Magazine Cultura

Tra l’incudine e il martello

Creato il 18 luglio 2013 da Annalife @Annalisa
Il caso

Il caso

Non ricordo come e dove l’ho acquistato. So che l’ho fatto (l’acquisto) dopo aver letto recensioni da una stella (della serie: ma che libri avete letto finora se date più di una stella a questo? Oppure: meno male che è un regalo e non l’ho pagato) e altre da cinque stelle (titoli più, ehm, usuali: bellissimo, incredibile, instancabile (sic!, un libro che non si stanca mai), fantastico, una rivelazione).

Allora: cinque stelle? Non scherziamo. A King che diamo? A giallisti come Carofiglio o Camilleri o Simenon? Ah, ‘spetta, però. Forse è più un romanzo d’ammmore. Cinque stelle a un romanzo che è un po’ giallo, un po’ romanzo di formazione, un po’ manuale di scrittura, un po’ romanzo d’amore? Cinque stelle a questo dialogo, dove lui ha 34 anni, lei ne ha 15, e vogliono forse, chissà,

[*]Sono Stanislao Moulinsky in uno dei suoi più riusciti travestimenti

[*]Sono Stanislao Moulinsky in uno dei suoi più riusciti travestimenti

fuggire insieme?
“Non partire, Harry! In nome del cielo! Senza di te non sono più niente!”
“[Cara]… A questo punto devo dirtelo… ti ho mentito sin dall’inizio… Io non sono uno scrittore famoso… [*] Ho mentito su tutto! Su di me, sulla mia carriera! Non ho più un soldo! Non ho più niente!”

Allora: quattro stelle? Magari al romanzo di formazione? Un po’ stantita, la formazione, perché questo qui c’ha (leggi: cià) trent’anni, dovrebbe essersi già formato un tantino. A meno che non si parli della sua formazione da scrittore, perché, sapete, lui è il “nuovo beniamino delle lettere americane” (lettere? litterarum? cara mamma ti scrivo?), però in realtà è un po’ bloccato, anche se il suo nome era IL nome, giovane star milionaria, grandissimo scrittore, perché vuole diventare scrittore, anzi, è diventato un giovane scrittore milionario e famosissimo, tutti lo conoscono, è un grandissimo scrittore giovane e famoso, uh, quante belle feste, com’è famoso. Lo ripeto perché nel libro lui lo ripete decinaia di volte, mi sembrava giusto darvi un assaggio.
No, forse la formazione è più personale, tipo: lui, la famiglia, gli amici, la gente. La mamma, soprattutto la mamma. La mamma è fantastica. Misura la confidenza col figlio dal numero delle scoregge cha fa in presenza (ma la mamma dice “peto”: “Hai mal di pancia? Devi fare un peto? Puoi farlo anche in mia presenza, tesoro mio. Sono tua madre”). Io dico scoregge perché ricapita un altro che misura la confidenza con le scoregge (“Perché non mi dici tutto? Io ti dico tutto. Tra l’altro, ho avuto il mal di stomaco tutto il pomeriggio. Ero pieno d’aria. Ho dovuto perfino chiudermi in ufficio e mettermi a quattro zampe per scoreggiare, tanto mi faceva male. Vedi che io ti dico tutto?”). E, tanto per capirci, la madre e lo scoreggione non si conoscono, vivono in città diverse, in Stati diversi, e così via: si vede che questo tipo di misurazione confidenziale va di moda in Svizzera (o in Francia, o in Russia, o da dove cavolo viene l’autore).

Bene: tre stelle? Per il giallo? Il giallo che va avanti a oltranza per 779 pagine? Che per 350 pagine

[quasi Spoiler…

Spoiler…

Spoiler….]

gira intorno a un colpevole che tu sai e speri non sia colpevole, e poi forse non è colpevole ma dopo altre cento pagine forse sì, anche se in realtà è colpevole, ma di un’altra cosa, e allora tu leggi e dici: ma è colpevole di quella cosa lì? O di quella cosa là? Perché un conto è (per dire) pugnalare a morte tre o quattro o anche solo due persone, un conto è copiare la tesi di laurea. Comunque: suspence. Per altre 300 pagine. Poi, evviva, nelle ultime 50 pagine il colpevole è un altro, che tu un po’ l’avevi sospettato, brutto com’era. E invece, no, il colpevole probabilmente è un vecchio sporcaccione. Anzi, no, aspetta, il colpevole è il poliziotto. O forse è lo scoreggione, sì, arrestiamo lo scoreggione. Ma no, un momento, lo scoreggione protegge la figlia, è lei la vera colpevole (Avetrana docet), quindi andiamo a prendere la… no, aspetta, forse è il padre, o forse…
Be’, insomma, chi vi parla di colpi di scena ha ragione. Fin troppo. Anche se in tutto ciò Decker ha l’indubbio merito di mantenere ogni cosa al suo posto (e un posto per ogni cosa), così che ogni particolare che avevate letto in un certo senso vi viene presentato in un senso completamente diverso, e prende un altro significato (e quindi un altro colpevole); così che una volta che avete iniziato e vi siete fatti avviluppare, vi trattiene lì. Fino alla fine.
Nonostante tutto il resto.

Perciò: tre stelle? No, due. Sì, intanto togliamo una stella per le ripetizioni: chiaro che in 779 pagine uno rischia di ripetersi. Ma Dicker non rischia: lo fa apposta. Bella la cosa, all’inizio: siccome il libro è:
– un salto avanti e indietro e un po’ avanti e un pochino indietro nel tempo
– una mescola di: il libro che sto scrivendo, il libro che scriverò, la realtà che sto vivendo, la realtà che mi raccontano, la realtà che racconto io e i miei appunti
ecco, siccome è tutto questo, Joël ha questa idea di riprendere alcune scene tali e quali e rimetterle lì tali e quali e tu leggi e dici: ah, ma mi sembra di aver già letto, che déjà vu. Non è un déjà-vu, avevate già letto. Mi ripeto anch’io: ogni tanto è una bella idea, alla tredicesima volta chiedi a Joël: ma perché non hai fatto cifra tonda, 700 pagine, e le ripetizioni le davi da mangiare ai gabbiani? (che sembra una domanda scema, ma in questo libro ha un suo perché).
Poi ci sono le ripetizioni non volute: per esempio, all’inizio il giovane scrittore famosissimo in crisi di ispirazione ha una pensata: “decisi di concedermi una vacanza per rinfrescare le idee”. Ok, va. Cambia aria. Va in Florida. E qui c’è una bella (bella, davvero) immagine del facchino che ti insegue dovunque tu vada e ti dice: scusi, questi sono suoi? E ti porge il pacchettino di tutti i tuoi problemi che credevi di aver lasciato indietro.
Ma, a parte questo, anzi, proprio per questo facchino che ti insegue e ti porge il fardello dei tuoi problemi, cambiare aria non funziona. Così,
[piccolo spoiler

spoiler non tanto significativo

spoiler che non vi cambia la vita]

dopo pochissime pagine il giovane scrittore talentuoso e famoso ma in crisi, telefona al vecchio scrittore talentuoso e famoso e un po’ solitario, e questi lo invita a casa sua, come ai vecchi tempi. E il giovane scrittore, che si è già dimenticato di aver cambiato aria e di essere andato in Florida (inutilmente), pensa:
Allontanarmi da New York, cambiare aria. Mai un invito all’esilio mi era parso più sensato. Andare a cercare l’ispirazione per il mio nuovo libro in riva all’oceano…”.
Non so, secondo me uno che ha una memoria così corta, merita di perdere l’ispirazione.

Merita anche una stella in meno? Una sola stella finale? Magari sì: per i dialoghi balordi. Ma se questo fosse un libro umoristico meriterebbe due stelle in più, per i dialoghi con la madre: quello del peto, ve l’ho già detto. Altri meritano, però: a pagina 11 (circa, perché con le pagine dell’e-book è un casino):
Tu hai bisogno di un’amichetta, Markie. Credi che non sappia che hai rotto con quell’attrice televisiva? […]”
“[…] comunque non stavamo davvero insieme, mamma, nel senso che la nostra era solo una storia così.”
“Una storia così, una storia così! Ecco cosa fanno i giovani d’oggi: vivono delle storie così, e poi si ritrovano a cinquant’anni calve e senza una famiglia.”
“Che rapporto c’è tra la calvizie e l’essere senza una famiglia, mamma?”
“Nessun rapporto…
eccetera”
E più avanti, sempre la madre, sempre al telefono:
E il nuovo libro? Su cosa sarà? Qualche storia di sesso perverso? Non ti riconosco più, Markie… Tesoro, ascolta devo chiederti una cosa: sei innamorato di Harry? Fai cose omossessuali con lui?”
“Mamma! No! Ma come ti viene in mente!”
Sentii che diceva a mio padre:
“Ha detto no, quindi significa sì.”
Poi mi chiese sottovoce:
“Ha la malattia? La tua mammina ti vuole bene anche se sei malato.”
“Cosa? Quale malattia?”
“Quella degli uomini che sono allergici alle donne.

Eccetera.

Il problema è che siamo (saremmo) in America nel 2008 e questi parlano come in una commedia (ma non era un giallo? una storia d’amore?) americana (giusto) del 1960 (un tantino sbagliato). Come quando, dopo aver scoperto che

[Spoiler

Spoiler

Spoiler]

il grande scrittore di 34 anni era innamorato di una ragazzina minorenne (che, però, all’apparenza, dicono, sembrava giù una donna fatta e finita), ecco, dopo che si scopre questo, i libri dello scrittore vengono: ritirati da tutte le scuole, tolti dai programmi scolastici in quasi ogni Stato del Paese, ritirati dalle librerie, ritirati dalle biblioteche. Qualcuno persino li brucia. Eh? Negli Stati Uniti? Nel 2008? Ditemi che non siamo solo noi a esaltare vecchi sporcaccioni.

C’è altro? Oh, sì, in un libro di 779 pagine con così tanta carne al fuoco e scritto in maniera così sciatta e divertente, c’è altro: anche cose buone:
– alcuni consigli di scrittura di Harry Quebert al giovane scrittore talentuoso quando non era ancora diventato un vero e proprio giovane scrittore famoso (altri consigli invece fan cagare, ma vabbè);
– il filo sottile del giallo che si dipana piano piano con i protagonisti che prima sembrano una cosa e poi un’altra e poi un’altra ancora (fin troppo); alcune sottotracce che vengono suggerite qui e là e si risolvono alla fine con spiegazioni palusibili e inaspettate;
– la scrittura così banalotta che si legge senza nessuna fatica (ma questa è una cosa buona?). Senza nessuna fatica, ma per piacere non si dica che è scritto bene.

E cose nobbuone, come l’inserire (tra le pagine del romanzo che il giovane scrittore di talento sta scrivendo) pagine del capolavoro scritto dal vecchio scrittore. Perché, se inserisci pagine di un libro da te costantemente e frequentemente e ripetutamente definito capolavoro, milioni di copie vendute (prima di ritirarle tutte e bruciarle), non puoi mettere questo, come esempio:
Quando capì che mai più nulla sarebbe stato possibile, le scrisse per un’ultima volta:
‘Mia adorata, questa è la mia ultima lettera, queste son le mie ultime parole. Ti scrivo per dirti addio. A partire da oggi non ci sarà più alcun ‘noi’. Gli innamorati si separano per non trovarsi mai più, ed è così che finiscono le storie d’amore. Mia adorata, mi mancherai. Mi mancherai da morire. I miei occhi piangono. Tutto brucia in me. Non ci vedremo mai più. Mi mancherai da morire. Spero che tu troverai la felicità. Mi dico che la nostra storia era un sogno e che ora bisogna svegliarsi. Addio. Ti amo come non amerò mai più’.

il giovane  famoso scrittore (quello vero)

il giovane famoso scrittore (quello vero)

Capolavoro? Milioni di copie vendute? Comincio a capire Moccia [**].

[**] Ché, se poi guardate la faccetta del giovane scrittore (vero) che ha raccontato la storia del giovane scrittore (finto) che scrive il libro da milioni di copie, capite che: è più bello di Moccia; è più simpatico di Moccia (a vedersi, ovvio, perché io non conosco né uno né l’altro); è un bel furbacchione.

Joël Dicker, La verità su caso Harry Quebert, Bompiani (22 maggio 2013)
Brossura: 779 pagine

prezzo di copertina: € 19,50
formato kindle: € 9,99



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines