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TOP Post dal mondo expat #14.4.14 e #21.4.14

Creato il 28 aprile 2014 da Mamma In Oriente

Fra il rientro dall’Italia ed i bimbi a casa da scuola causa fuso orario, la scorsa settimana non ce l’ho proprio fatta ad elencarvi i post più belli della settimana. Oggi quindi appuntamento doppio! Ecco ciò che mi è piaciuto di più leggere nelle ultime due settimane. Come sempre, in ordine di uscita:

“Amo Frida Khalo” del blog “Ma che davvero?” da Londra

Che Chiara sia brava a scrivere, nel nostro mondo virtuale lo sappiamo più o meno tutti. Credo però che in questo post si sia superata. Probabilmente anche spinta dall’ammirazione per questa autrice, che peraltro condivido, è riuscita a descriverne la vita straordinaria con grande passione. Passione che è sicuramente uno dei tratti distintivi della personalità di Frida. Una donna minata nel corpo che riuscirà a superare il dolore fisico nel nome dell’amore e della passione.

TOP Post dal mondo expat #14.4.14 e #21.4.14

Immagine tratta da qui.

Scrive Chiara:

“Amo Frida Kahlo. La amo perché indossa il fascino delle donne indomite, ha vissuto come la donna che voleva essere, la donna che ha sempre amato molto e mai abbastanza. Amo Frida perché il talento, quando esce da qualcosa che si spezza, dal dolore, dalle ferite, si illumina della lotta di venir fuori.”

Trovo bellissima anche la selezione fatta sia delle fotografie che ritraggono l’artista che dei suoi dipinti.

♣ “A due anni di distanza” del blog “Living in San Francisco”

Sabina festeggia i due anni del suo blog e della sua vita a San Francisco e ci racconta che inizia davvero a sentirsi parte di questa città. Ma non ci nasconde che non è stato facile all’inizio. E, secondo me non lo è mai per chi lascia la propria terra. A volte, chi guarda da fuori, pensa che andando a vivere in città belle come San Francisco, non si debbano affrontare grandi difficoltà. Ma non è mai così. L’autrice ci dice anche che dopo l’adattamento non si è nemmeno più gli stessi di prima, ma ci si trova profondamente cambiati. Scrive:

“Non è facile, non lo è affatto! E mica tutti hanno il coraggio di farlo sul serio. Ci si sente soli a volte, ci si sente persi. Ci si scontra con un mondo che può apparire ostile allo straniero. Ma poi, con coraggio – ma ce ne vuole proprio tanto – si può lottare, non per ritrovarsi, perché questa è un’avventura che ti cambia per sempre, ma per scoprire nuove parti di te che non hai mai conosciuto, avvolta, come sei sempre stata, nella fitta rete di affetti che hai ancora in Italia.

“L’orologio antropologico” del blog “Kinnamomon” da Londra

L’autrice del post, parte da una riflessione fatta durante un evento triste, il funerale della nonna. Le viene da pensare che nel ripetersi delle morti e delle nascite e nel trascorrere della vita c’è in fondo un significato ed anche una bellezza. E così riflette sul fatto che non sarà l’orologio biologico a far nascere in lei quel desiderio di maternità finora assopito, ma sarà quello che lei definisce originalmente l’orologio antropologico. Che ha a che fare con la sua professione di storico e con il desiderio di far parte di un’umanità che cerca di far del bene e di lasciare alla generazione successiva un mondo migliore. Scrive l’autrice:

“Quindi voglio essere storica e voglio essere educatrice, e voglio essere parte di un tessuto umano che tende a fare più bene di quanto non faccia, inevitabilmente, del male. Costruire una generazione dopo la mia, facendo o adottando bambini, è un modo sereno di farlo.”

“Riflessioni arrabbiate” del blog “Vortoj Vortoj Vortoj” da Seattle

L’autrice ci parla di due argomenti molto importanti che sono collegati in questo felice momento della sua vita: l’affermazione sempre più convinta di una autentica passione lavorativa ed il delicato problema dell’educazione infantile. E’ sempre bello quando una persona capisce veramente quello che vuole fare nella vita, ancor di più se l’illuminazione chiude il cerchio degli studi intrapresi. Anche se avviene lontano da dove era naturale che avvenisse.  Riflette però anche sul fatto che essere educatori bravi, attenti ed appassionati non è sufficiente se non si fa parte di un sistema educativo funzionante. Che ha risorse sufficienti per valorizzare l’importanza del singolo bambino e per motivare e gratificare anche le insegnanti meritevoli. Scrive l’autrice:

“Vorrei che alcuni lavori non fossero sottovalutati così da dare la possibilità a chi abbia una passione di coltivarla e non di abbandonarla perché in fondo…non vale la pena sbattersi se non si ha un riconoscimento né in termini monetari né umani e lo capisco. Vorrei che i bambini fossero considerati una risorsa immensa, vorrei che i genitori oltre al corso preparto frequentassero dei corsi  specifici solo per rendersi conto delle potenzialità enormi che i loro piccoli hanno e quanto la loro educazione determini la loro vita e l’intera società.”

“Nel mio DNA” del blog “Ero Lucy Van Pelt” da Miami

In questo post Tiziana ci racconta di sua madre, finlandese espatriata in Italia negli anni 70 per amore di suo padre. E’ un racconto intimo e tenero con protagonista una donna molto forte che ha affrontato un espatrio in tempi difficili e l’ha sempre portato avanti pur davanti a tante complicazioni. Ma dalla narrazione traspare anche una nota di malinconia e tristezza. Perché allora, molto più che adesso, era difficile mantenere i rapporti con la propria patria e perché, in fondo, non ci si sente forse mai completamente appartenenti alla patria d’adozione. Scrive Tiziana:

“Vivere da expat non è facile. Non si è più parte della cultura in cui si è nati, che cambia mentre tu sei via; non si è mai parte di quella di adozione, di cui non si condivide molto. ”

E conclude con il pensiero che forse, quando ci si avvicina all’ultima parte della vita, è inevitabile ripensare con nostalgia alle proprie radici.

“Epilogo” del blog “Il frutto della passione” dal Brasile

Il post che nessuno di noi avrebbe voluto leggere perché segna inesorabilmente la fine di un grande sogno, questa volta senza possibili colpi di scena. Un bimbo che non c’è più anche se il corpo di sua madre ancora lo ospita, un dolore ed una presa di coscienza straziante, un bisogno di tornare alla normalità, che non potrà più essere uguale. Ma anche il bisogno indispensabile di farcela, per suo figlio e per se stessa. Perché dopo tanto dolore il cuore ha bisogno di battere ancora per vivere pienamente. Scrive l’autrice:

“ Non ho intenzione di lasciare il controllo della mia vita al dolore, ho troppe cose ancora da provare e conoscere e fare. Ho ancora troppa fame, perché mi venga tolto l’appetito. La disillusione l’ho conosciuta tanti anni fa. Ho già perso qualcuno di importante e posso perdere ancora. Non senza sofferenza, ovvio. Ma sono forte abbastanza. So andare avanti. Sopravvivere. Sono uguale a mia madre in questo, abbiamo negli occhi troppa meraviglia perché un evento, seppur catastrofico, ci impedisca di continuare a scorgerla in qualche angolo di mondo lontano. O nella stanza accanto, dentro gli occhi del proprio figlio. ”

“Sakura tra arte e letteratura giapponese” del blog “Miso Journal” dal Canada

E’ questo un articolo dalla scrittura raffinata che ci parla dei “sakura” e dell’ “hanami” termini giapponesi che indicano rispettivamente i fiori di ciliegio e l’abitudine di andare a fare picnic sotto agli alberi in piena fioritura. Proprio i fiori di ciliegio rappresentano, per la cultura giapponese, il simbolo della bellezza nello stesso tempo assoluta ed effimera, perché destinata a durare solo pochi giorni. Bellezza che è anche irripetibile perché ogni anno sarà un po’ diversa. Scrive l’autrice:

“I sakura, e dunque l’hanami, rappresentano tutto questo: ogni anno si va a guardare lo sboccio di quei fiori così delicati, si va a gioire di quel breve attimo di evanescente bellezza, perché ogni anno è un evento unico e irripetibile, perché se sbocceranno altri fiori, non saranno gli stessi. Vale la pena, dunque, fermarsi e caricare il cuore di emozioni, vivere il momento consapevoli che non si potrà ripetere.”

L’importante messaggio che ci arriva da questa antica cultura è quindi di essere pronti a saper cogliere ed apprezzare la bellezza nel momento in cui c’è perché dopo sarà troppo tardi. Nell’articolo è riportato anche un passo di un romanzo di Murasaky Shikibu che ho trovato bellissimo. Andate a leggerlo!

“Nei panni degli altri” del blog “Parole sparse qua e là” dal Texas

Il post, scritto non dall’autrice ma da sua madre, raccoglie parte delle sue riflessioni dopo il soggiorno in Texas per trovare la figlia. E’ piacevole sentire le impressioni anche di chi resta in Italia e subisce quindi solo il lato negativo dell’espatrio, cioè la lontananza dei figli. Mi è piaciuto questo articolo perché c’è la consapevolezza della madre che anche chi parte subisce la propria decisione. Che, come dicevamo anche sopra, non è facile stare lontani. E che ci vuole tanto coraggio. Si rende conto, per la morte improvvisa di un amico che ha condiviso con lei parte della vita, quando sia difficile essere lontani in certi frangenti e quanta forza ci voglia per sopportarlo. Scrive:

Ecco dovrei saltare le righe, lasciare dello spazio bianco per far capire lo sgomento, l’angoscia, la disperazione di quei momenti. Puoi piangere e anche gridare se vuoi, ma sei assolutamente e completamente impotente. E questo non poter “far qualcosa”, non poter dare l’ultimo saluto,  non poter essere presente alle esequie per rendere omaggio a colui che ha condiviso la vita con noi, lascia un sapore amaro, di fiele.”

Con questo articolo anche per oggi abbiamo finito. Vorrei però approfittare di questo spazio per dare il benvenuto a due piccole creature che hanno da poco ”stravolto” la vita degli autori di due blog expat che seguo. Sono il piccolo Saku, di cui vi ho già parlato, ma a cui non avevo dato un benvenuto ufficiale in questa nostra comunità e la piccola Bianca. Benvenuti fra noi! Con l’augurio che i vostri genitori vi crescano cittadini del mondo, ma orgogliosi del vostro essere anche italiani.


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