NOTIZIE (Torino). E’ la prima sonnacchiosa domenica di vera primavera da queste parti dopo le piogge che in settimana, more solito, hanno fatto uscire il Po ai Murazzi. Tra circa otto ore, se il dio Eupalla (come amava scrivere Gianni Brera) vorrà, la Juventus festeggerà il suo scudetto numero 27+2+2 (al lettore secondo la propria fede e sensibilità la fredda addizione), titolo che il campo ha già assegnato da un paio di mesi ma che per la matematica, come tutte le scienze, richiede la prova finale che dovrebbe arrivare questo pomeriggio raccogliendo almeno un punto contro il Palermo.
Torino si attraversa come un coltello riscaldato nel burro, pochissime auto in giro, qualche cane che ha richiamato il suo padrone ai doveri fisiologici, molti abiti da Prima Comunione. Molto bianco, insomma, ma poco nero. Non vi è nessuno di fronte alla sede, serrata, della società che nei momenti storici, come lo scorso anno, raccoglieva qualche gruppo di tifosi arrivato da fuori. Ma è tutto diverso. Un anno fa la tensione del grande giorno era nell’aria, dopo sei anni di Cayenna tra i quali una stagione in serie B si ritornava ad occupare il posto che competeva il cima all’Everest, che con il passare degli anni sembra sempre più simile ad una collinetta, del calcio italiano. Era lo scudetto della rivalsa, atteso come non mai dal popolo juventino.
Nelle mattine delle grandi partite allo Juventus Stadium, Piazza Castello raccoglie per un primo benvenuto i tifosi, migliaia, che arrivano da lontano. In questo 5 maggio tutto tace, l’edicola all’angolo con via Po ha esposto cinque, proprio cinque, bandiere juventine, la polizia presidia per il momento, e si spera anche per il proseguio della giornata, inutilmente lo store del Torino che lo scorso anno fu devastato da un manipolo di idioti. Come un tappo di champagne tenuto bloccato dalla gabbietta metallica dodici mesi fa la festa esplose spontanea, il bus scoperto con la squadra apparve ad un’ora inusitata con un percorso definito in fretta e furia; forse il bello delle feste è quando sono a sorpresa. Ma a queste latitudini questi colori hanno vissuto giornate simili già trenta volte (questa volta senza ombra di smentita), le prime immaginiamo in una piola con un bicchiere di Barbera passando per gli anni settanta e ottanta con il Caval ‘d Brons imbandierato. Ieri La Stampa pubblicava già il tragitto del pullman della squadra per questa sera, la programmazione è figlia dell’abitudine.
Si sono vinti scudetti sul filo di lana come quel 5 maggio di undici anni fa nel quale la ballata di Gresko e Poborsky restituì all’ultimo istante ai colori bianconeri lo scudetto smarrito un anno prima nell’acquitrino di Perugia, titoli discussi, scudetti dominati come in questa stagione passata in testa dalla prima all’ultima giornata, dove il puzzle del tricolore è andato costruendosi domenica dopo domenica piccola festa dopo piccola festa. Sarà per questo, sarà per abitudine ma il sabato sera dei tifosi juventini sui social network più che per la giornata di oggi si è acceso per un tam tam del cuore: il Capitano è in città, sì quel Alessandro Del Piero che per diciotto anni ha incarnato lo spirito bianconero, attraversando anche lui come i tifosi e qualche compagno la Cayenna della serie B, e la cui bandiera è stata, forse con eccessivo zelo, ammainata la scorsa estate dalla società.