Nell’articolo precedentemente pubblicato su questa rubrica si è cercato di analizzare il problema dello stallo della “causa ecologista” di fronte alla crisi economica. Ma è giusto considerare anche gli aspetti etici e politici, e non solo economici, dell’ambientalismo.A costo di apparire anacronistici, in un’Europa dominata dalla real politik, in un panorama politico davvero distante dalle ideologie, sarebbe interessante domandarsi a quale ideale politico la teoria dell’ambientalismo si avvicina di più.
Ambientalismo è una parola interessante. È uno di quegli -ismi di cui si discute e dal quale i politici di adesso sembrano distanziarsi manco fossero malattie. Ricorda da lontano parole come comunismo, fascismo, capitalismo, socialismo, liberismo. E come i termini appena detti, “Ambientalismo” è quasi una vox media: può essere interpretato nelle maniere più diverse.
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Comunque, oltre a giudizi personali e a questioni di ordine morale, nulla ci impedisce di affermare che quelle del comunismo e del socialismo siano due ideologie (o meglio, ideali) di sinistra, perché indirizzate all’ampliamento dell’eguaglianza, mentre capitalismo e fascismo siano due ideologie di destra, in quanto volte al rafforzamento della classe dominante.
Tornando allora all’ambientalismo, possiamo definirlo di destra o di sinistra? L’ambientalismo nacque nel panorama scientifico della seconda metà dell’800, in seguito alle scoperte fisiche nel campo della termodinamica. Furono fisici come Clerk Maxwell a porre il problema della crescita in relazione alle risorse finite dell’ecosistema terrestre e alle leggi stesse della termodinamica2.
Fu però nel corso degli anni ’50 del ’900 che si sviluppò la concezione moderna dell’ambientalismo. Gli anni in cui la Terra era avvolta dalle nubi della Guerra Fredda. Era il mondo delle corse agli armamenti e del bottone rosso degli arsenali atomici.
In un panorama simile, sorse spontaneamente la preoccupazione per l’eventualità di un disastro nucleare. A partire anche dall’idea di un possibile annichilimento della categoria degli esseri viventi per mano umana, in molti rinnovarono i dubbi su quanto fosse legittimo da parte dell’Uomo arrogarsi il diritto di plasmare a proprio piacimento l’ecosistema terrestre.
Il problema morale era evidente, anche perché ci si rese conto del gravissimo problema delle radiazioni sprigionate dalle centrali nucleari, ancora lontane dall’essere relativamente sicure come quelle moderne.
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Proprio per questo, il nascente movimento ecologista guardò inizialmente con occhio benevolo (e forse un po’ troppo sognante) al modello di sviluppo del Terzo Mondo, alternativo (almeno in teoria) tanto al capitalismo quanto al socialismo reale.
Ma veniamo all’ideale dell’ambientalismo. La preservazione dell’ecosistema terrestre è un intento che procede di pari passo con il rifiuto di un certo tipo di sviluppo. L’interpretazione di questo problema (capire quale sia questa forma di sviluppo dannosa per l’ambiente, e come contrastarla) porta però a risultati non scontati e spesso molto distanti tra loro.
Che le polveri sottili uccidano decine di specie viventi ogni settimana è un dato obiettivo difficile da smentire, e generalmente accettato come valido da ogni ambientalista. Ma le soluzioni escogitate per porre fine ad un simile stato di cose sono le più diverse.
Per parlare di casi estremi e più antichi dell’ambientalismo moderno, è noto che se il fascismo italiano vedeva nelle pesanti modifiche del territorio una carta propagandistica fondamentale, il nazismo ha introdotto riforme decisamente ecologiste. L’istituzione dei parchi nazionali e le limitazioni alla caccia imposte da Göring (leggi molto avanzate per l’epoca) vennero riprese tali e quali dalla Germania Occidentale, e in buona parte anche dalla DDR.
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Lo scrittore, come soluzione a questo problema, invocava un ritorno al mondo feudale, e l’abbandono di ogni forma di tecnologia sviluppata dal rinascimento in poi. Si trattava evidentemente di tematiche già affrontate dal romanticismo ottocentesco, che propugnava un’esaltazione irrazionale e antiscientifica del mondo naturale.
Dilungarsi su Tolkien non è inutile, perché in realtà le destre di molte nazioni europee presero lo scrittore ad esempio come profeta dell’ambientalismo di destra. Il suo linguaggio allegorico e le sue criptiche metafore sul mondo moderno furono considerate da queste componenti politiche alla stregua di un programma elettorale. E la mentalità stessa della destra ne venne abbondantemente contagiata4.
Non bisogna però scordare che l’ambientalismo reazionario e antiscientifico (in un certo senso derivato dal romanticismo ottocentesco) è sempre stato minoritario nel XX secolo. In generale, l’ecologismo si è spesso legato alle teorie scientifiche, come si è visto nel caso della termodinamica.
Per una parte rilevante degli ambientalisti, per decenni, i partiti di sinistra sono stati il vero referente politico e ideologico. Dalla sinistra gli ambientalisti hanno mutuato molto: dalla teorizzazione politica alle forme di protesta.
La comunanza di intenti tra le ideologie di sinistra e l’Ambientalismo non sono da sottovalutare: rinuncia totale del capitalismo in tutte le sue forme, uguaglianza di diritti e di consumi; sul lungo termine si trovano in entrambi i casi l’abolizione graduale della monetazione e la democrazia diretta5.
Le differenze, comunque, rimangono, e spesso sono di sostanza: l’Ambientalismo non esalta il lavoro e ne vorrebbe una drastica riduzione. Un punto di vista più vicino a Paul Lafargue che a Lenin. Inoltre, se il marxismo, pur deprecando la competizione, propugna un progresso costante, e in maniera indiretta anche una certa forma di sviluppo, la decrescita si oppone sia alla competizione che allo sviluppo.
Comunque, le lotte unitarie portate avanti dagli ambientalisti e dai militanti della sinistra portarono alla creazione di movimenti originali e innovativi come quello No-Global. Che come sappiamo venne spazzato via senza pietà in nome del libero mercato e della politica dettata dalle superpotenze.
Anche il più recente movimento No-Tav ha visto inizialmente una stretta collaborazione da
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Bisogna dire che i governi di sinistra di tutto il mondo si sono spesso comportate in maniera incompatibile con l’ecosistema terrestre. È un problema ideale serio, che gli ecologisti non mancano mai di sottolineare6: l’esaltazione del lavoro e del progresso “a tutti i costi” hanno spesso provocato dissesti ecologici di vaste proporzioni. Basti pensare al saccheggio di risorse scatenato in Unione Sovietica dall’industrializzazione staliniana, o all’esplosione del sistema economico cinese in seguito all’introduzione delle prime forme di capitalismo.
Anche esempi apparentemente più idilliaci come quelli delle socialdemocrazie nordeuropee nascondono spesso realtà di degrado ambientale (sebbene infinitamente meno gravi rispetto alla media dei paesi capitalisti)7.
Proprio questi dissesti ambientali in paesi tradizionalmente “rossi”, insieme all’obbedienza
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Questo progresso di emancipazione ideologica ha coinvolto alcuni paesi più di altri, ed è stato un processo lungo e molto sofferto, proprio perché i movimenti ambientalisti si sono a lungo collocati al fianco della sinistra antagonista. In Germania, ad esempio, i Verdi sono una forza politica che si è spesso opposta ai socialdemocratici non meno che ai liberaldemocratici.
Anche il già citato Sérge Latouche, profeta della decrescita, pur chiamando i propri sostenitori “compagni” e pur appoggiando importanti lotte sindacali, ha uno sguardo molto critico verso il marxismo classico e soprattutto nei confronti del socialismo reale. E come abbiamo visto, anche il movimento No-Tav, pur mantenendo concreti contatti con alcuni partiti di sinistra, sta venendo lentamente assorbito nella spirale di disgusto generalizzato della politica e degli ideali.
All’emancipazione ideale, dunque, l’ambientalismo può arrivare al rifiuto stesso degli ideali. Chiedersi come potrà risolversi una simile contraddizione sarebbe importante per capire la possibile evoluzione di un importante tassello della politica internazionale.
Si ringrazia gentilmente Giulia Torre per il materiale documentario fornito.
Note:
- Vedi Vandana Shiva, “Il bene comune della terra”.
- Ogni trasformazione di calore in energia genera uno “spreco” detto entropia.
- La seconda parte dell’opera, “Le due torri”, in particolare, è illuminante in tal senso.
- Basti pensare ai Campi Hobbit istituiti dal MSI negli anni ’70, che presentavano numerosi elementi di ritorno alla natura in senso reazionario e superomista.
- Lo fa spesso notare Sérge Latouche.
- Cnfr. “Il manifesto del partito comunista” di Marx ed Engels e “Breve trattato per una decrescita serena” di Latouche. Le analogie sono impressionanti.
- Si veda in tal senso “Collasso” di Jared Diamond, in cui riporta esempi di inquinamento fluviale e marino in Svezia e Norvegia.