Torino indebitata fino al collo

Creato il 12 ottobre 2013 da Davideciaccia @FailCaffe

Piero Fassino continua a vendere parte degli asset per sanare il debito di quasi 4 mld € che grava sulle casse del comune di Torino. Ma c’è chi non vede altra soluzione se non quella del fallimento.

Venerdì anche gli studenti della città di Torino hanno espresso il totale disaccordo nei confronti di quello che sembra essere un destino che ogni giorno fa più paura ovvero la (s)vendita del servizio di trasporto pubblico locale ed hanno occupato simbolicamente un deposito autobus locale. Tuttavia la maggiorparte della cittadinanza ancora non ha capito quanto invece sembra essere certo succederà entro la fine del mese di Ottobre.

La responsabilità è da attribuire alla giunta guidata da Sergio Chiamparino, sindaco decennale ora presidente della Compagnia di San Paolo, il quale con gli investimenti infrastrutturali e finanziari attorno al grande evento Olimpiadi 2006 è diventato nel 2008 il sindaco più amato d’Italia.

Il prezzo che la città paga ora a causa di queste mani bucate è altissimo: a fine 2012 il debito aveva toccato quota 3,5 mld € ma qualcuno parla di cifre superiori nascoste fra le pieghe del bilancio comunale. Se si pensa che solo pochi giorni fa il sindaco Ignazio Marino ha lanciato un appello per salvare la capitale (indebitata per 900 mln€) dalla bancarotta, si capisce che il paragone fra Torino e Detroit è tutt’altro che azzardato.

Piero Fassino invece, erede politico nel bene e nel male, guardandosi dall’evidenziare la voragine lasciata dal suo predecessore, nel 2011 ha vinto le elezioni con un programma entusiasmante dove, fra i tanti “faremo”, parlava di “tram e bus più frequenti e più moderni; tariffe agevolate per famiglie e anziani; biglietto unico metropolitano per giovani e pendolari “. Aria fritta, non è dovuto passare molto tempo prima di cominciare a concertare la cessione di Amiat, Sagat ed anche di GTT.

Far passare il controllo della società Gruppo Trasporti Torinese in mani private suona come un errore doppio:

Prima di tutto, perchè l’utile ricavabile dall’operazione nella più rosea delle ipotesi si aggira intorno ai 100 mln €, una cifra iniqua non solo rispetto al colossale debito della città ma anche rispetto al debito che GTT stessa porta in seno e che si aggira attorno ai 280 mln.

In secondo luogo, perdere il controllo del servizio TPL non ha mai portato buoni risultati;

E’ lo stesso Leonardo Locci a parlarne nell’ultimo comunicato stampa, dove ricorda come l’AD di FS abbia cancellato in un sol colpo 321 contratti presenti nell’ ATAF di Firenze, sottraendo circa 200 euro mensili e 20 riposi annui ai lavoratori.

Locci parla anche del caso di Genova, dove i francesi TRANSDEV hanno potuto fare carta straccia dei diritti acquisiti dei lavoratori, distruggere il trasporto pubblico locale, raddoppiare le perdite di bilancio aziendale, e ridurre ad un relitto l’azienda, acquisendo soltanto il 41% delle azioni.

Le soluzioni alternative ci sono, alcune delle più interessanti sono indicate nell’inchiesta speciale dell’Istituto Bruno Leoni: il servizio deve rimanere pubblico, è il diritto di esercizio che deve essere affidato (a tempo e condizioni determinate) ad un privato. Insomma il modello della  “concorrenza per il mercato” già usato in Francia, Olanda, Paesi Scandinavi e Danimarca.

La verità è che in questo momento la vendita del servizio gestito da GTT vale tanto quanto la vendita di un altro servizio: il comune di Torino, non sapendo più come colmare un buco sempre più grande dove solo gli interessi contano 200 mln €, sta vendendo pian piano tutti gli asset di cui dispone fino a che, come diceva già un anno fa Vittorio Pasteris, non resterà altro che la statua del Conte Verde di fronte al municipio e bisognerà portare i libri in tribunale.

aldopalmisano

Studente d’Ingegneria a Torino. Suono la chitarra al contrario, leggo un po’ di riviste cartacee e coltivo superficialmente passatempi che fanno bene alla pelle. Il medio-oriente e il tè verde mi piacciono almeno tanto quanto mi piace Paolo Conte.


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