Tony Abbott vince in Australia

Creato il 07 settembre 2013 da Danemblog @danemblog
Oggi in Australia i cittadini sono stati chiamati a scegliere tra il primo ministro uscente, Kevin Rudd, e il suo contender, Tony Abbott. È notizia di questi minuti che Abbott ha vinto le elezioni (qui il victory speech).

Tim Lahan per Bloomberg

Mettiamola così, questo post è per ceti versi dovuto, per quelli che nel corso delle settimane passate si sono interessati a quanto c'era scritto qui sulla questione: si raccontava prima della crisi interna al Labor, con Rudd che aveva chiamato Gillard al confronto nel partito, aveva vinto ed era diventato PM - là funziona così, s'era detto anche questo, perché partito e governo coincidono, come leader e premier. Poi si era raccontato anche che "Lazzarudd" - così lo avevano definito, per sottolineare la sua resurrezione politica - non ce l'aveva fatta: troppi problemi intorno al partito, troppe instabilità nel suo governo.
Tra le considerazioni da fare, al di là del fatto che Julian Assage, candidato nello stato di Vittoria, non è stato eletto - da analizzare, ma a caldo si potrebbe anche dire, che è un segno di come certe figure restano più agganciate ad una sorta di mitologia moderna di quanto non rappresentino il riferimento su cui pongono la propria fiducia i cittadini - ce n'è un'altra importante.
Dietro alla scelta alle urne, c'è il futuro dell'Australia nel mondo. In una campagna elettorale dove l'unico argomento internazionale è stato la questione Siria, usata da Rudd - senza troppi benefici - per sottolineare la poca consistenza in certi meriti, dell'avversario Abbott, gli australiani si sono trovati ad affrontare qualcosa di più critico. Scegliere tra gli Stati Uniti e la Cina.
Adesso Abbott dovrà navigare, visti i tempi, nelle difficili acque che separano il principale alleato australiano e il principale partner commerciale.
Per anni infatti, i governi di Camberra si sono affidati agli Stati Uniti per mantenere la stabilità in Asia e la sicurezza del paese, garantendo di riflesso, un appoggio incondizionato a Washington nella regione. Ma tutto ha funzionato, fin quando la leadership americana è stata ben recepita dai paesi asiatici: la situazione però, sta cambiando.
Mentre la Cina ha preso il possesso del proprio destino, diventando in proiezione la più grossa economia del mondo, ha anche incentivato gli scambi commerciali con l'Australia, andando a ricoprire il ruolo di partner di maggioranza: sarebbe oltre il 35 per cento la quota delle esportazioni verso la Grande Muraglia. 
Gli Stati Uniti dalla loro, hanno ribadito il ruolo di "perno" regionale per l'Australia, con un importante intervento di Obama di qualche tempo fa, in cui ha riconfermato il proprio sostegno e deciso di aumentare il posizionamento dei Marines nella base di Darwin a mille unità - circostanza che non trovò troppo d'accordo i cinesi.
Abbott avrà davanti la difficile gestione della situazione, all'interno dei mutevoli scenari asiatici. Da un lato il suo ruolo da conservatore, "geneticamente" portato a sostenere le politiche americane. Dall'altro il pragmatismo - dimostrato sulla situazione siriana pochi giorni fa: pragmatismo economico nel caso, nei confronti dell'enorme risorsa che la Cina rappresenta.
Secondo Hugh White, docente di studi strategici alla Australian National University, l'Australia dovrebbe chiarire la propria posizione con gli Stati Uniti, invitandoli a mantenere il ruolo strategico in Asia, ma senza entrare in collisione con la Cina.
Sarà questo il ruolo affidato ad Abbott: mettere un po' di distanza tra Camberra e Washington, pur mantenendo stabili i rapporti. 
Nota: al momento della scrittura del post  siamo all'88% dei voti scrutinati, e l'ex seminarista cattolico appassionato di boxe si è assicurato 89 dei 150 seggi della Camera dei rappresentanti, contro i 56 conquistati dai laburisti e ben oltre i 76 necessari per assicurarsi il diritto di formare il governo da soli.


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