di Nicola Pucci
Sul calendario si scrive 3 febbraio 2013 ma si legge, statene certi, “il giorno della storia” per il rugby italiano.
Lasciamo stare il primo successo nel Torneo delle Sei Nazioni al vecchio campo Flaminio di due anni fa, 22-21 alla quarta giornata quando per noi contava solo per la gloria ma il 3 febbraio Italia contro Francia, la rivalità traslata al rugby, racconta di un pomeriggio da tripudio sugli spalti dello Stadio Olimpico. O almeno, noi italici sentiamo la competizione con i cugini d’Oltralpe, bontà loro, invece, troppo pregni della loro grandeur e di una tradizione quasi centenaria nello sport della palla ovale per poterci considerare avversari all’altezza.
Luciano Orquera in azione – da www.rbs6nations
La manifestazione più antica e seguita, il Cinque Nazioni diventato poi a Sei con l’ammissione dell’Italia nel 2000, ci ha riservato nel corso degli anni parecchie bastonate e ben poche soddisfazioni. La Francia si presentava da grande favorita per l’edizione 2013, senza far mistero di puntare al Grande Slam, ovvero conquistare il successo finale – che manca dal 2010 – vincendo le cinque partite in programma. Ma l’arena romana vestita a festa per l’occasione, come sempre nel segno del fair-play, ha fatto da teatro all’esordio che solo nei sogni più azzardosi avevamo coltivato e che ci iscrive, infine, nel novero delle grandi. Sì, perchè vincere 23-18 dopo aver avviato il match con la meravigliosa volata orchestrata da Botes per capitan Parisse che deve solo appoggiare in meta; dopo le prodezze al calcio del numero 10 nato a Cordoba, Luciano Orquera; dopo aver subito il ritorno dei galletti che mettono la testa avanti a fine primo tempo; dopo l’allungo di Michalak che pare condannarci; dopo la sofferenza, ecco che la saggezza mentale, la grinta, il coraggio della squadra azzurra crea i presupposti per l’azione mortale che Castrogiovanni finalizza per la meta dell’aggancio a 18 pari poi trasformata da Orquera. Il drop di Burton apre gli ultimi, palpitanti minuti, con la Francia che assalta a pochi metri dalla linea di meta e l’Italia, una grandissima Italia, che arranca, indietreggia ma difende la vittoria.
Siamo grandi, adesso è ufficiale.