popolo marino.

Per questo motivo sul mio blog insisto spesso sulla necessità di tenerci informati tenendo sempre alta l’attenzione su ciò che ci succede intorno.
Abbiamo tutti la possibilità di agire responsabilmente, basta scegliere di farlo.

In Italia non esiste ancora una scatoletta di tonno che sia al 100% sostenibile.

Allora, sapendo che il tonno è sempre meno presente nei nostri mari, che c’è mancanza di trasparenza da parte delle aziende che lo mettono sul mercato e che molto spesso non sappiamo esattamente cosa stiamo mangiando, perchè non scegliamo di non consumare tonno?


Tonno in scatola: lo mangiamo o lo salviamo?

Tonno rosso, specie in estinzione

Greenpeace ci fornisce 6 buoni motivi per fare questa scelta.

1) La quasi totalità della fauna ittica assorbe mercurio, ma questo è maggiormente preoccupante nel caso di pesci di grossa taglia e che hanno una lunga vita, perchè hanno più tempo per accumulare la sostanza nel proprio corpo. Il mercurio è notoriamente tossico e negli uomini questo può causare disturbi neurologici di vario genere: dalla perdita di memoria, ai danni cerebrali, ecc. Non è un allarmismo, ma disturbi quali l’affaticamento e la perdita di memoria legati al consumo di pesce sono così comuni che esiste addirittura un termine medico specifico per indicarli: si parla di “fish fog”, “annebbiamento”.

2) La pesca intensiva del tonno impoverisce anche la fauna circostante: molto spesso nelle reti incappano accidentalmente anche balene e delfini.

3) Nella maggioranza dei casi, il tonno non viene consumato nel luogo in cui viene catturato: il pescato viene congelato, venduto, trattato e poi spedito in ogni angolo del mondo. Questa lavorazione accresce a dismisura la nostra impronta ecologica ogni volta che decidiamo di consumarlo: trasporto, depauperamento della fauna marina, metodi di pesca non sostenibili, ecc.

4) In Italia la pesca del tonno rosso è diffusa soprattutto al largo di Sicilia, Sardegna, Calabria e Liguria. Buona parte del tonno consumato a livello mondiale viene però pescato molto lontano dal nostro Mediterraneo e commercializzato dall’Australia o dal Giappone (dove viene utilizzato in quantità enormi per la preparazione del sushi). L’impatto della pesca “legale” è aggravato da quella illegale che stravolge la naturale riproduzione dei tonni.

5) Rispetto agli anni ’70 la specie del tonno si è ridotta del 90% a causa della pesca intensiva e della crescente domanda da parte dei consumatori.

6) ll WWF già nel 2008 aveva avanzato la richiesta di sospendere per un periodo le autorizzazioni alla pesca del tonno rosso per evitare un collasso biologico ed economico a favore di un utilizzo sostenibile delle risorse ittiche in appoggio ai pescatori che agivano correttamente entro i limiti delle leggi.

Se qualcuno ha ancora dei dubbi, basta guardare il video di Greenpeace USA.

Vuoi dire la tua? Partecipa al sondaggio proposto da Greenpeace!


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