“Una città semplice e misteriosa, meravigliosa nella sua regalità, una signora fiera, orgogliosa, senza nessuna vanità nelle sue seppur scintillanti manifestazioni. Amo il suo il suo sbocciare a primavera con concerti in strada, fiere, saloni, aperitivi all’aperto, quando la gente si riversa in strada dopo l’inverno. Amo i tanti musei e centri culturali, le mostre temporanee, il suo centro come i suoi parchi fluviali, insomma, potrei andare avanti ancora per dieci minuti ma la finisco qui.” (Andrea Piferi, 25 anni).
Eppure la città di cui ci parla Andrea è proprio quella Torino, fortezza della Fiat, che per tanti anni ha dovuto lottare contro i pregiudizi che la volevano algida, immobile e chiusa nella sua grigia sobrietà.
Le Olimpiadi del 2006 hanno riportato un colore e una consapevolezza che i torinesi avevano perso: si sono sentiti finalmente protagonisti in un evento mondiale, hanno presentato con orgoglio una città che si era vestita a festa e che vedevano sotto una luce diversa, molti forse per la prima volta.
Da quel lontano appuntamento la città ha iniziato una corsa verso il futuro per non perdere quella scintilla che aveva riacceso la passione per l’arte, per lo sport, la musica e il turismo e che l’aveva fatta conoscere nel mondo.
Sarebbe facile pubblicare aridi bilanci su come Torino si ponga oggi nei confronti di questi temi, a volte è più forte la testimonianza di chi l’ha scoperta e amata dopo.
Ecco le impressioni di due ragazzi che sono partiti da punti diversi d’Italia, che sono approdati qui a Torino e che condividono l’innamoramento per la nostra, e ormai loro, città.
Marco Colangelo ha 23 anni, è nato a Rimini e quattro anni fa ha scelto di seguire i corsi universitari al Politecnico, che non esita a definire uno degli atenei più formativi e in crescita, che gli hanno permesso di crearsi un alto profilo formativo, aprendogli la strada a università di fama europea e mondiale.
Uno studente non ha molte esigenze, lo spirito di adattamento e la giovane età rendono tutto più sopportabile e divertente, ma per un ragazzo fuori sede ci sono alcuni punti fondamentali:
“Studiando la mappa di Torino ti rendi conto che con autobus, metro e Tobike ci si riesce a muovere in fretta e raggiungere rapidamente i punti di interesse. Il centro offre scorci bellissimi, alcuni dei suoi monumenti e musei sono fra i più rappresentativi del paese ed è così a misura d’uomo che la si può girare tranquillamente in bicicletta. Il divertimento è decisamente a più basso costo rispetto ad altre zone d’Italia e anche festeggiare la pausa esami diventa uno sfizio sostenibile. Le manifestazioni culturali, i progetti per i giovani e le rassegne, sempre molto partecipate, sono così vari e stimolanti che diventano un’occasione imperdibile di crescita e confronto.”
Torino si sta muovendo rapidamente anche in favore dell’occupazione giovanile grazie a strutture come Infogiovani o Torino Giovani, dove questa categoria delicata e preziosa viene accompagnata nel raggiungimento dei propri obiettivi e sempre più spesso c’è chi decide di lasciare la propria città natale per iniziare la carriera proprio qui, nel capoluogo piemontese.
Questa è la storia di Andrea, 25 anni, che ha lasciato Latina per studiare a Roma e ha scelto Torino prima per completare gli studi e poi per lavoro.
“Ho fatto un salto nel buio. Dopo la triennale a Roma, volevo fare un salto di qualità a livello universitario, cercando una realtà più stimolante e che mi desse più possibilità una volta terminati gli studi. Inoltre volevo una nuova sfida a livello personale/umano, allontanandomi ancora di più da casa, in un mondo “nuovo”. La scelta era fra Milano (che conoscevo) e Torino (dove non ero mai stato). Il dubbio è durato pochissimo.”
La nostra città si riscopre polo universitario di prestigio, un trampolino di lancio verso realtà di più ampio respiro, ma anche possibile punto di arrivo per chi vuole mettere radici e crescere a livello umano e professionale.
Andrea e Marco, due storie diverse, il desiderio condiviso di viaggiare ancora, conoscere altre realtà, ma entrambi dell’opinione che, per la sua poliedrica natura, Torino possa essere “casa” anche in futuro.