Nel giugno 2013, l’informatico statunitense Edward Snowden passa files secretati all’inglese “The Guardian”: documentano l’attività di ‘Prism’, un programma di sorveglianza elettronica creato dalla National Security Agency. Lo scandalo è planetario: scoppia il “Datagate”, un evento i cui effetti non sono ancora terminati. Come documentano “Le Monde” e altre fonti, sembra che anche le comunicazioni di Italia, Francia, Germania e quelle di 35 Capi di Stato (compreso il Papa) siano state spiate.
Nel 22° episodio (“Niente buone azioni”) della prima stagione della serie, Henry Peck (Jacob Pitts) un ex-informatico della Nsa (che ricorda Snowden) viene chiamato a testimoniare dalla polizia e racconta di avere dei forti dubbi sul fatto che l’Agenzia stia controllando una mole incredibile di informazioni sui cittadini americani a soli scopi anti-terroristici…
Ma oggi - alla luce del “Datagate” - l’umanità è veramente disposta a rinunciare alla libertà personale per ‘un mondo migliore’? Un quesito al quale prova a dare una risposta anche la serie culto in arrivo su “Top Crime”, proposta a partire dalla prima stagione con un doppio appuntamento in doppio audio, da stasera, ogni venerdì, in prima serata.
La saga che vede protagonisti Mr. Finch (Michael Emerson, “Lost”) e John Reese (James Caviezel, “La passione di Cristo” e “The Prisoner”) affronta - arricchendolo di contenuti assai meno fantascientifici - il tema della prevenzione del crimine, topic già presente nel film (ispirato all’omonimo racconto di Philip K. Dick) “Minority Report”, diretto nel 2002 da Steven Spielberg.
“Person of Interest” - dallo scorso 24 settembre, in onda negli Stati Uniti con la terza stagione - sin dall’esordio è assurto a serie di culto che, scrive Ken Tucker di “Entertainment Weekly”, «viaggia nella zona grigia di una morale spesso ambigua e ambivalente, una scommessa non facile per attrarre audience, ma di indubbio valore qualitativo».
(*soggetto sotto indagine, ma senza prove sufficienti ad arrestarlo)