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Tra pigne e lampadine

Da Fluente

Tra pigne e lampadine

C’è un albero molto speciale perché non si trova nei trattati di botanica e, soprattutto, perché i suoi rami durante l’inverno si caricano di candeline, piccole luci intermittenti È scintillanti addobbi colorati. E’ proprio una strana “fioritura” la sua, che per giunta annuncia l’avvicinarsi di un magico giorno in cui tutte le famiglie del mondo si riuniranno sotto i suoi rami per scambiarsi doni in grande allegria. Quel giorno è il Natale e l’albero, l’avrete capito tutti, è l’abete rosso che, così acconciato, molti finiscono col chiamare semplicemente “l’Albero di Natale”. 

Che quest’albero avesse qualcosa di particolare e di intimamente legato a una nascita lo avevano intuito già gli antichi greci, che infatti lo consideravano sacro ad Artemide, dea della luna e della vita selvatica ma, soprattutto, soccorritrice delle donne durante i travagli del parto. E anche i celti, le antiche popolazioni del nord Europa, gli dedicarono una festa tutta sua legata alla nascita del Bambino Divino, cioè del Sole. La data era quella del giorno dopo il solstizio d’inverno, cioè quando le giornate ricominciavano ad allungarsi. Durante questa festa si trascorreva tutta la notte a gozzovigliare sotto gli abeti che, alla fine, venivano tagliati e portati a casa per essere decorati con ghirlande e dolci appesi alle fronde. Poi, mano a mano che il Cristianesimo si diffondeva, i rudi abitanti di queste terre continuarono ad addobbare il nostro albero ma per celebrare un’altra nascita: quella del Bambin Gesù. Ci vollero però i secoli perché la tradizione si diffondesse in tutto il mondo. Ad esempio i francesi dovettero aspettare il 1840 per fare conoscenza con l’Albero di Natale. Quell’anno la principessa Elena di Maklenburg, nuora del re di Francia Luigi Filippo, decise di strabiliare la sua corte parigina presentando, il giorno di Natale, un abete perfettamente addobbato al palazzo delle Tuileries. Tutto quel nobile stupore non arrivò però in Italia, dove continuò a imperare incontrastata la tradizione del presepio, introdotta da San Francesco d’Assisi. Gli abeti luccicanti arrivarono da noi solo dopo la seconda Guerra Mondiale e a farceli conoscere furono soprattutto il cinema e la televisione.Fin quì la storia,chiamiamola tradizione,ma ora veniamo alla parte, per così dire, meno bella per il nostro albero, infatti il modo più triste, e anche un po’ stupido, per concludere le feste di Natale è quello di buttare l’abete che le ha allietate in un cassonetto dell’immondizia. Per evitargli questa fine dobbiamo, prima di tutto, tenere presente che in questo periodo gli abeti vengono venduti anche da chi normalmente non si occupa di piante. Da questa gente si rischia di comprare esemplari con poche o maltrattate radici, che difficilmente potrebbero sopravvivere. Cerchiamo perciò di rivolgerci a un serio vivaista, possibilmente senza aspettare gli ultimi giorni, e spiegandogli anche che dopo le feste vorremmo trapiantare l’albero in giardino 0, se non abbiamo il giardino, potremo sempre organizzare una bella gita in montagna per piantarlo proprio nel suo ambiente ideale, restituendo così alla natura quello che in verità lei ci ha dato solo in prestito. Comprare una pianta da una persona affidabile non ci toglie comunque il diritto di scegliere la migliore tra le tante di cui questi dispone. La prima regola da seguire è non farci prendere da manie di grandezza: un abete alto mezzo metro è quello che ha meno problemi ad attecchire bene dopo il trapianto. Altra cosa da controllare è il pane di terra che deve contenere radici ben fitte. Infine, attenzione anche alla punta: se è rotta e danneggiata il nostro abete non potrà più crescere e, così piccolo, difficilmente potrà sopravvivere a lungo. Assieme alla pianta dobbiamo anche comprare un bel vaso di terracotta di circa trentacinque centimetri di diametro.Tornati a casa immergiamo il vaso nell’acqua per almeno un’ora, così, impregnandosi per bene, non toglierà umidità alla terra che vi metteremo. Come vedremo infatti il problema più grosso da affrontare è garantire all’abete che anche in casa avrà un livello di umidità soddisfacente. Sul fondo del vaso andrà messa dell’argilla espansa e poi della terra da giardino che comprimeremo leggermente per eliminare eventuali sacche d’aria, rendendola così più compatta e perciò in grado di sorreggere meglio l’albero. Infine, dopo aver tolto la reticella o qualsiasi altra cosa fascia le radici, mettiamo l’albero nel vaso e ricordiamoci di annaffiarlo abbondantemente.Sono certo che se seguiremo questi piccoli consigli riusciremo senzaltro a far sopravvivere il nostro albero fin dopo le feste dove lo potremo sistemare nel nostro giardino o come vi dicevo prima ,nel suo ambiente naturale.Un buon giardinaggio a tutti da:

Tra pigne e lampadine

 


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