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Personalmente non amo le raccolte di racconti, ma come per ogni regola ci sono le dovute eccezioni. Tra amici di Amos Oz, edito da Feltrinelli, è una di quelle. Il nuovo libro dello scrittore israeliano, infatti, è un piccolo gioiellino. Si tratta di otto racconti, ambientati in un kibbuz degli anni Cinquanta, dove lo scrittore cerca di dar spazio e ampio respiro alle vite e alle storie di quei personaggi secondari che capita spesso di ritrovare all’interno dei romanzi. I protagonisti di queste otto piccole storie sono personaggi come Moshe, Yotam e Zvi Provisor che di solito vengono utilizzati come personaggi-sfondo all’interno della narrazione, perché aiutano a creare l’atmosfera, a descrivere il folklore del kibbuz e a calare il lettore nelle originali abitudini del popolo ebraico. Le vite intense e malinconiche che Amos Oz racconta ci aiutano a conoscere e a comprendere quel microcosmo nel quale l’uomo ha tentato o tenta di riprodurre uno stile di vita idilliaco: dove ogni cosa viene condivisa, dove le idee e i valori sono alla base di tutto e dove nessuno si sente schiavo delle convenzioni e del mondo di vivere più opportuno. Ma quello che dovrebbe rappresentare un luogo dove a regnare sono solidarietà e condivisione, si è semplicemente trasformato in un habitat ideale per tante e piccole solitudini. Tra amici, infatti, è un libro intenso, pregno di solitudine e malinconia, ma dove, come in tutti i libri di questo straordinario scrittore, avviene un piccolo miracolo. Amos Oz, infatti, grazie ad un uso magistrale della parola accompagna il lettore per mano e riesce a farlo calare perfettamente nel mondo che ha creato per lui. Lo scrittore quindi permette al suo lettore di respirare l’aria del kibbuz, di cogliere gli odori del pollaio o dei campi vicini. Ma la cosa ancora più straordinaria è che nonostante i suoi personaggi non rivelino mai le loro emozioni, grazie al modo che Amos Oz ha di accompagnare i suoi lettori all’interno della narrazione, questi riescono ad entrare in perfetta connessione con i protagonisti. Si viene quindi a creare una sorta di tacito accorto fra lettore, scrittore e personaggi e quella che apparentemente può sembrare un tipo di narrazione dove non avviene nulla si colora di azione, perché questa si svolge nell’animo dei protagonisti e chi legge, riuscendoci ad entrare grazie alla maestria dello scrittore, non necessita di nessun tipo di spiegazione. Con i libri di Amos Oz, infatti, il lettore riesce a instaurare un perfetto rapporto di cum-patior con i protagonisti del libro, e pochissimi autori sono in grado di compiere questa magia.
Ad essere stupefacente, quindi, è l’uso che Amos Oz fa delle parole. Nulla è lasciato al caso, ogni parola viene utilizzata al posto giusto e non esistono sinonimi, perché la lingua è utilizzata nella sua forma più pura. Solo utilizzando le parole giuste al posto giusto non si lascerà spazio a fraintendimenti o ambiguità e basta leggere l’ultimo racconto, “Esperanto”, per capire quanto l’autore tenga al “giusto utilizzo” della lingua. Per un uomo che è nato in una terra dove contraddizioni, ambiguità e parole sussurrate contribuiscono a creare un clima di tensione constante, forse la ricerca di un linguaggio puro e lineare è diventata una missione. Vi consiglio caldamente questo libro, anche se, nonostante li valga tutti, ritengo che 14 euro per un volume di 131 pagine sia un prezzo eccessivo. Amos Oz è un autore che ha un suo pubblico e secondo il mio modesto parere non ha bisogno di un imponente lavoro di promozione, che giustificherebbe un prezzo così alto. Con un prezzo inferiore, quindi, il libro non potrebbe che guadagnarne visto che risulterebbe accessibile anche a quella fetta di pubblico che non ha ancora avuto la fortuna di conoscere questo straordinario autore.Alla prossimaDiana
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