di Nicola Pucci
Certo che mi vien proprio da storcere il naso, osservando chi si porta a casa il piatto più prestigioso al mondo, quello del Torneo di Wimbledon 2013. Una femmina sovrappeso, che gioca bimane rovescio e dritto come un tempo faceva Seles, da oggi firma con il suo nome accanto a leggende che hanno scritto le pagine più belle del tennis in gonnella. Marion Bartoli si chiama la moretta di Francia, tutt’altro che un mostro di simpatia, ed entra a pieno titolo tra le immortali dello sport con la racchetta. Sì, perchè conquistare il tempio sacro del Centre Court di Wimbledon regala l’eternità sportiva ed è bene ammettere che la ventinovenne transalpina il trofeo se l’è guadagnato e ampiamente meritato.
Il vostro scriba ha buona memoria e discreta esperienza di finali londinesi e fatica a ricordare un’edizione più sorprendente di quella di quest’anno. Serena Williams, l’imbattibile panzer degli ultimi dodici mesi, dopo il successo parigino sulla non proprio amatissima terra rossa pareva destinata ad una passeggiata sui prati, visti i precedenti cinque trionfi e la perfetta adattabilità al gioco su erba. Ma che soffiasse una brutta aria per le favorite si è capito fin dai primi giorni quando il torneo ha perso quasi in un sol colpo Sharapova, Azarenka infortunata, Ivanovic, Jankovic e Wozniacki. Ed anche Serena non è riuscita a sottrarsi all’ecatombe di calibri da novanta incocciando in una giocatrice esplosiva e potente quanto lei, se non più. Sabine Lisicki è una sorta di bum-bum tedesca versione femminile, ha sorriso simpatico ed una storia tennistica sfortunata alle spalle, Ma a Wimbledon si è sempre trovata a meraviglia, con due quarti di finale e la semifinale del 2011 persa di un soffio con Sharapova, ha combattuto e reagito come una leonessa estromettendo dal torneo la superfavorita numero 1.
Le azzurre si facevano rispettare con Vinci, Pennetta e Knapp che raggiungevano la seconda settimana di gioco senza però riuscire ad andare oltre. Robertina usciva con Li Na, Pennetta sprecava l’occasione della carriera con la belga Flipkens che poi avrebbe proseguito il suo cammino fino alla semifinale, Knapp si aggrappava al servizio devastante ma nulla poteva contro l’esperienza di Bartoli. Proprio la francese si faceva strada senza clamori ma con sicurezza, non perdendo alcun set e mostrandosi lontana parente della giocatrice senza nerbo atletico e completamente fuori forma che il mese prima al Roland-Garros era stata ammortizzata dalla nostra Schiavone. Marion poteva vantare da queste parti l’unica finale di Slam raggiunta in carriera, nel 2007, quando eliminò Henin per poi subire con Venus Williams l’onta della sconfitta, e grazie all’aiuto tecnico dell’altra francese che ha conquistato Wimbledon in era recente, Amelie Mauresmo, si è presentata inaspettatamente all’ultimo atto del torneo contro Lisicki senza aver dovuto scavalcare ostacoli insormontabili.
Non è stata una bella sfida, complice il terrore da prima finale di Slam che ha attanagliato la tedesca fin dai primi scambi. Il break d’entrata non è servito a sciogliere la ragazza che nel corso delle due settimane sui prati ha rimandato con la fantasia ai tempi in cui un’altra valchiria, Steffi Graf, dominava a Wimbledon. In un amen, e tra le lacrime che già le rigavano il volto dolce e sorridente, si è trovata 1-6 1-5 in balia di Bartoli che ha giocato d’esperienza ed ha mostrato un repertorio più completo, dai colpi da fondo alle frequenti sortite a rete. A match ormai compromesso Lisicki ha avuto un sussulto, è risalita sul 4-5 ma la sua rincorsa si è fermata. Marion non ha tremato al momento di chiudere ed è diventata regina. L’avresti detto mai?
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