L’ultimo Alex +
Le storie di Alex Cross (di James Patterson)Non so nemmeno perché ho cominciato a leggere Patterson: di sicuro l’ho visto in qualche libreria letto da qualche vicino o amico. Così ho cominciato. E credo di essere alla saturazione. Ho pure visto un film. Anzi, alla fine ho scoperto che ne ho visti tre.
Il primo romanzo di Patterson su Alex Cross è godibile e interessante: non fosse che, mentre lo leggevo, ho cominciato ad avere una sensazione di dejà vu forte. E infatti, io l’avevo dejà visto in film: qualche anno fa, è uscito “Nella morsa del ragno”, che era un bel poliziesco con un titolo un po’ più sensato di quello del romanzo (che, solito mistero della traduzione, è “Ricorda Maggie Rose”). Comunque, il romanzo, profittando del fatto che non vi fa vedere le facce, è piacevolmente più complesso del film e a parte che Alex Cross è un marcantonio assai giovane che somiglia a Mohamed Alì giovane (però più in forma, più alto e più bello) mentre nel film è stato interpretato da Morgan Freeman, e nel libro l’investigatrice è un pezzo di americanona assai appetibile (per Alex) mentre nel film è una biondina che potrebbe essere la nipote di Freeman, ecco, a parte ciò, entrambi meritano qualche ora di svago (cioè, lo svago è vostro, ma loro meritano).
Così, passo al secondo, e anche lì ritorna il dejà visto.
Soprattutto, quando si arriva a un certo punto, io mi vedo questa attrice che corre e corre. E infatti, scopro che l’attrice è Ashley Judd, il film c’è e si chiama come il libro (in Italia: “Il collezionista”, che sembra copiato da Deaver e invece no, e che ha tra i suoi protagonisti il bel Westley della Storia fantastica). In realtà, titolo originale è “Baci alle ragazze”, e anche questo è un bel giallo, anche se cominciano a delinearsi quei cambi di scena, controcanti, mosse e contromosse, rivelazioni e disvelamenti che dicono una cosa e poi il suo contrario, insomma, tutte quei trucchi che poi Patterson userà a piene mani per andare avanti. Soprattutto, salta fuori il caso classico per Alex Cross: il serial killer. Soprattutto, il serial killer di ritorno.
Ogni volta che arrivate alla fine di un romanzo e il serial killer è stato ammazzato / assicurato alla giustizia / ucciso/ imprigionato nel carcere di massima sicurezza da dove nessuno è mai scappato, ecco, prima o poi quello salta fuori. Mi ricorda Pinocchio quando l’avevano impiccato e poi Collodi ha dovuto farlo resuscitare. Mah. Senza contare che, con tutti questi serial killer che prima o poi ritornano, dove va a finire la catarsi estiva?
In ogni modo, i romanzi di Alex Cross si fanno leggere (lo dico anche perché se no sembro scema: chi me lo fa fare di leggere delle schifezze?). Si fanno leggere nonostante:
- le età variabili: nei primi libri (qualcuno controlli) la nonna di Cross ha 81 anni, poi 82, poi di colpo torna a ottanta. C’è da dire che quando Patterson ha visto che la serie funzionava, ha pensato: ma quanto la posso far andare avanti una nonna che ha già 83 anni al terzo romanzo? (IMHO) Così, nel quarto o quinto, salto nel tempo, la nonna compie 80 e poi torna ad andare avanti;
- le altezze variabili: credo che Cross abbia cominciato sull’1,85, ma poi è arrivato a 1,90 (e lì si è fermato);
- le morti variabili: la moglie di Cross (che non compare mai perché, appunto, è morta) è stata uccisa in una sparatoria, anzi no, è stata investita da un’auto in fuga, anzi no, era la sparatoria di strada, anzi no, era un serial killer agli inizi della carriera, anzi no, era l’amico del serial killer agli inizi della carriera;
- le morose variabili: dopo i primi romanzi, Cross, che all’inizio vi potreste anche figurare come Morgan Freeman giovane, ma poi venite a sapere che assomiglia a Mohamed Alì eccetera, ecco, Cross va in cerca di una relazione stabile. Glielo dicono la nonna, la figlia e il figlio: trovati la morosa, trovati la morosa. E lui se la trova, e subito piace un sacco alla famigliola (nonna e figli), ma il lavoro di Cross è così teribbbile che le morose scappano, anche se, mentre lui si accorge che una morosa sta scappando, già ne ha vista un’altra e ci ha fatto su un pensierino (della serie: ah, però, che bel pezzo di gnocca, chissà come sarebbe se fossimo fidanzati, omioddio, non posso pensare questo mentre sono già fidanzato, benché la mia attuale fidanzata si stia allontanando quindi forse posso pensarlo: che bel pezzo di gnocca); arrivati al decimo libro, tra le miriadi di donne che saltano fuori, la futura fidanzata di Cross la individuate subito. Giuro.
- le preoccupazioni variabili: ogni volta che incontra un serial killer, Cross pensa alla famiglia (oppure ci pensa il serial killer), così, delle due, una: o il Nostro manda tutto il corpo di polizia a difendere nonna e figli e gatta, oppure si dice: ma no, figurati se viene ad ammazzare proprio me (e amen, morta lì);
- le frasi del tipo: “…una panetteria dove compravo spesso krapfen alla marmellata per i ragazzi. Non per me, ovviamente.” (detto da uno che si strafoga di pollo fritto e robe simili);
- le sorprese del tipo: ci sono dei blocchi stradali, lui (Cross) scende a vedere, per passare mostra il tesserino e “Non sapevo ancora che cosa era successo di preciso [n.b.: e il congiuntivo?]. Sapevo soltanto che alcuni individui non meglio identificati erano stati presi in ostaggio all’interno di un laboratorio in cui venivano sintetizzate sostanze stupefacenti” [detto da uno che si ferma per caso e non sa niente di preciso; probabile che, se avesse saputo qualcosa di preciso avrebbe snocciolato il DNA dei sequestratori];
- le vestaglie del tipo: “Nana Mama aveva una vestaglia a fiori sul blu e sembrava ancor più minuta del solito. Eppure, in quella casa, era adorata” [Eppure? Eppure che? Capito: se adori qualcuno non farle mettere una vestaglia a fiori sul blu];
- le case del tipo: “E che casa! Una villa in stile mediterraneo… Doveva occupare più di millecinquecento metri quadri. A cosa serviva tutto quello spazio? [Giusto!] la nostra casa di Washington era meno di trecento e ci bastava” [Cross, caro, e vorrei vedere!]
- le bollicine del tipo: c’è un caso importante, il suo capo gli dice di seguirlo, Cross non vuole (e la famiglia, e la morosa, e il morale…), e pensa che è stufo di fare quel lavoro: “Secondo le stime dell’FBI, negli Stati Uniti erano attivi più di trecento serial killer. Li dovevo catturare tutti io?” [gnè gnè gnè, non ci voglio più andare a catturare il serial killer, anche se sono il più bravo di tutti]; o quando, in ogni romanzo vi dice che lui assomiglia a Mohamed Alì però più in forma e più bello; se non ve lo dice lui, lo dice qualcun altro;
- le rudezze del tipo: ah, cara figlia perfettina che hai sette anni, ti devo dire una cosa: hai un tumore, oh, papà, davvero?, allora devo essere operata, fammi vedere sull’enciclopedia come si chiama quel tumore;
Sì, insomma, alla fine Cross viene un po’ ai nodi (per non parlare dei figli, detti appunto: i Perfettini), però però però: si può leggere, ogni tanto, distanziato nel tempo, spaparanzati su un letto come balene spiaggiate in attesa che torni una temperatura normale.