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Tra mille problemi Napoli si riscopre angioina

Creato il 16 ottobre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Una mostra di ori e gioielli della dinastia angioina in Napoli , allestita dal Museo del Tesoro di San Gennaro in via Duomo fino all’ ultimo giorno dell’ anno corrente, offre l’ occasione per un memoriale storico celebrativo della città assai differente da quello che ha investito il capoluogo campano negli ultimi anni. Gli anni dieci del Duemila, a ridosso e poi a celebrazione dei 150 anni della ricorrenza dell’ Unità d’ Italia, hanno visto Napoli per ovvi motivi come fiero stendardo del revisionismo storico che vorrebbe riscrivere senza glorie italiane le pagine del 1861 per rivalutare con serietà o nostalgie la grande esperienza borbonica che ha accompagnato il meridione d’ Italia. Un revisionismo fisiologico e inevitabile iniziato con perizia storica e poi affondato nel mare del qualunquismo. Così nell’ ultimo quinquennio Napoli e dintorni hanno vissuto una doppia anima nell’ opinione pubblica formata ed informata : inferno vivente e Capitale dei tempi che furono. Ma Napoli non è stata soltanto una città borbonica e la sua anima non può ridursi ad un passato meramente ispanico. La mostra allestita rimanda al 1266-1381, cioè al periodo che si apre con il trionfo di Carlo d’ Angiò sulla casata degli Svevi con la vittoria a Benevento su Manfredi di Sicilia.
Il passaggio della città nella mani di Carlo, fratello del bel più noto re di Francia Luigi IX (“il santo”) diede una reale svolta alle sorti urbane della città : Napoli divenne capitale per sua iniziativa. Il celeberrimo e adorato Federico II prima di lui non ebbe mai una reale capitale. Regalò a Napoli per motivi giuridici la prima università “statale” del mondo, ma non seppe imporre alla città le svolte che diedero gli Angiò. Esempi lampanti fra tutti : il Maschio angioino, mastodontico castello e punto di riferimento della città, fu fatto edificare per volontà di Carlo I. La Basilica di Santa Chiara, dove don Giovanni d’ Austria ricevette le insegne papali prima di recarsi a Lepanto, è un meraviglioso edificio che dobbiamo a Roberto d’ Angiò e che ancora oggi è uno tra gli emblemi della fascinazione monastica e un po’ mistica di una città che vive (e muore) per contrasti.
Serva quantomeno a ricordare che oltre il pentolame di polemiche sul tardo ottocento e su una cronaca corrente al vetriolo Napoli mantiene vivissima una sua matrice franca di lungo antecedente all’ esperienza del ramo cadetto borbonico di Spagna.


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