Il primo Novecento segnò un momento in cui la letteratura, ma a dire il vero, l’arte in generale, subì un brusco cambio di rotta.
Se in passato modello indiscusso continuava ad essere il classico, con la presunta consapevolezza di coloro che vi si ispiravano, che si fosse raggiunto il vertice della perfezione, ormai i classici non accattivavano più l’attenzione né l’ammirazione di coloro che partecipavano al clima culturale dell’epoca.
Non si guardava più con sguardo nostalgico al passato, si guardava avanti, fiduciosi nel progresso.
I movimenti di quel periodo tendono al sovversivismo, a quell’istinto di rompere, di creare una frattura con la tradizione, per dedicarsi a nuove forme di espressione.
Filippo Tommaso Marinetti , amante dell’avanguardia, apparteneva a quest’atmosfera intellettuale, fondatore del movimento futurista, era da sempre stato un propugnatore del verso libero ed accanito sostenitore di una nuova arte, che, a suo avviso, necessitava di essere ambientata nel nuovo contesto industriale.
I capisaldi del movimento futurista sono espressi nel manifesto che nel 1909 Marinetti pubblicò sul giornale francese “Figaro”.
“ 1. Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivi….Un automobile ruggente,che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la terra, lanciata a corsa,essa pure sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza,se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto alle forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!…Perchè dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto,poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra –sola igiene del mondo- il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari,le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzione nelle capitali moderne, canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche, le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano, le officine appese pei contorti fili dei loro fiumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi,balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
Nel manifesto vengono esaltati il movimento, l’azione , tesi alla glorificazione della guerra e alla demolizione della figura della donna, relegata su un piano minore.
Se in un primo momento il futurismo si realizza nel proposito di abolire la poesia tradizionale, ricordiamo il motto “ uccidiamo il chiaro di luna! ”, inteso come opposizione e superamento della poesia romantica e decadentista e si estende a tutte le arti, dalla scultura, alla musica, in seguito l’attenzione viene posta sulla sostanziale differenza con cui si interpretano le tecniche espressive, dal verso libero si passa alla parola in libertà, con la conseguente soppressione di tutta la sintassi e della punteggiatura.
Il prototipo di Marinetti è quello di un uomo meccanizzato, il suo proposito è quello di sputare sull’altare dell’arte, il suo obiettivo quello di creare una nuova forma di arte più affine al mondo industriale, per questo dichiarava la necessità di scandagliare ogni reminiscenza classica, abolendola anche dall’insegnamento.
Egli era concorde con la mercificazione , esaltava il valore commerciale piuttosto che quello estetico.
Forte peso è conferito alla guerra, intesa come la sola igiene del mondo, tanto che numerosi futuristi parteciperanno ai conflitti mondiali.
Si parla di un’arte malata, un’arte portavoce di un malessere generale che si esprime nell’atteggiamento eccessivo e incline all’esagerazione, tipici del futurismo.
Se diletto ed emozione sono sempre stati gli ingredienti dell’arte, se questo amalgama ha procurato sempre piacere nei cuori di coloro che fruivano dell’opera d’arte, con le avanguardie, e in questo caso, con il futurismo, essa cambia connotati.
I futuristi fanno violenza al modo di sentire la cultura del loro tempo, avrebbero cancellato anni si storia per il pretesto di aprirsi un orizzonte color acciaio…Lo stesso colore delle loro amate macchine.
Avrebbero ucciso la fantasia, una valvola di sfogo troppo rischiosa per un clima rigido ed austero come quello del regime fascista.
È risaputo che in dittatura si esercita un grave blocco sulla cultura , si tende a manovrarla ma allo stesso tempo la cultura stessa appare come riflesso del periodo storico, risultandone influenzata.
Questo periodo storico era stato segnato dall’avvento dell’industria e ciò aveva provocato una totale fiducia del futuro e nel progresso,poiché si credeva che attraverso la macchina si sarebbe potuti arrivare a quell’emancipazione tanto agognata.
Ma a volte il progresso è deleterio se non lo si argina con caute misure.
È una forza dirompente che trascina e spazza via tutto ciò che incontra per la via, può arrivare a spezzare le radici su cui si fonda una cultura Millenaria.
Pensiamo ai modi di comunicazione, dapprima incanalati attraverso l’oralità per poi passare al mezzo scritto , un mezzo che prevedeva un attrezzo scrittorio e un materiale su cui riportare il pensiero,
per finire al computer, ai telefoni cellulari , un modo virtuale di espressione, che non conosce né contatto fisico né materiale, procurando spesso e volentieri barriere, aumentando il senso di solitudine.
Non vuole essere, questa, una difesa della tradizione, né una critica al progresso.
I latini affermavano che in medias res est virtus, che la virtù giaceva nel mezzo….Ed è proprio questo senso di misura che si è persi…
Una nube di gas così satura che non può far altro che esplodere, questo è ciò che la nostra società sta diventando, in marcia verso il tracollo..
Un tracollo che speriamo non giunga mai, che venga interrotto da una saggezza riconquistata, magari tornando ad una maggiore semplicità o ispirandoci semplicemente un po’ alla tradizione, maestra di storia, cosicché potremmo davvero imparare dagli errori del passato e non far riecheggiare questo motto come una frase vuota .
La cultura è mezzo fondamentale con cui possiamo provare a cambiare ciò che con il tempo si è disfatto..ammesso che sia libera, ammesso che non torni più un Mussolini pronto a veicolarla.