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Torino – Museo Egizio- prima parte

Da Loredana V. @lorysmart

Naturalmente non siamo andati a Torino solo per vedere il museo della Juventus.

La cosa più importante, che desideravo visitare da tempo, era il Museo Egizio, universalmente riconosciuto come il migliore al mondo dopo quello del Cairo e che è stato recentemente riaperto dopo oltre tre anni di lavori per riorganizzare tutti i reperti (circa 30mila) in esso contenuti.

Non seguirò qui l’ordine delle sale che abbiamo visitato, ma un altro criterio, mio personale.

Il primo passo è quello delle sepolture e quindi delle mummie.

Gli Egizi avevano il culto della morte: ritenevano infatti che il defunto si riunisse al proprio Ka (doppio) e per questo doveva giungere integro nei campi di Osiride. Quindi, dopo le prime sepolture piuttosto grossolane (in recipienti di maiolica o in semplici contenitori di legno)

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si iniziò a cercare il miglior modo per conservare le salme. In questa fotografia si nota come nella gamba del defunto, coricato in posizione fetale, ci siano resti simili all’impagliatura.

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Con il passare del tempo, il processo di conservazione si perfezionò sempre di più, fino ad arrivare all’imbalsamazione con un processo che, nel caso dei faraoni e dei dignitari di rango più elevato, poteva arrivare anche a 70 giorni. Il corpo veniva dapprima lavato con acqua e natron (carbonato di sodio) quindi dall’occipite o dal naso veniva asportato il cervello, dall’addome il fegato, i polmoni e lo stomaco, tranne cuore e reni. Tutte le viscere estratte venivano conservate nei quattro vasi canopi, spesso decorati con figure di dei dalle sembianze animali.

Si procedeva poi a”salare” il corpo, per eliminare interamente l’umidità che provocava la decomposizione, lasciandolo così per una quarantina di giorni. Solo dopo questo periodo iniziava la vera e propria imbalsamazione, inserendo nella salma svuotata erbe aromatiche, mirra, incenso resina e cera d’api. Dalla parola “cera” che in persiano si dice “mumia” deriva il termine mummia. In alcuni casi, si aggiungeva anche del catrame sia per la conservazione che per dare volume, il che conferiva un colorito scuro alle fattezze del morto.

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Inoltre, le dita di mani e piedi dei faraoni e dei loro parenti, venivano ricoperte con lamine d’oro. Finito il processo di imbalsamazione, il cadavere veniva avvolto in lunghe bende di lino, pure impregnate di balsami profumati. Nei primi tempi, la testa della mummia veniva ricoperta con una tavoletta piatta decorata con un disegno del viso dell’estinto, piuttosto approssimativo.

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Solo in seguito si perfezionò l’arte della maschera funeraria in stucco e gesso colorato con le fattezze del defunto .

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La mummificazione riguardava anche bambini (qui c’è la salma di un piccolo di circa 5 anni),

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ma anche animali ritenuti sacri, come i falchi,

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i coccodrilli,

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i gatti.

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Finita l’imbalsamazione, la mummia del defunto ed i vasi canopi venivano trasportati nella necropoli, accompagnati dal corteo dei parenti.

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