Tosi e la Polverini: "Silvio, fatti più in là". Rinascono le Sorelle Bandiera e i cattocomunisti
Creato il 12 settembre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Mentre Flavio Tosi e Renata Polverini lo invitano ad alzare i tacchi (“ohibò – ha esclamato Silvio – ancora?”) e andarsene, Berlusconi lancia un videomessaggio ai “promotori della libertà” per ribadire ancora una volta: “a) sono innocente come un bambino; b) contro di me solo falsità; c) la responsabilità è delle antilibertarie intercettazioni telefoniche; d) il mio nome è ‘Silvio cuore d’oro’ e aiuto le adolescenti in difficoltà; e) la colpa del mio sputtanamento urbi et orbi è della stampa di sinistra; f) non ci posso fare niente se mi piace scopare”. E, tanto per andare alla ricerca di una botta di originalità costi quel che costi, stavolta ha aggiunto all’elenco dei figli di mignotta che ce l’hanno contro di lui, i “cattocomunisti”, rispolverando una vecchia fisima craxiana che li vedeva come fumo negli occhi. Dei famosi (o famigerati) cattocomunisti si può dire ciò che si vuole, compresa l’idea bizzarra che abbiano combinato un fottio di danni alla politica italiana, ma meno che fossero persone disoneste e senza ideali. Anzi. Contrariamente a quanto era in voga pensare di loro in quel periodo storico, ideologicamente tribolato della nostra repubblica, i cattocomunisti non rappresentavano la sintesi politica del Vangelo e del Capitale, non tenevano sul comodino le foto di Gesù Cristo e di Karl Marx né alle pareti il poster di Che Guevara, erano semplicemente “figli” del Vaticano II, il Concilio voluto da Papa Giovanni XXIII, e proseguito da Paolo VI, che rinnovò profondamente la inamovibile dottrina cattolica. Evangelicamente partivano dagli “ultimi”, avevano una visione “laica” del rapporto fra Chiesa e Stato, preferivano le fabbriche ai salotti mondani e credevano profondamente nella valenza umana del welfare non disdegnando di usare spesso e volentieri i termini “sociale” e “socialità”. Predicavano profeticamente contro il capitalismo e il consumismo esasperato e si rifacevano alle idee della dottrina sociale della Chiesa inventata nientepopodimeno che da Leone XIII nel 1891. Non erano, i cattocomunisti, né tapini né reietti, forse per quel tempo un po’ troppo sognatori, ma sicuramente non rappresentavano la summa dei contenitori vuoti dei politici attuali. Genericamente, alla fine degli anni ’70, erano definiti cattocomunisti coloro che pensavano che un avvicinamento fra la Dc e il Pci fosse possibile e auspicabile, ma da una parte c’era Aldo Moro mentre dall’altra un signore che si chiamava Enrico Berlinguer, neppure lontanamente paragonabili a Pierfy Casini e Massimo D’Alema, tanto per fare due esempi. I cattocomunisti reduci sono confluiti tutti nel Pd, i cosiddetti “democristiani di sinistra” (quelli che facevano capo a Benigno Zaccagnini e a Mino Martinazzoli) oggi, non a caso, rappresentano l’ala più dura e pura del partito di Bersani e di Veltroni che, nel frattempo, al contrario di Dario Franceschini e di Rosy Bindi, hanno cambiato pelle e rinnegato perfino la loro storia. E tanto stavano sulle palle a Bettino Craxi allora, tanto stanno sulle palle a Berlusconi oggi perché i cattocomunisti, e Silvio lo sa benissimo, alle adulazioni e ai corteggiamenti rispondono picche, se qualcuno poi li offende (“Lei è più bella che intelligente”), semplicemente s’incazzano e ti mandano affanculo. Senza di loro probabilmente una “grosse koalition” sarebbe stata possibile, con buona pace dell’eternità berlusconiana, con loro fra le palle quel percorso è praticamente irrealizzabile, tanto è accidentato. Di quel gruppuscolo di esagitatifa parte anche Romano Prodi, che Silvio sogna ancora di notte quando dorme da solo: due volte si è presentato contro di lui, due volte è stato sonoramente battuto. Forte di quella esperienza, Bersani ha concluso la festa del Pd di Pesaro proponendo una riedizione dell’Ulivo che, qualora includesse la sinistra nella sua totalità, avrebbe anche qualche chance di vittoria. Ma se, come pensa Piergigi, il posto di Mastella è destinato a prenderlo Casini la vediamo veramente dura. Innanzitutto perché Casini deve dare una mano a Silvio, e poi perché un’alleanza di sinistra, e quindi laica, non può non partire da una visione diversa dei rapporti con il Vaticano, che non passano sicuramente dai tentativi di Massimo D’Alema di entrare a far parte dei “titolati” che la Chiesa nomina fra i suoi sostenitori, ma che investono l’Ici sugli immobili ad uso commerciale, i grandi eventi, i viaggi del Papa a spese dello Stato, il testamento biologico, le coppie di fatto e l’omofobia: macigni difficilmente rimovibili con un governo a trazione teocratica. Nel suo discorso videoregistrato Silvio ha anche detto che la “sua” manovra ha salvato l’Italia. Notizia dell’ultima ora: l’euro è ai minimi storici e le borse asiatiche stanno franando. C’è indubbiamente un’Italia che Berlusconi ha salvato ed è la sua. Silvio, fatti più in là. Tu la testa ( e non solo) ci fai girar.
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