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Tra fame e siccità

Creato il 12 agosto 2011 da Simone D'Angelo @SimonDangel
La situazione nel Corno d’Africa è ormai al collasso
Tra fame e siccità

Immagini di disperazione dal campo profughi di Dadaab

Vi sono diverse concause che hanno contribuito a scatenare la catastrofe umanitaria e ambientale che si sta vivendo in questi mesi nel Corno d’Africa, non ultimi gli abusi delle risorse naturali su scala planetaria, la speculazione economica sulle materie prime e i cambiamenti climatici.

Il campo profughi di Dadaab, nel nord del Kenya, diventato ormai il più grande al mondo e che ospita oltre 400 mila persone. L’area colpita dalla catastrofe è tremendamente estesa e abitata da circa 11 milioni di africani: Somalia, Etiopia, nord del Kenya e Uganda. A peggiorare il quadro in Somalia la guerra in atto tra governo e movimento islamista Shabaabla.

La siccità nel Corno d’Africa non è cosa di oggi. A varie ondate ha sempre interessato l’area ma questa è la prima volta che si manifesta in maniera così violenta.

Paul Rogers, docente del dipartimento di Studi sulla pace dell’Università di Bradford (Inghilterra), ricorda che «gravi segnali di allerta rispetto alla malnutrizione e alla carestia si erano manifestati già nell’aprile del 2008. Tra questi i fattori climatici, il rapido aumento del prezzo del petrolio, l’accresciuta domanda di carne da parte delle comunità più benestanti e la conversione di terreni per la coltivazione di biocarburanti. Ciò che ha reso questi ingredienti più pericolosi – spiega – è stato, come spesso accade, il loro agire in maniera sinergica».

«Il punto – denuncia Rogers – è che l’ONU non ha mai investito in maniera definitiva. Il piano delle Nazioni Unite che fu adottato per consentire lo sviluppo della ricerca nel campo dell’agricoltura tropicale equivaleva al 2% della spesa militare mondiale media in un anno, ma venne utilizzato appena un terzo dei fondi».

Con in atto i cambiamenti climatici Rogers auspica che si prendano seriamente in considerazione innovazioni tecnologiche quali sistemi di conservazione dell’acqua e colture più resistenti alla siccità «oltre a una riforma dell’economia mondiale per garantire una maggiore equità e l’emancipazione economica».

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