Non so che fine abbia fatto Virginia e dunque busso speranzosa alla mia vicina. Niente da fare, il filippino che le pulisce casa è tornato in Filippinia e questo significa una sola cosa: oggi non c’è scelta.
Provvisoria quanto mi pare ma mi toccherà recitare la parte in “oggi casalinga per caso” e soprattutto per necessità.
Per unire l’utile associo alla dilettevole incombenza una sorta di rito magico casareccio delle cui proprietà terapeutiche mi piace illudermi. Considerando che, di solito, l’unica cosa che mi fa venir voglia di fare le pulizie di casa è la sindrome premestruale e dato che il ritardo si sta facendo sempre più deprecabile, spero che grazie ad una misteriosa ed inusitata proprietà transitiva le mansioni domestiche incitino i miei ormoni rincoglioniti e gli facciano venire voglia di fare il loro dovere.
Così mi sveglio di buon ora, butto un occhio alla sveglia e decido di dormire ancora un’altra mezz’oretta. E poi un’altra. Quando il gatto, stanco di aspettare che mi alzi da sola, mi butta giù dal letto non è più quella che si chiamerebbe primissima mattina e quindi decido di non perdere troppo tempo con la colazione. Che d’altro canto è un pasto importante e poi ho più fame del solito. Potrebbe essere sindrome pre-mestruale. Buon segno.
Aspettando che si sfreddi il tè, sfoglio qualche ricettario….tanto per, mentre sbocconcello biscottini. Faccio due chiacchiere con il gatto, innaffio i fiori, mi guardo intorno e mi risiedo. Finisco il tè anche se non ne ho più voglia, giusto per perdere un’altra mezz’ora, e finalmente e con tutta l’alacrità che sono riuscita a racimolare, comincio Le Grandi Opere.
Dopo una quindicina di minuti mi immergo nell’ affascinante confusione di cassetti zeppi di appunti e ritagli, cose curiose, scampoli di mezze idee che ho ammucchiato caso mai un giorno mi dovessero tornare utili.
Sempre meglio che spolverare.
E quando ho perso davvero tutto il tempo perdibile e non c’è davvero più altro tempo da perdere mi decido, finalmente, ad impiegare quello rimasto come si deve.
E dunque spolvero, ramazzo, riordino, lavatricio e aspiropolverizzo. Ammasso rifiuti e sacchetti da buttare vicino alla porta, spupazzo il mocio per tutta casa e finalmente lavo anche me stessa in un bagno sbrilluccicoso e sbrilleggiante come quello delle pubblicità.
La soddisfazione maggiore me la da Lui, quando rientra a casa, si apre un varco tra i sacchetti di spazzatura ed esclama “Che puzza!”
E siccome piove sempre sul bagnato, è svuotando la lavatrice che mi rendo conto di aver lavato i pavimenti con l’ammorbidente.
Lui mi guarda, io lo guardo.
Cerco di approssimare il più possibile il mio sguardo a qualcosa sul genere: Clint Eastwood, regia di Sergio Leone. Qualcosa tipo “Don’t say a word o sei morto, straniero”.
E mi chiudo in cucina e sfogare la sindrome pre-mestruale e anche quella pre-menopausa ma soprattutto un senso generico di esasperata frustrazione.
E questo e quanto.
Ora respiro. Profondamente.
Che faccio? Un bel dolce da casalinga disperata, una roba da Nonna Papera (che poi, detto tra noi, mi si addice più lo stile papera che Clint-pistoleros….).
E dunque:
il favoloso apple pie, ossia la torta di mele che tutti abbiamo sognato almeno una volta nella vita, di fregare dal davanzale di nonna Papera!!
Ingredienti:
per una tortiera da 25 cm. di diametro
per la pasta frolla:
200g di farina 00
50g di farina integrale
125g di burro
150g d zucchero
1 uovo grande
Vaniglia q.b.
Scorzetta grattugiata di limone
Per il ripieno:
1000g di mele golden (lo so, di solito si usano le renette….a me piacciono le golden del Trentino)
100 g di zucchero
Cannella q.b
Scorza di limone e se vi piace un poco di succo.
“Sparisci gatto, che sono nervosa!!!” e lui smette di miagolare, salta giù dalla sedia e trotta altrove.
Impasto uova, zucchero e burro e quando ho ottenuto un pastello omogeneo unisco la farina, la scorza e la vaniglia. Senza lavorare troppo l’impasto ne faccio una palla che avvolgo nella pellicola e lo lascio riposare in frigo.
“Sparisci, gatto!!!! Smettila di saltare da tutte le parti!!” Lo sento intimare mentre passa lo straccio sui pavimenti per eliminare l’ammorbidente.
Sbuccio le mele e le cuocio in una casseruola a fondo spesso con lo zucchero, la scorzetta di limone ed un poco di succo. Faccio cuocere finché le mele sono morbide e saporite e quasi alla fine unisco la cannella. Poi oso: le lascio arrivare quasi a caramellare e spengo il fuoco.
Il gatto è tornato e mi guarda attento stendere due terzi della pasta, adagiarla nella teglia e rimetterla nel frigo per farla freddare. “Miaoooo?”. “Perché si fa così” rispondo ai suoi occhi sgranati e curiosi. Se ne va.
Riempio lo stampo con le mele (freddate) e ricopro con la pasta rimasta sigillando bene.
“Non passare dove è bagnato!!!!” sento urlare di là e rispondere “Mieeeeeooow!”
Bucherello la pasta, la pennello con un po’ di uovo per lucidarla e spolvero con zucchero semolato e poi inforno a 180° gradi per circa 40 minuti.
Ed ora che la casa ha il profumo giusto ci mangiamo una fetta di Pie tutti insieme, accoccolati nel divano. Fuori tira vento ma qui, in casa, c’è un bel calduccio.
“Che dici, sono incinta o ho la menopausa in anticipo?”
“Secondo me guardi l’agenda dell’anno scorso”
“Miaeooooow…uuuuuhhhhhh”