Fino a qualche anno fa Flavio Tosi era considerato uno dei capifila dell’ala più ruspante della Lega Nord. In tale veste aveva scalati i vertici del partito in Veneto, guadagnandosi nel contempo la fama di orco fra le anime belle del giornalismo progressista, le quali rappresentano, com’è universalmente noto, oltre che scientificamente provato, il novanta per cento dell’informazione. Flavio Tosi cominciò a scoprire le delizie del politicamente corretto quattro-cinque anni fa, quando la poderosa macchina del fango de La Repubblica, per nobilissimi e democratici motivi, si acconciò graziosamente ad usare contro Berlusconi la bomba nucleare dello sputtanamento puro e semplice, nobile esempio di giornalismo subito seguito diligentemente dalle illustri gazzette dell’Italia dell’ex triangolo industriale. Fu allora che Tosi cominciò a pensare veramente in grande, cioè ad immaginare se stesso come il futuro leader del centrodestra, e alla bisogna seppe agire come un democristiano di sinistra dei bei tempi andati, il quale furbacchione per conquistare il potere in casa sua era uso accreditarsi come politico aperto, responsabile e lungimirante presso la sinistra. Ed è così che in breve tempo Tosi divenne la faccia presentabile della Lega Nord. Di lui piaceva soprattutto l’intransigenza verso Berlusconi e il Pdl, caduti nell’ignominia. Nell’ignominia di lì a breve tempo cadde anche la Lega di Bossi, grazie all’intervento dell’artiglieria pesante della nostra solerte magistratura. Tosi ne approfittò per rafforzare il suo potere nel Veneto quale nuovo segretario della Liga Veneta, già pregustando il trono della Lega Nord tutta intera.
Senonché ai militanti puri e duri l’inusitato perbenismo di Tosi era diventato sospetto: Flavio riusciva a parlare con rispetto perfino di Monti, e con Passera, altro esemplare di fauna politica antropologicamente indigeribile per qualsiasi leghista ancora in salute, era in ostentati, cordialissimi rapporti. A ciò si aggiungeva l’ostilità dei lombardi, ai quali neanche la fratellanza padana avrebbe potuto far mandar giù l’amaro boccone di farsi fare le scarpe dai veneti. Cosicché al trono leghista s’insediò un lumbard ruspantissimo come Matteo Salvini, l’ex leader dei comunisti padani, la lista che alle prime elezioni del Parlamento della Padania nel 1997 prese la bellezza di 5 seggi su 210: ennesima conferma che in Italia la conquista del potere inizia quasi sempre con la militanza nei ranghi dell’estremismo di sinistra. Essere stato comunista, ancorché padano, fu per Matteo un vantaggio decisivo: primo, perché ogni comunista è un populista fatto e finito, ancorché faccia mostra di schifare il populismo, e questo gli consentì, sparata dopo sparata, di conquistare il cuore del popolo statalista-conservatore; secondo, perché il comunismo è per sua natura universalista, e questo lo agevolò nel buttarsi a corpo morto nel suo progetto di costruire una Lega Nazionale.
Bisogna riconoscere che la stampa di sinistra, compresa quella che passa per motivi sempre più misteriosi per centrista (come La Stampa, ad esempio), nel trattare queste vicende ha fatto con maestria il proprio dovere: prima ha lusingato Tosi, facendogli credere di essere una cima, come fece con geni quali Follini, Tabacci, o Fini; poi, vista la mala parata, allo scopo di annichilire il berlusconismo una volta per tutte, ha fatto a gara per dare al fenomeno Salvini, pur dicendone peste e corna, il massimo della pubblicità possibile; ed adesso, gongolando, si è rimessa a tifare per lo scissionista Tosi, nella speranza di vedere la sinistra vincere clamorosamente le regionali nelle ostiche terre della Serenissima. Le divisioni leghiste hanno però fatta la felicità anche di Berlusconi, non per il fatto in se stesso, che è negativo, ma a motivo del sempre più scoperto sconcerto del potenziale elettorato di centrodestra di fronte allo spappolamento dei partiti a destra del Partito Democratico; il quale Berlusconi ha preso perciò la palla al balzo per auspicare con forza, di nuovo, dopo tanto tempo, quell’unità del centrodestra che è il suo cavallo di battaglia dal momento della sua discesa in campo. Vuoi vedere che a forza di dividerlo e frammentarlo si finirà per ricompattare il centrodestra?
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