Virginia in uno scatto di Man Ray
Ogni tanto torno a sfogliare i suoi libri, perché a Virginia è bello tornare, anche solo a sprazzi, ricercando i passi accanto ai quali si è lasciato un segno a matita. Torno a riflettere su ciò che la Woolf è stata, sulla sua vivacità intellettuale, la sua passione per la vita - in aperta contraddizione con la scelta di spegnerla annegandosi - e nuovamente sono colta da una certa fascinazione. Se volete, soffermatevi dinanzi alle tante foto di famiglia o fra gli amici che la ritraggono nella sua quotidianità, fra quella gioventù gaudente che ha alimentato con la sua ospitale cordialità. Trasudano quella vivacità e quel senso della vita che invidio. Guardate le immagini della sua amica e amante, Vita Sackville-West, e vedrete in quei loro occhi l'affetto tutto femminile che le ha avvinte. Poi sai bene che sul piano esistenziale la vita di Virginia, dall'infanzia fino alla morte, è stata tutta una violenza ed un caos di cui ha pagato lo scotto - molestie subite nella giovane età dai fratellastri incestuosi, da un padre sottilmente ricattatore e da tutto un crogiolo di scambi/identificazioni entro un contesto duplice: socialmente conformista e allo stesso tempo anticonformista nella mente di Virginia. Scotto pagato anche dal marito Leonard, che nutrì per lei un amore protettivo-paterno, entro il "gioco psichico" dei contrari. Leonard Woolf è stato di certo l'unico vero amore della sua vita, a fronte di un patto che lui accettò coraggiosamente, un amore gratuito e dedicato senza essere o poter essere completo, viste le scelte sessuali della scrittrice.In realtà,Virginia, per lo stato psicotico che condizionava la sua mente, ebbe poco per gli altri, nelLeonard e Virginia
senso d'un dono gratuito di sé, pur avendo quella grande sensibilità senza la quale non avremmo avuto questa scrittrice dell'intuito originalissimo. Virginia è stata narratrice che ha sperimentato forme di scrittura nuove, per flash intuitivi potremmo dire, capaci di leggere un di più di realtà, piani di essa che la ragione non coglie. Ma andiamo per gradi, cercando di scrivere una definizione dello stile woolfiano.Si sa, per ogni scrittore esiste un "progetto narrativo" prima di scrivere. Ma pochi sono istintivi in questo, e preferiscono la rassicurante scaletta lungo la quale costruiscono il tessuto della narrazione. Virginia è immediata, procede per "lampi di intuizione" e quindi la sua scrittura risulta ondeggiante fra l'adesso e i pensieri.
Forse non c'è romanzo della Woolf come La signora Dalloway a esprimere questo tipo di narrazione, che poi altro non risulta essere che una dilatazione del tempo. Non più l’immagine classica del tempo, una linea retta, un cammino lungo una strada, la strada della vita narrata – per cui si lascia il passato alle spalle, e il protagonista procedendo non è più quello che era prima, ma è cresciuto e maturo - ma un filo che si arrotola a spirale nella sua coscienza, con i buoni ed i cattivi ricordi che l’inconscio tenta di nascondere, ma che a volte tornano a galla, con tutte le diverse età e i suoi tanti “io”, e soprattutto con l’infanzia, quella che non lo abbandona mai.
La prima edizione italiana, del 1946
In questo romanzo pertanto c’è la dilatazione del tempo, l’inconscio freudiano, la frantumazione dell'io, il tema dell'incomunicabilità - alcuni dei caratteri tipici della più alta letteratura del Novecento.Proprio per questa frammentarietà che non tiene conto della fluidità del tempo quanto piuttosto di quadri narrativi animati da un gioco a scatole cinesi, ricordo di aver finito La signora Dalloway e essermi sentita come "stordita", perché il flusso di coscienza woolfiano è così che ti lascia.
Siete nel novero dei lettori di Virginia Woolf? Cosa pensate di questo particolarissimo stile narrativo?