Mi appare nella sua mandorla laser sorretta da una o due scarrettate di protomi d’angelo. Mai visti tanti protomi d’angelo nel mio bagno, è un miracolo che non sia saltata la corrente. La gente che fa così tanta luce di solito parla con l’eco e lui non fa eccezione. Sembrava l’introduzione del dolby sourround.
SAAANDROOO!!!
Non mi chiamo Sandro.
MARIOOO!!!
Scusi, potrebbe spegnere l’amplificatore? Sa, i vicini…
Che brava persona. Spegne mandorla e tutto e si siede sul cesto dei panni sporchi. Così, come uno qualsiasi.
Sono Dio.
Sì, questo l’ho capito.
Non ti spiace se fumo, vero?
Per niente.
Sono venuto perché mi fai pena.
Grazie.
I tuoi cortometraggi fanno pena.
Ma sono solo dei –
Non ho finito.
Scusi.
Sono venuto a dirti come sfondare.
Sfondare? Io non voglio sfondare.
Questo raccontalo a chi non è onnisciente. Senti, se fai come dico io verrai proiettato in tutti i festival del mondo, vincerai palme d’oro, orsi d’oro e tanti di quei leoni d’oro che potrai aprire uno zoo d’oro. In confronto a te Ang Lee sembrerà uno che a Venezia era solo di passaggio, Hollywood diventerà il tuo salotto di casa e Quentin Tarantino sarà il tuo autista privato, verrai celebrato da tutto il mondo, imparerai a volare e vivrai in eterno.
Sarò selezionato anche al festival di Forlì?
No.
Okay, mi accontento. Che devo fare?
Scrivi un lungometraggio.
Oddio, non so se sono all’altezza.
Non lo sei.
Ah.
Tu inizia a scriverlo, scegli un titolo socialmente impegnato, tipo “La saliva di Amalia” o “Tonno scatenato” e al resto ci penso io.
Mi sono subito messo a scrivere la sceneggiatura. Cinque lunghissimi e faticosissimi minuti di lavoro, ma alla fine ne è valsa la pena. È come quando fai un figlio: sudore, fatica e nove mesi di donna fuori uso, ma poi alla fine che soddisfazione vedere quel coso che annaspa, puzza e dice “mghempfgh”.
Ieri suona il telefono. Me lo ricordo perché mi stavo lavando i denti. Era Dio.
Così? Per telefono? Neanche un arbusto ardente?
È più economico, senti…
Dimmi tutto.
Ti ho preso per il culo.