[Editoriale di Morgan Palmas pubblicato sulla Webzine Sul Romanzo n. 1/2013]
Se un moralismo di prammatica diventa eufemistica affermazione di un perbene soltanto dichiarato che cela una mediocrità avvizzita su se stessa, la liquidità non è più l’opposto della solidità, ma si afferma come unica forma possibile, negazione di qualunque resistenza, di qualsiasi vocazione alla ricerca, in funzione di un livellamento al contempo etico ed estetico che appiattisce la vita sulla luce effimera di una libertà che non è partecipazione, ma compartecipazione a distanza.
Si vive in ambienti in cui materiale e simbolico s’intersecano. Il simbolismo si alimenta di interstizi culturali in un ambiente che ne racchiude infiniti altri definiti liquidi da una contemporaneità che personalizza una diafana e vaga souplesse tra le mani di un consumatore cui si impone la responsabilità di una crisi di sistema.
Un ambiente solido, simbolicamente forte, non disdegna l’abito, ma non oblia gli interstizi poco evidenti, snodi di libertà che nel tempo vengono meno, genuflessi alla standardizzazione comunicativa in un opulento fluido informativo della cui sostanza perdiamo di continuo la chiamata: mano immersa, e sulla pelle si avverte lo sfioramento del liquido; ciononostante, forti di un presenzialismo da microfama, quanta fogna ingurgitiamo?
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