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Bella Ratto. Ex Bella Coimbra dos Santos.
Bella come la madonna di Pompei, solo di carnagione un po’ più scura. Il vestito perfetto la proietta nel mondo di miss Mondo. Non è più la quarta donna più bella di Manaus. Ha guadagnato posizioni. E’ la numero uno, adesso.
Logora le galassie.
Si paralizzano, i concetti.
Li senti adesso, pochi cazzi, che tutti i battiti cardiaci si accelerano a dismisura. Tutti. Quelli di uomini e donne. Il mio e quello di Alberto.
I pappagalli variopinti, lascivi e nascosti sui rami, si accarezzano le parti intime.
Le donne presenti abdicano immediatamente all’invidia per lasciar posto all’unico sentimento che consente loro di resistere ancora nella vita: l’ammirazione incondizionata.
Le bocche si dischiudono nello stupore. Si alita meraviglia.
Tutte le mani sudano perché, da qualche parte, remotamente, ci sarebbe la possibilità di doverle stringere la mano a Bella Ratto. La più affascinante di tutte le donne del mondo. E dunque tutti furtivi ad asciugarsi la mano appiccicosa sul pantalone dello smoking.
Ratto mi si avvicina all’orecchio e, in questo anfratto di irrealtà, si produce in una affermazione che ha del memorabile.
Mi sibila emozionato:
“Hai visto che meraviglia il vestito nero? Glielo disegnato e cucito io. Ti piace?”.
Mi pare di aver annuito lievemente. Ma ero troppo sbalordito per ricordarmi esattamente come sono andate le cose.
Bella, inguainata in un taglio di occhi azzurri da pantera mansueta ma indomabile, consapevole della sua statuaria, inarrivabile beltà, scende le scale, esibendo una matrice di timidezza che moltiplica il suo erotismo dentro numeri che i matematici non sono ancora arrivati a formulare neanche con la fervida immaginazione.
Avanza, come se dovesse venire giù il mondo.
Sotto gli sguardi pullulanti.
Raggiunge me e Alberto che sostiamo affiancati alla base delle scale. Mi sorride perché mi conosce. Io vedo mia madre. Era bellissima, da giovane, mia madre. Poi, riacchiappo la mia coscienza in fondo alla Fossa delle Marianne e organizzo un baciamano perfetto alle sue dita che sembrano una profezia religiosa.
Ratto vede e sorride contento perché non ho deluso lo standard della coreografia. Bella sorride al baciamano e poi mi abbandona in uno stato di prostrazione e sfortuna perché è tempo di rivolgersi all’unico vero privilegiato: il marito. Il grande Ratto. Lo guarda. Lui la guarda. Tutti guardano loro due. Lei è un metro e settantasette, lui esattamente venti centimetri in meno. Si sorridono come se si stessero rivelando l’uno all’altro adesso per la prima volta. Invece sono sposati già da diversi anni. Tengono la scena che neanche Gassman o Bramieri prima della battuta finale della barzelletta che poi non faceva mai ridere. Poi Bella, lenta e cauta come il serpente a sonagli un attimo prima di ingoiarsi un topo intero, si piega in avanti, spostando all’indietro un sedere perfetto che non farà mai finire gli aneddoti che si sono susseguiti negli anni su questi quattro secondi epocali. Il suo culo si protende lentamente verso l’occidente, come un sole al tramonto e allora non si contano più i malori dei maschi pervenuti all’evento. Io, molto semplicemente, stavo per cadere a terra. Ma non sta provocando nessuno, Bella. La provocazione è estranea alla sua immensità. Sarebbe un giochetto troppo facile per lei. E lei è una brasiliana di classe. E’ solo che lo deve compiere per forza questo gesto di immenso erotismo, poiché deve abbassarsi all’altezza di bocca di Ratto per baciarlo. E infatti si baciano. Con la lingua dolce. Per quattro minuti. Come gli adolescenti nei garage dietro le macchine parcheggiate. Lei, accoccolata come una culla, si spupazza Ratto, gli sposta i capelli, gli aggancia le orecchie ruvide e callose, gli accarezza le dita mancanti e quelle presenti, mentre lo inghiottisce di baci inenarrabili. Trasfigura il rospo in principe. Lui è nelle sue mani. La gente guarda. Un ex colonnello in pensione prende la decisione migliore dinanzi a questo spettacolo degli spettacoli. Prorompe in un applauso. E’ il primo, ma per poco. Seguono i battimani feroci dei milleduecento presenti. Io non l’ho mai visto un applauso per un bacio, neanche al cinema. Ma qui ne vale veramente la pena. Ratto, senza distogliere la lingua da sua moglie, solleva due dita in segno di vittoria. E’ un boato. L’Amazzonia esce dal torpore e si vivacizza. Il bacio termina. Lui si ricompone. Lei è già composta. Ci vuole altro per smarrirla a questa valorosa della femminilità”.
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