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Le ultime frontiere dell’horror moderno, abbandonando definitivamente i lidi della “purezza” gotica e del thriller classico, sembrano quasi imporre – in linea con una certa brutalità dell’attualità, e finendo per ibridare più di un genere – una rappresentazione esplicita, aperta e programmaticamente in primo piano della violenza: è questo il caso della corrente denominata “torture porn“, che vede in Saw e nella saga di Hostel (senza dimenticare casi borderline come Grotesque) alcuni dei suoi principali esponenti.
Non è certamente agevole riproporre all’infinito stilemi del passato in chiave moderna, specie quando abbiano a che fare con entità sovrannaturali (che finiscono per essere quasi sempre successi commerciali artisticamente poco validi), con zombi, vampiri, mummie e via dicendo. Ecco perchè, a mio avviso, negli ultimi anni si è migrati su un terrore sempre più aperto, realistico, esplicito e (a volte) dichiaratamente volgare: l’orrore dell’uomo sull’uomo – non importa quanto sia indigesto o difficile da guardare – riesce a farsi guardare di forza, e film di buon livello come À l’intérieur, Frontiers, Martyrs, l’allucinante Strange Circus o il controverso A serbian film riescono solidamente a dimostrarlo.
In effetti le caratteristiche fondanti del genere sembrano essere le seguenti tre:
- il genere diventa spesso un habitat naturale per esprimere messaggi forti, critiche sociali e malessere esistenziale che nella classica “casa dei fantasmi”, ad esempio, difficilmente si riuscirebbe a far coesistere; è questo il caso di Hostel (che critica apertamente la mercificazione spietata dell’uomo), di Frontiers (che ambienta la storia nel periodo delle rivolte delle banlieue del 2005, proponendo come personaggi negativi della storia un gruppo di neo-nazisti), di Martyrs (che sembra voler criticare i pericoli insiti nell’esasperazione della religione e nel suo culto del martirio) o anche di Strange Circus (che si propone come un pugno nella stomaco per smantellare il modello happy-family dato spesso per scontato, mostrandone i vizi e le perversioni). Impossibile non citare, a tal proposito, un lavoro come The girl next door (basato su una storia vera), per quanto in questa circostanza sia piuttosto riduttivo parlare solo di torture porn.
- esiste una componente di puro voyeourismo che finisce per stuzzicare lo spettatore più annoiato dai pupazzi, dal sangue finto e dai dischi volanti con il filo, il quale si trova finalmente catapultato in un Inferno finalmente realistico, nel quale assume egli stesso il ruolo di coinvolgimento diretto che aveva finito per perdere dopo molti dei lavori artigianali anni 80; all’inizio di Grotesque, ad esempio, il regista propone il rapimento delle due vittime da parte del maniaco con l’inquadratura soggettivizzata sugli occhi di una di esse. È come se, in altri termini, fossimo parte noi stessi parte delle efferatezza mostrate di lì a poco.
- esiste infine – e mi pare disonesto non ammetterlo – un inconfessabile “gusto” per la violenza, che è il motivo per cui questi film vengono spesso censurati, criticati o addirittura banditi (Grotesque, Snuff 102 e molti, troppi altri), con il risultato di essere visti da un numero paradossalmente maggiore di persone. In molti casi, comunque, sono proprio le pellicole più chiacchierate ad essere quelle con minore potenziale artistico, e – anzi – quando quest’ultimo inizia a salire il pubblico sembra spesso distaccarsene. Dal punto di vista meramente teorico, comunque, l’estetizzazione della violenza è un procedimento utilizzato da moltissimi registi per realizzare film a volte di ottima fattura, altre volte semplici macellerie senza capo nè cosa (come a dire: non è questo il punto). Qualora manchino ritmo, contenuti e spessore qualsiasi film sarà scadente: ciò porta ad una conseguenza piuttosto grave dal punto di vista qualitativo, che si verifica qualora i torture porn manchino della trama, abbiano uno sviluppo troppo statico (con la semplice “scusa” di esaltare la claustrofobia, in molti casi) o non contengano alcuna sequenza che, a conti fatti, non sia meramente fine a se stessa. È bene ricordare a questo punto che l’horror non usa compiacersi della violenza che rappresenta (cosa che i torture porn fanno in quasi tutti i casi), anzi l’ha sempre utilizzata come monito – o, in casi più elaborati, per simboleggiare un determinato messaggio: se il messaggio manca, il castello crolla inesorabilmente.