Avete presente la pubblicità delle chewing-gum con Filippa Lagerback? “Cosa piace a noi svedesi?” Non saprei ma tiro a indovinare: mobili di merda?
Riad. Ikea cancella le donne dal catalogo destinato all’Arabia Saudita. Restano immagini di uomini e di orribili truciolati.
Il quotidiano free press di Stoccolma Metro ha messo a confronto le foto con quelle ritratte nell’edizione saudita, evidenziando la grave mancanza: non ci sarebbe nessun cammello.
Il Ministro svedese del commercio, Ewa Björling, interviene sulla questione: “Non si possono depennare le donne dalla società”.
Non con Photoshop, perlomeno.
Per fortuna che in alcuni paesi vige ancora la lapidazione.
E se avessero rimosso digitalmente le donne dalle foto solo per permettere agli uomini di concentrarsi meglio sugli eleganti complementi d’arredo?
Non pensavo ci fossero così tanti omosessuali in Arabia.
Ma questo potrebbe voler dire che fra cent’anni vivremo in un mondo migliore.
Non si sono fatte attendere le scuse dell’azienda: “Quel catalogo è in conflitto con i nostri valori”. I soldi.
In realtà non è la prima volta che Ikea si rende protagonista di campagne particolarmente provocatorie: ricordate quando tentarono di far passare Billy per una libreria?
“Motivi religiosi” fanno sapere dall’Ikea. Ma non mi risulta che non vendano assi e chiodi in Europa. E poi non ricordavo che fossero così credenti, in Svezia.
Nella teocrazia araba vigono leggi severe che vietano di ritrarre donne con la pelle scoperta, quando nel resto del mondo è obbligatorio.
Adesso gli uomini si aggirano solitari all’interno del catalogo chiedendosi come sono finiti lì, senza una stronza che ce li abbia trascinati di domenica.
Recentemente l’Ikea è stata costretta a censurare dal sito russo un’immagine che ritraeva quattro ragazzi con un passamontagna seduti su mobili Ikea, un’immagine troppo simile alle ragazze delle Pussy Riot. A dimostrazione che Putin non è ritenuto una minaccia credibile.
Già, l’Ikea è arrivata anche in Arabia Saudita. E adesso ridiamo noi, poligami del cazzo.
Eppure non capisco tutte queste polemiche: le donne in Arabia Saudita indossano il niqab. E se qui in Europa Ikea facesse un catalogo con donne e bambine scuoiate, come la prenderemmo?
E se in realtà le donne ci sono e le abbiamo solo scambiate per le buste dell’immondizia?
Avete mai letto qual è la filosofia Ikea? “Prendersi cura delle persone e dell’ambiente, aiutando i bambini bisognosi o producendo energia da fonti rinnovabili”. Mentre a me basterebbe che producessero delle librerie resistenti.
“Ehi, ma qui non ci sono donne! Ok, dammi il solito Postal Market”.
“Quando una multinazionale accusata di sfruttamento minorile incontra una teocrazia fottutamente ricca, la multinazionale accusata di sfruttamento minorile è pronta a rinnegare persino le simpatie naziste del suo fondatore”. È inutile scandalizzarsi, “business is business” e il concetto è chiaro: non esiste razionale e irrazionale, esiste un’unità di misura, i soldi che, per inciso, farebbero diventare frocio anche vostro padre nel momento del bisogno. Di nuovo riconosciuta in tutto il mondo, e altre metriche socio-democratiche di cui non importa niente a nessuno, figuriamoci ad una multinazionale. Fatemi capire: ad esportare la democrazia deve essere un catalogo per mobili? Le bombe non funzionano più?