Prima che il Kenya fosse il Kenya, quando pur avendo milioni di anni conservava ancora un’aura di novità, il suo nome apparteneva solo alla nostra montagna più maestosa. La si vedeva dalla fattoria di Njoro, nel Protettorato Britannico dell’Africa Orientale — il profilo netto all’estremità di una pianura dorata, la cresta incappucciata di ghiaccio che non si scioglieva mai del tutto. Alle nostre spalle, la foresta Mau appariva azzurra, striata di bruma. Davanti a noi, la Rongay Valley digradava in lontananza, confinante su un lato con lo strano cratere rialzato del Menengai, che i nativi chiamavano la Montagna di Dio, e sull’altro con i remoti Monti Aberdare, ondulati e azzurrini, che al crepuscolo diventavano color fumo e viola prima di dissolversi nel cielo notturno.
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Beryl Clutterbuck nasce nel 1902 in Inghilterra, ma nel 1904 suo padre decide di trasferirsi con la propria famiglia in Africa, per fare l’allevatore di cavalli da corsa. Sua moglie non ci metterà molto a fare i bagagli e tornare in Inghilterra con il loro unico figlio maschio, ma la piccola Beryl rimarrà con lui a Njoro, nella Grande Valle del Rift.
Un giorno, quando ha diciassette anni, Beryl se ne va da casa per guadagnarsi da vivere e farà l’addestratrice di cavalli. Sarà la prima donna con una licenza da horse trainer in Africa.
Si sposerà tre volte decidendo di mantenere il cognome del secondo marito, Mansfield Markham.
Ha un grande successo con gli uomini e un giorno conosce un tale che si chiama Tom Campbell Black, che fa l’istruttore di volo. Prenderà il brevetto di volo e si metterà a fare la pilota commerciale in Africa Orientale.
Nel 1936 sarà la prima donna ad attraversare in volo l’Atlantico e nel 1942, a quarant’anni, scriverà un’autobiografia – West with the Night – che uscirà in America subito dopo i fatti di Pearl Harbor…
Hai letto il libro di Beryl Markham, West with the Night? … Ha scritto così bene, e meravigliosamente bene, che ho provato una totale vergogna per me stesso come scrittore. Mi sono sentito come un comune carpentiere con le parole, che prende ciò che gli viene fornito per il lavoro e inchiodando (quei pezzi) assieme, di tanto in tanto crea qualcosa di appena appena accettabile. Ma questa ragazza, che da quel che mi è dato sapere è estremamente spiacevole – e potremmo persino dire una stronza di prima classe – può scrivere anelli attorno a ciascuno di noi che ci consideriamo scrittori… è davvero un libro dannatamente meraviglioso.
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Così scrive Hemingway in una lettera privata pubblicata nel 1983 in una collezione postuma.
Paula McLain, Tra cielo e terra, traduzione di Simona Fefè, Neri Pozza 2015.